Nuovi scontri tra milizie in Libia, anche se le ragioni del botta e risposta, che ha danneggiato i depositi delle raffinerie di Zawiya, non sono del tutto chiare: un allarme rientrato, anche se, di fatto, alcune zone del Paese, in particolare della Tripolitania, non sono sotto il controllo delle autorità di governo, ma alla mercé di singoli gruppi armati e tribù. E mentre i russi trasferiscono dalle basi siriane in Cirenaica una parte delle loro armi, di fatto attribuendo ancora più importanza alla loro presenza in Libia come hub per realizzare i piani del Cremlino in Africa, spiega Ibrahim Magdud, intellettuale e arabista libico, sembra realizzarsi quella frammentazione delle nazioni che era stata preconizzata dall’orientalista Bernard Lewis, molto ascoltato da Bush e da Condoleezza Rice. Una divisione interna degli Stati che vale per la Libia, la Siria, l’Iraq, lo Yemen, il Sudan (dove il Sud Sudan è indipendente dal 2011) e che potrebbe riguardare anche l’Arabia Saudita.
A Zawiya sono stati segnalati scontri fra milizie che hanno danneggiato in parte le raffinerie del posto, tra le più importanti in Libia. Cosa è successo?
Sono tutte milizie che fanno riferimento al governo di Dbeibah. Anche se, secondo alcuni, si tratta di scontri che sarebbero nati per futili motivi, per questioni personali, un miliziano avrebbe cominciato a sparare e gli altri hanno risposto al fuoco. Una vicenda che comunque si è già conclusa. Il problema è che alcuni proiettili o missili sparati sono arrivati fino ai depositi di petrolio delle raffinerie di Zawiya, provocando un grande incendio che sarebbe già stato spento. Ma c’è anche un’altra versione dei fatti.
Quale?
Si parla di uno scontro tra fazioni o addirittura gruppi all’interno delle milizie per quanto riguarda la gestione dell’immigrazione e il contrabbando di idrocarburi. Si tratta di una situazione molto complessa perché a contrapporsi non sono le singole milizie ma elementi al loro interno.
Ci sta dicendo che la situazione in Libia sta ulteriormente peggiorando?
Il ministro degli Interni, Imad Mustafa Trabelsi, ha dichiarato che Zawiya è fuori dal controllo del ministero: ci sono troppi gruppi, tribù, famiglie che si scontrano fra di loro in continuazione. Secondo alcuni analisti, ormai, per sistemare la situazione ci vuole la mano forte, non ci sarebbe altra possibilità che mandare l’esercito. Nello stesso tempo si dice anche che queste milizie fanno riferimento a Dbeibah.
Quale porzione di territorio controllano queste formazioni?
Non tutto il Paese; succede soprattutto nella parte occidentale, in Tripolitania. Non bisogna dimenticare che questi gruppi sono ben armati, hanno i Katyusha (lanciarazzi, nda), missili. Il contrabbando delle armi è fiorente, ormai il Mediterraneo è diventato un mercato nero di questi prodotti. Si dice che vengano dall’Ucraina, dallo stesso Occidente; in realtà è difficile stabilire da dove arrivano: di fatto, possono essere acquistate facilmente. I contrabbandieri ci sono sempre stati dalla fine della Seconda guerra mondiale e il mercato è sicuramente molto fornito. Gli scambi di solito vengono fatti in mare, in acque internazionali. Non dimentichiamo che ci sono frontiere per quasi duemila chilometri, non facili da controllare.
Questo episodio può far temere scontri più gravi fra le milizie?
No. C’è una sorta di sistema mafioso, come quello dei mandamenti: ogni tanto ci sono degli scontri fra le fazioni, poi si mettono d’accordo e tutto viene messo a tacere. Ma ognuno controlla la sua porzione di territorio.
In questi giorni si è detto che i russi hanno trasferito in Libia, in Cirenaica, almeno una parte degli armamenti delle loro basi in Siria. È così?
I russi hanno delle basi lì, grazie ad accordi con Khalifa Haftar. Stanno trasferendo armi che provengono dalla Siria, da Tartus, per esempio. Una parte è stata riportata in Russia, un’altra in Africa: servono per le loro operazioni nel Sahel, nel Mali, in Ciad, che svolgono con l’Africa Corps, la nuova Wagner. Credo, comunque, che dopo la crisi siriana la Libia diventerà sempre più importante nel loro piano geopolitico.
Si dice, invece, che abbia trovato rifugio in Cirenaica una parte dei soldati leali all’ex regime di Assad in Siria. Potrebbero aver sfruttato la loro vicinanza con i russi ed essere riparati lì?
Per ora si tratta solamente di voci, che non hanno conferme. Si è parlato anche della presenza in Libia del fratello di Bashar al-Assad, Maher, che però, secondo alcuni, sarebbe in Iraq, mentre altri lo collocano a Mosca o a Teheran.
Alla luce di questo quadro che prospettive vede per la Libia, adesso?
Si sta quasi realizzando quella visione, che ha preso il via con l’arabista e orientalista Bernard Lewis, di un nuovo Mediterraneo e di un nuovo Medio Oriente. Un pensiero che il governo americano ha fatto suo quando era segretario di Stato Condoleezza Rice (presidenza Bush, nda), e che si sta realizzando, per esempio, in Libia e Siria.
Quale potrebbe essere la conformazione alternativa dell’area che va dal Nord Africa al Medio Oriente?
Si parla di una frammentazione dei singoli Paesi, immaginando la formazione al loro interno di uno Stato per i sunniti, uno per gli sciiti, ma anche per i cristiani, gli alawiti, con zone che rimangono Terra Santa, come alcune in Arabia Saudita, a sua volta, comunque, divisa in cinque Stati diversi. La Libia potrebbe essere ripartita in tre: Tripolitania, Cirenaica e Fezzan.
Quindi ci sono Stati che verrebbero divisi per poterli controllare meglio?
Lewis riteneva che le diverse fazioni, confessioni religiose, non potessero vivere insieme. Una frammentazione verso la quale si avvierebbe la Siria (dove ci sono drusi, curdi, alawiti e altri ancora) come la Libia, ma anche l’Iraq, lo Yemen, che tornerebbe a separarsi. Una visione alla quale non è estranea la divisione del Sudan. Anzi ha cominciato a realizzarsi allora.
(Paolo Rossetti)
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