“Ci sono periodi che toccano più di altri, di getto ne avverto due: il periodo trascorso tra Baghdad, Iraq, Afghanistan, Iran e Paesi del Golfo per le violenze cui ho assistito e per l’umanità di tanti che mi hanno circondato e, l’altro, l’inutile arroganza di Mani pulite che mi ha portato all’umiliazione di un arresto ingiusto, frutto di becere procedure che nulla potrà farmi dimenticare”.
È uno dei passaggi più personali del libro Dalla Montedison a Baghdad di Lino Cardarelli, curatore Gianfranco Fabi, che le edizioni Guerini e Associati, con l’introduzione di Roberto Longoni, hanno inserito nella ricca collana “Di storie in Storia”.
Nella lunga carriera di manager internazionale, l’autore ha concesso un’unica intervista nel 2019, quando ormai, all’età di 85 anni, si era ritirato a vita privata. Perciò, proprio Fabi, nella presentazione del testo al Centro Culturale di Milano, il video è su Youtube, ha raccontato che “Cardarelli era molto combattuto, non voleva farsi protagonista. Non è stato facile convincerlo a pubblicare i suoi appunti”.
Gli incarichi manageriali fino al 1994
Sarebbe difficile fare l’elenco delle decine di incarichi di primo piano internazionale ricoperti da Cardarelli. In proposito, proprio il cacciatore di teste Egon Zehnder ha osservato “quanti manager italiani possono presentare questo invidiabile percorso professionale?”.
La carriera di Cardarelli inizia nel 1953 all’Ente del Turismo di Parma. Poi, fino a febbraio 1994 l’autore ha lavorato in Olivetti, Agip, Ceo in Hill &Knowlton, Snia Viscosa, responsabilità internazionali in Montedison, a Bnl e Bankers Trust. Del periodo successivo tratterò nei paragrafi finali.
Pur essendo nato come diario riservato ai nipoti, il libro non ha ordine cronologico; tutto avviene come in ripetuti flashback cinematografici, nei quali prendono il sopravvento le forti emozioni, pur celate, legate ai singoli ricordi.
Ancora nelle prime pagine, l’autore pone una premessa: “non chiedetemi cosa mi ha portato nel pericoloso e infido Iraq. Il rischio è una componente irrinunciabile della vita. Si tratta di quel rischio che accompagnava tante situazioni che, a dieci anni, ho cominciato ad affrontare quando, durante la guerra nel 1944, le sirene ti svegliavano di soprassalto la notte e ti obbligavano a correre, prendendo per la manina il fratellino più piccolo, in cantina o, quando possibile, nel più sicuro rifugio che avevi imparato a individuare anche nella buia notte”.
I ragazzi di via Cremona a Parma
Tommaso e Maria Cardarelli, con i loro sei figli, tre femmine e tre maschi, di cui Lino era il primogenito, vivevano in via Cremona a Parma, in un condominio abitato da 96 famiglie di ferrovieri, che condividevano un grande cortile.
In proposito, l’autore ricorda che “si usciva di casa indossando una maglietta, pantaloncini corti anche in inverno con maglioni infeltriti, scorrazzando tra le macerie, dove si nascondevano ancora ordigni inesplosi, e muri diroccati il cui pericolo non era certo segnalato … e porterò con me l’insegnamento della tenacia con cui perseguire i sogni assieme al convincimento che la presenza di un’autorità condivisa è l’unica via alla riuscita di un’impresa. Si giocava a calcio, spesso con una palla di carta bagnata, pressata, arrotolata e legata, sulla strada non asfaltata. Il vasto cortile era per noi bambini un mondo dove giocare, imparare a convivere in una comunità coesa e omogenea, ogni casa era aperta per ospitare il bambino della famiglia accanto e ho appreso che mangiando lo stesso pane si impara meglio a essere ‘compagni’, cum-panis, a vivere assieme e mai senza l’altro”.
L’infanzia e il legame con l’Iraq
Ma, subito dopo il racconto dell’infanzia, Cardarelli riporta i primi ricordi dell’Iraq, come se la partecipazione alla ricostruzione a Baghdad l’avesse riportato alla Parma della seconda guerra mondiale, per poi proseguire con tre capitoli dedicati all’Iraq e al Medio Oriente, dai quali si intuisce lo studio approfondito della storia di quei Paesi.
In diversi passaggi emerge il giudizio negativo dell’autore sulla guerra preventiva in Iraq voluta dai Bush, padre e figlio, e sul progetto Iraqi Freedom, “troppo lento, con risultati distanti dagli annunci … che gli studi condotti da qualificati centri internazionali non avevano prospettato”.
Non manca il riferimento a Colin Powell, che nel 2005, a riguardo delle ipotetiche prove sui tentativi di Saddam Hussein di arrivare alla bomba atomica e ad altre armi di distruzione di massa, ebbe a citare “Quel mio intervento all’Onu, nel febbraio 2003, che mi macchia la carriera”.
1984, Ad di Montedison con la contrarietà di Gianni Agnelli
Il testo racconta anche un episodio divertente, con Gianni Agnelli protagonista: nel Cda di Montedison, avendo un proprio candidato al ruolo di Ad, era stato chiaro: “Colleghi del Cda, come possiamo avere ai vertici del secondo gruppo industriale italiano un presidente, Schimberni, figlio di un barbiere e un Ad, Cardarelli, figlio di un ex manovale delle Ferrovie dello Stato?”.
Nonostante l’opposizione di Agnelli, la nomina di Cardarelli venne sostenuta da Cuccia, Schimberni e dagli altri membri del Cda.
L’episodio è stato ricordato anche nella recente presentazione del testo al Centro Culturale di Milano, sia da Salvatore Carruba che da Giulio Sapelli. Quest’ultimo, con la sua nota schiettezza, ha espresso un giudizio tranchant: “Io sono torinese e contro gli Agnelli ho un pregiudizio storico: l’unica cosa che han fatto bene è stata sposare nobildonne”.
L’arresto a inizio 1994
“A fine dicembre 1993” – scrive l’autore – a 5 anni dall’uscita da Montedison, una scorretta azione di terzi “mi portò a essere indagato, assieme a Schimberni, per un presunto falso in bilancio emerso da un documento sequestrato in Montedison. Veniva data evidenza a eccessive spese sul vasto mercato giapponese, circa 100 miliardi di lire per consulenze su un arco di due anni. Feci rilevare l’esistenza di un banale errore, in cui anche la Procura milanese era incorsa: era stato sbagliato il tasso di cambio lire/yen, indicato in 100, mentre quello corretto era 10. Uno zero di troppo che ridimensionava la somma contestata in 10 miliardi in un biennio, importo corretto e risibile su due anni spesi sul vasto mercato giapponese e asiatico di un Gruppo industriale diversificato della dimensione di Montedison. In quel periodo d’insana bufera giudiziaria, diverse persone indagate si suicidarono”. E qui, il suo ricordo va a Raul Gardini, Gabriele Cagliari e Sergio Moroni.
Come ricorda Longoni nell’introduzione, “Per Cardarelli fu comunque un’alluvione. Da San Vittore sarà pure uscito ‘moralmente più forte’, ma la carriera era sconvolta. Il manager reagì dimettendosi da ogni incarico: da presidente di Bankers Trust Italia, da executive director di Bankers Trust Europe, da membro del Comitato strategico a New York per le operazioni di impatto transatlantico, da presidente della Camera di Commercio Italo-Americana”. “Fu un atto di rispetto nei confronti degli azionisti” ha commentato lo stesso Cardarelli.
È lo stesso autore a ricordarlo: “non accettai alcun incarico, se non dopo la pubblicazione della sentenza di assoluzione. Concordai con l’avvocato di non chiedere alcun risarcimento allo Stato anche perché niente e nessuno potranno mai risarcirmi di quello che ho perso durante questi mesi d’inferno… La verità è che non è durato cinque anni in quanto, in realtà, non è mai finito: i segni della sofferenza hanno colpito ancor più la famiglia”.
Dopo il 1999
Cardarelli riprese ad accettare gli incarichi offerti da diversi Gruppi, tra i quali Merloni, Bormioli, Coin, Lombardini, Schiapparelli, Erg, Legler, Coeclerici, per entrare nel 2001 al ministero Infrastrutture e Trasporti come segretario generale ad interim, nel 2003 nel governo provvisorio dell’Iraq. Rientrato in Italia, Cardarelli venne chiamato nella task force della Farnesina, per poi vedersi assegnato dal 2010 al 2013 l’incarico di segretario generale vicario dell’Unione per il Mediterraneo.
Nel citato, recente incontro di presentazione del libro di Cardarelli al Cmc, Salvatore Carrubba ha evidenziato che “si tratta di un testo con tre possibili chiavi di lettura, essendo stato l’autore un manager capace di cultura, valori, pensiero filosofico ed etica dell’industria. Nel contempo, il libro ripercorre un pezzo di storia dell’industria italiana, delle partecipazioni statali e della storia dell’Iraq. Mentre la terza chiave di lettura è rappresentata dalle riflessioni sulle occasioni perdute dal capitalismo italiano, sull’importanza e il coraggio dell’esperienza di Montedison, che è stata rifiutata dal capitalismo italiano e da certa politica. L’Italia – ha concluso Carrubba – aveva una classe dirigente che ora è molto difficile trovare, perché le sedi di formazione sono sempre più rare. Questo è uno dei messaggi più attuali di Cardarelli”.
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