Contano i numeri. E i numeri, letti da Atene, dicono che sicuramente noi italiani non siamo “lebbrosi”, contagiosi un tantino. L’uscita di Luigi Di Maio circa il “lazzaretto” ha parecchio irritato. Al punto che la sua dichiarazione, sabato scorso, era al terzo posto nei titoli di testa del telegiornale serale più seguito. Sicuramente non è un buon biglietto da visita per il suo prossimo arrivo nella capitale ellenica. Gli verrà spiegato, gli verrà promesso, ma Atene deciderà a fine mese se aprire anche all’Italia senza alcuna restrizione. Per giugno invece va messa in conto una possibile quarantena.
L’Italia per l’opinione pubblica ellenica non è ancora un luogo “risanato”. Ancora due giorni fa sul sito dell’Amna (l’agenzia di stampa ellenica) la situazione italiana era la principale notizia nella sezione degli esteri. E pazienza se non si fa distinzione tra Milano e Reggio Calabria, ma si fa molta attenzione tra i membri della Commissione Covid-19 all’ondivaga politica, alle mille voci, alle mille decisioni, ai mille rinvii, alle mille polemiche, ecc. Forte della prontezza con cui Atene ha affrontato il virus, il Governo cerca di riempire con il turismo (16% del Pil) le casse statali senza riempire di nuovo gli ospedali, perché su alcune isole il sistema sanitario si limita a un giovane medico condotto, fresco di laurea. Comunque, i grandi alberghi dovranno avere a disposizione degli ospiti.
Le ragioni per cui i greci non ci vogliono sono legate ai numeri. Lo ha spiegato chiaramente il professor Ghigas Maiorkinis, virologo e membro della Commissione Nazionale Covid-19. Abbiamo semplicemente – ha affermato – letto i numeri del contagio provenienti dai diversi Paesi e seguito le direttive dell’Easa (European Union Aviation Safety Agency) che ha redatto un lista di aeroporti situati in aree con un alto rischio di trasmissione del virus. Tra questi, si contano tutti gli scali di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Dopo le proteste italiane, c’è stato un cambio di rotta, un”fraintendimento”, una”errata corrige”, che poi si potrebbe sintetizzare in”bufala”. Un”bizantinismo” che in sintesi stabilisce: italiano vuoi venire in Grecia a giugno? Nessuna discriminazione. La frontiera è aperta, ma ti aspetta una settimana di auto-quarantena. Un comunicato (30 maggio) dell’Ambasciata Ellenica di Roma specifica che gli italiani che vogliano trascorrere giugno (dal primo) in Grecia dovranno passare la prima notte in un albergo. In ogni caso, scatterà una auto-quarantena di 7 giorni se il test è negativo; una quarantena sotto controllo di 14 giorni se è positivo.
Questa regola vale fino al 15 giugno. Dal 15 al 30 giugno parte una nuova fase. All’arrivo in aeroporto i viaggiatori provenienti da zone a rischio – che per l’Italia significa Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto – verranno sottoposti al test. «È richiesto il soggiorno di una notte in un albergo. Se il test è negativo, il passeggero si mette in auto-quarantena per 7 giorni. Se il test è positivo, il passeggero viene messo in quarantena sotto controllo per 14 giorni», si legge nella nota dell’Ambasciata. Per tutti gli altri turisti – per esempio quelli provenienti da Roma – il tampone sarà fatto soltanto su un campione. In sintesi: meglio restare a casa. Chi rischia la quarantena? Per di più in un Paese straniero? Di Maio arriverà, e poi spiegherà.
P.S.: Si legge su un quotidiano italiano che la Grecia si è salvata grazie all’infettivologo sconosciuto Sotiris (in italiano Salvatore) Tsiodras, il quale avrebbe «deciso di contattare direttamente il suo governo». Una bella leggenda attica.