Generale, uomo dei servizi segreti, pedina degli Usa grazie a un visto di durata decennale, boia. Del libico Osama Elmasry Njeem, detto Almasri, uomo-chiave di un intricato caso internazionale, simbolo di una frettolosa e maldestra “ragion di Stato” italiana, torturatore incriminato all’Aia, si sta scrivendo molto. La vicenda è divenuta ancor più complicata da quando la restituzione del miliziano ha innescato il caso politico che ha visto denunciare il presidente del Consiglio Meloni, i ministri Nordio e Piantedosi e il sottosegretario Mantovano dall’avvocato Li Gotti. Il ritratto che fa di Almasri Ibrahim Magdud, intelletuale e arabista libico, è più attento al contesto.
Chi è Almasri?
Un miliziano. Fa parte di una milizia tripolina ed è stato messo a fare il responsabile del campo di detenzione di Mitiga, vicino a Tripoli.
Una prigione.
Di fatto sì, ma se fosse una prigione in senso stretto dipenderebbe dal ministero della Giustizia, proprio come avviene in Italia. Invece Almasri dipende dal ministero degli Interni di Tripoli, insieme alla struttura di cui è a capo.
Chi è detenuto in questa struttura? Migranti?
Anche, ma non solo. Ci sono molti libici, trattenuti per vari reati, ad esempio traffico di droga, terrorismo. Gli immigrati possono trovarsi lì per essere entrati clandestinamente nel Paese, per esempio. Ma non c’è gente in attesa di salpare, se è questo che intende.
I detenuti di Mitiga che sorte hanno?
Il ministero dell’Interno esamina il loro caso e il procuratore decide. Se c’è un reato, se ne occupa il ministero della Giustizia. Ho letto che Almasri sarebbe della polizia giudiziaria, ma non è così. Tra l’altro, la ministra della Giustizia, Halima Abdel Rahman, ha chiesto al ministro dell’Interno di indagare sulle violenze in questi campi di detenzione.
Torniamo ad Almasri. Le accuse nei suoi confronti sono gravissime.
Sono state le sue vittime libiche a denunciarlo, attraverso le numerose associazioni per i diritti dell’uomo che sono anche in Libia. Almasri non è un generale, come ho letto sui giornali italiani, sta molto sotto. Non prende decisioni politiche, ma comanda nel campo di detenzione, e là dentro fa quello che vuole. Esattamente come i torturatori americani di Abu Ghraib (in Iraq, nda).
La sua condotta è legata a obiettivi religiosi?
No, qui la religione non c’entra nulla.
A chi risponde Almasri?
Dovrebbe rispondere ad Abdel Raouf Kara, capo della sua milizia. La Rada è molto armata, è una delle quattro milizie più importanti di Tripoli.
Secondo lei perché l’Italia non ha consegnato Almasri alla Corte Penale Internazionale e lo ha riportato in Libia con un volo di Stato?
Questo rimane un mistero. Secondo me, l’Italia ha temuto qualche ritorsione da parte della Rada contro le società italiane che operano in Libia, a cominciare dall’Eni. Roma tratta normalmente con queste milizie dal tempo di Minniti, la stessa Meloni è venuta in Libia molte volte. Quello che più mi ha sorpreso è l’enfasi sul personaggio.Almasri è solo un pesce piccolo.
Qualcuno invece ha scritto che conta molto: avrebbe un visto di ingresso negli Usa valido dieci anni, rapporti con la Cia e l’MI6.
Almasri è solo un sadico che tortura le persone, e per questo va arrestato e processato. Quello che è successo è una costante nei rapporti tra Italia e Libia: basterebbe soltanto fare l’elenco di tutti i criminali che l’Italia ha riconsegnato alla Libia dal tempo di Andreotti. Venivano rispediti in Libia, stavano per un po’ in prigione e quando le acque si erano calmate venivano fatti uscire.
Nelle ore in cui Almasri è stato trattenuto in carcere a Torino il flusso migratorio verso l’Italia ha registrato un’impennata. È un caso?
No, è un sistema di potere che si auto-protegge. Tra le milizie c’è un accordo di tipo mafioso. Trafficano di tutto: armi, migranti, petrolio. La ritorsione potrebbe essere stata attuata da altre milizie alleate. Che l’immigrazione sia il nervo scoperto dell’Italia lo sanno tutti.
L’Italia è sotto ricatto?
Per questo lo ha liberato. Non è sbagliata come mossa, politicamente intendo, quella di lasciarlo andare, perché le milizie potrebbero condizionare pesantemente gli interessi italiani in Libia.
Cosa pensa del modo in cui la stampa ha parlato del caso Almasri?
Non c’è un caso Almasri, c’è solo Almasri. Sarebbe stato un caso se ci fossero state di mezzo persone di spicco, oppure se si fosse trattato di una questione tribale. Si è scritto poco del fatto che è un grande tifoso della Juventus. Ma in Libia è normale, a Tripoli ci sono i club di tifosi di squadre tedesche, inglesi, italiane, brasiliane. Quando la Juventus gioca partite importanti bisognerebbe vedere cosa succede nella Piazza Verde. È meno normale che Almasri abbia preso un jet privato per andare a vederla.
Resta un criminale condannato dalla CPI.
Andrebbe arrestato e processato. Su di lui giornali italiani hanno fatto troppa schiuma. Anche nelle prigioni israeliane ci sono i torturatori, ma nessuno dice niente.
(Federico Ferraù)
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