STOCCARDA – “Se Grillo vuol fare politica, fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende”. Queste furono le parole pronunciate da Piero Fassino nel lontano 2009, passate alla storia come “la Prima Profezia di Fassino”. Un’esternazione dal sapore analogo circola sul web in questi giorni, da parte di Matthias Müller, ex Ceo di Volkswagen AG dal 2015 al 2018 ed ex Cio e Ceo Porsche. Ebbe a dire Müller a proposito di Tesla: “Se sono correttamente informato, Tesla brucia centinaia di milioni di dollari ogni trimestre”, paragonando poi il dato con il profitto di 13 miliardi di euro di Volkswagen. “Lasciamo quindi la chiesa nel villaggio, e non mettiamo insieme le mele con le pere”, concluse Müller.
Fast-forward a ottobre 2024. Tesla non brucia più cash: nel terzo trimestre i ricavi sono aumentati dell’8% rispetto allo stesso periodo del 2023, mentre l’utile netto è salito a 2,17 miliardi di dollari. L’utile dell’intero gruppo Volkswagen si ferma invece a 1,58 miliardi di euro (-64% rispetto all’anno precedente) e il Ceo Oliver Blume si appresta a varare drastiche misure di risanamento. A distanza di 15 anni dalla profezia di Fassino, i numeri di Pd e MS5 sono peraltro tornati ai valori iniziali: un esito che sicuramente Blume si augura anche per il settore automotive.
Dopo l’annuncio di Volkswagen, che prevede la chiusura di tre stabilimenti e la riduzione degli stipendi del 10%, si diffondono in rete notizie dai toni catastrofisti. Potrebbe essere utile contestualizzare le dimensioni della “catastrofe”. Il Pil del Venezuela è passato da un valore di 372 miliardi di dollari registrati nel 2012 ai circa 90 miliardi attuali: questa può essere definita una catastrofe. Dal 2012 al 2014 l’Italia ha registrato un calo del Pil di circa il 5%: questo è un brutto colpo. Il Pil della Germania oscilla invece da un paio di anni intorno allo 0%: una situazione che può essere caratterizzata come un momento di stallo.
Le cose sembrano peraltro in fase di miglioramento. A settembre gli ordini del comparto industriale sono aumentati del 4,2% rispetto al mese precedente. L’umore tra le aziende tedesche è migliorato. L’indice Ifo sul clima imprenditoriale è salito a 86,5 punti in ottobre, dai 85,4 punti di settembre: si tratta del primo aumento dopo quattro cali consecutivi. Le aziende appaiono più soddisfatte della situazione attuale, e anche le aspettative sono migliorate, anche permane un certo scetticismo. Il declino sembrerebbe quindi essersi fermato.
Ma è il fronte politico che desta le maggiori preoccupazioni. La settimana non era iniziata nel migliori dei modi. Il Cancelliere Scholz stava organizzando un incontro per il 15 novembre con rappresentanti di associazioni industriali, sindacati e grandi aziende, con l’obiettivo di siglare un “patto per l’industria”. Tutto bene, tranne che per il fatto che il ministro dell’Economia Robert Habeck (Verdi) e il ministro delle Finanze Christian Lindner (FDP) non erano tra gli invitati.
Habeck ha risposto presentando un manifesto con la proposta di un fondo miliardario per “promuovere gli investimenti con un bonus del 10% per tutte le aziende, in particolare per le imprese artigiane e le piccole e medie imprese”. Habeck propone inoltre di modernizzare le reti energetiche e di telecomunicazione, le vie di trasporto e le istituzioni educative. Tale fondo dovrebbe essere finanziato attraverso il debito, senza però toccare il freno all’indebitamento. Come ciò sia possibile, resta avvolto dal mistero.
Dal canto suo, Lindner stava organizzato un controvertice, invitando anche rappresentanti del commercio e delle medie imprese. In base alla filosofia di Lindner, un patto per l’industria non è sufficiente e non compete allo Stato decidere chi sia meritevole di sussidi. L’economia va sostenuta in modo agnostico e trasversale, lasciando che sia il mercato a decidere. Anche in questo caso, manco a dirlo, lasciando stare il freno all’indebitamento.
Insomma, la coalizione semaforica ricorda un po’ la Casa delle Libertà nell’accezione di Corrado Guzzanti, nel senso cioè che ognuno fa quello che gli pare. Finché mercoledì sera Scholz ha deciso di sciogliere gli indugi, togliendo l’incarico a Lindner, dichiarando un voto di fiducia a gennaio e aprendo di fatto la crisi di Governo. È il processo di italianizzazione che avanza inesorabile.
Cosa manca alla Germania per essere veramente italiana? Innanzitutto occorre lavorare su questa fissa del debito: fare più debito deve diventare un valore, oggetto di promesse in campagna elettorale, che poi devono essere mantenute. Poi occorre rendere la politica meno noiosa, magari con qualche scandalo rosa. Però direi che siamo a buon punto.
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