STOCCARDA – Mentre la Germania si sta lentamente abituando alla nuova condizione di “malato d’Europa” o “Sorgenkind” (bambino con problemi), il Governo si arrovella sulle possibili misure per migliorare le condizioni per le imprese. Il ministro delle Finanze Christian Lindner (FDP) e il ministro dell’Economia Robert Habeck (Verdi) condividono l’obiettivo comune di alleggerire il carico fiscale per le imprese, ma sono in disaccordo sulle modalità. Habeck propone un fondo speciale per finanziare crediti fiscali e ammortamenti, ma Lindner respinge l’idea sottolineando il rischio di un aumento del debito.



Come dichiarato dallo stesso Lindner in un’intervista zu ZDF, Habeck crede che spetti al Governo decidere quali settori meritano di ricevere incentivi. Lindner vuole invece ridurre il carico fiscale in modo trasversale, migliorando le condizioni per tutti gli attori economici e lasciando che sia il mercato a decidere chi è più meritevole. Nell’intervista, Lindner mette in luce i rischi associati all’incremento del debito, il cui servizio potrebbe drenare una parte sempre più consistente delle risorse pubbliche, altrimenti utilizzabili per investimenti produttivi: un fenomeno riscontrabile in tutti i Paesi fortemente indebitati. Non è però chiarissimo come Lindner intende finanziare la riduzione delle tasse, senza aumentare il deficit (e quindi il debito).



La questione del debito è al centro del dibattito pubblico: se alcuni osservatori ritengono che un approccio più rilassato sia indispensabile per stimolare l’economia, altri restano ancorati al dogma post-bellico che vede nel debito il male assoluto. D’altra parte, sono in molti a riconoscere che la crescita robusta degli Stati Uniti sia in parte riconducibile agli incentivi post-pandemici, destinata a lasciare in eredità un debito monstre. Una situazione non troppo dissimile da quella dell’Italia da bere degli anni ’80, il cui Pil effettuò diversi sorpassi (a danno di Francia e Regno Unito) grazie all’escalation del debito pubblico.



Nel frattempo, le opposizioni non stanno a guardare. L’Unione Cdu-Csu propone un programma in dodici punti per sostenere l’economia e rendere le imprese tedesche più competitive a livello internazionale. Il dodecalogo include la riduzione dell’imposta sulla corrente elettrica, un limite dei contributi sociali al 40% del reddito lordo e orari di lavoro più flessibili. Il partito guidato da Friedrich Merz sottolinea l’urgenza delle misure e profetizza ulteriori agitazioni nei vari settori caldi se le promesse di alleggerimento fiscale del Governo non verranno mantenute.

Cosa propone invece il temutissimo partito AfD (Alternative für Deutschland)? Uno dei cavalli di battaglia del partito guidato da Alice Weidel è naturalmente rappresentato dall’immigrazione. Continua a suscitare reazioni l’incontro di novembre in quel di Potsdam, in cui esponenti del mondo politico ed economico hanno discusso sul concetto di “remigrazione”, che prevede l’espulsione dalla Germania (e Austria) di persone con background migratorio.

La mobilitazione della società civile mostra un ampio rifiuto delle ideologie di estrema destra e il desiderio di una società inclusiva e democratica. Manifestazioni si sono svolte in Mecklenburg-Vorpommern, Schleswig-Holstein, Nordrhein-Westfalen, Baden-Württemberg e Thuringen, al grido di “Sinsheim è multicolore!” o “Mai più è adesso”. D’altra parte, è pur vero che i sondaggi continuano ad attribuire ad AfD una percentuale di consensi superiore al 20%. Le elezioni europee prossime venture potranno fornire un quadro più preciso degli orientamenti elettorali.

Chiudiamo con una nota positiva (si fa per dire). Non tutta l’economia ristagna: c’è infatti un’azienda che sta vivendo un momento felice. Si tratta dell’azienda di armamenti Rheinmetall, che sta espandendo massicciamente la propria capacità produttiva. “Stiamo raddoppiando o addirittura triplicando le nostre capacità in singoli siti”, ha detto a Handelsblatt il Ceo Armin Papperger. Entro il prossimo anno, la produzione di Rheinmetall di proiettili potrebbe coprire il fabbisogno per tutta l’Europa. Anche gli investitori se ne sono accorti: da febbraio 2022 il valore del titolo è quadruplicato, entrando trionfalmente nel listino principale.

Rheinmetall gode peraltro dell’appoggio incondizionato del Governo, specialmente dopo dichiarazioni di Trump, che ha ventilato la possibilità di non proteggere i partner Nato che non contribuiscono alle spese militari. In visita al futuro sito della fabbrica di armi di Rheinmetall a Unterlüß (Niedersachsen), il Cancelliere Scholz ha dichiarato: “Dobbiamo abbandonare la produzione industriale per dedicarci alla produzione per la difesa su larga scala”. Anche i Verdi sembrano essere sulla stessa lunghezza d’onda. Nel 2022 il settimanale “der Spiegel” aveva intitolato una copertina “I Verdi oliva”, con riferimento al colore delle tute mimetiche: l’orientamento non sembra essere cambiato. L’unico che potrebbe avere qualcosa da ridire è il ministro delle Finanze Christian Lindner, per un motivo molto banale: le armi chi le paga?

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