La guerra distrugge tutto: i corpi dilaniati dalle bombe abbandonati per strada, i morsi della fame di chi è costretto a vivere senza avere cibo né acqua, la paura dei bambini di perdere i propri genitori, l’angoscia dei minorenni (almeno 40mila) che invece papà e mamma li hanno già persi, l’odio e la rabbia dei sopravvissuti, che per anni segnerà la loro vita, sono la norma per le strade di Gaza.
Una tragedia, spiega padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, che riguarda il presente di molte persone che faticano a sopravvivere, ma che annuncia anni di incomprensioni, violenze, di inimicizia. Una devastazione che non risolverà niente, ma che porterà altre sciagure. Per ora non si riesce neanche a portare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, costretta a vagare in un territorio in cui nessuna casa, nessuna strada, nessun quartiere è al sicuro dalle bombe, disposta a volte, per disperazione, anche ad aggredire per un pezzo di pane. Ormai la soglia delle 20mila vittime è stata abbondantemente superata, mentre i feriti sono 60mila e 10mila le persone rimaste sotto le macerie.
Padre Faltas, la guerra a Gaza avrebbe già reso orfani 40mila minorenni. Come vivono ora questi ragazzi? Anche per loro gli aiuti sono impossibili?
Si può immaginare la situazione di questi bambini. Le famiglie a Gaza sono numerose, molte hanno 7-8, anche 10 figli, molti dei quali adesso hanno perso la mamma o il papà o anche tutti e due i genitori. Veramente una situazione molto difficile.
Si parla di un 70% di distruzione degli edifici della Striscia. Questi bambini e le altre persone che sono rimaste senza abitazione materialmente dove vivono, cosa fanno?
Vivono nelle tende, nelle strade. E sono tutti a Gaza. Io sono in contatto con la gente, ma non ci sono parole per spiegare come stanno vivendo adesso. Anche i cristiani che adesso vivono nella chiesa latina e nella chiesa greco-ortodossa stanno malissimo. Altri vivevano nelle scuole, ma sono state distrutte, ne sono state demolite 93. Siamo arrivati a 90 giorni di guerra e la gente è per la strada, senza un riparo, senza niente, senza acqua e senza luce. A Gaza ormai non c’è un posto sicuro. E i numeri di cui parliamo non inquadrano la realtà: qualcuno mi ha fermato e mi ha detto che gli orfani sono molti di più di 40mila e che le case distrutte sono più del 70%. Oltre alle scuole sono state distrutte anche moschee e chiese. È una guerra che sta distruggendo un popolo. La gente sta malissimo, non si può continuare così.
Nella Striscia ora si riesce a mandare qualche aiuto? Oppure da quando sono ripresi i combattimenti dopo la tregua sono stati chiusi i canali di approvvigionamento?
Gli aiuti che arrivano sono troppo pochi. Da quello che mi hanno raccontato la gente può arrivare ad ammazzare pur di avere un panino, qualcosa da mangiare. Hanno fame, hanno sete, e per questo possono finire per aggredire gli altri. Purtroppo è così. Più del 70% delle persone uccise sono bambini, disabili e anziani, donne. È una guerra contro gli indifesi.
Una situazione simile non può che suscitare sentimenti di vendetta nei confronti di Israele: qual è lo stato d’animo delle persone?
Una persona che ha perso tutta la famiglia cosa può pensare? Ci vorrà un grande lavoro per togliere tutto questo odio, anche per far tornare questa gente a una vita normale. Sono direttore di una scuola e vedo come sono cambiati i bambini di Gerusalemme, che sono lontani dalla guerra. Potete immaginare come reagisce la gente che vive nell’area in cui si combatte.
Come è cambiato l’atteggiamento dei più piccoli? Anche loro covano rabbia?
Certo. Tanti di loro. Hanno paura di perdere i loro genitori perché vedono gli altri bambini che li hanno persi. C’è una bambina palestinese, di Gerusalemme, che quando viene a scuola deve chiamare continuamente suo padre per essere sicura che è vivo, che non l’hanno ammazzato. Una devastazione di cui vedremo le conseguenze per molti anni.
La situazione più grave, naturalmente, è quella di Gaza. Ma i problemi ci sono anche in Cisgiordania, in città come Betlemme?
In Cisgiordania ci sono sempre arresti e scontri: lì sono state arrestate più di 5mila persone. 350 persone sono state uccise in questi tre mesi. Betlemme è chiusa: nessuno può entrare e nessuno può uscire, così come tutte le altre città palestinesi. Ci sono problemi di rifornimenti anche in questi centri.
C’è la possibilità di fare qualcosa, almeno dal punto di vista umanitario, o per ora sembra che non ci sia alternativa alla rassegnazione?
Stiamo parlando con tutti, ma ci dicono che questa situazione durerà a lungo. Aspettiamo che finisca questa guerra ma non si sa quando. Non so cosa faranno: ci sono due milioni e 200mila persone nella Striscia e la gente muore di fame.
La popolazione di Gaza dove si è spostata principalmente in questo momento? Si è rifugiata al Sud?
Nessun posto è sicuro. Ci si può spostare al Nord o al Sud ma si viene ammazzati lo stesso. Però le persone vogliono restare lì, non pensano di andare via.
Nella chiesa ortodossa e in quella latina di Gaza ci sono ancora persone rifugiate?
Sì, sono lì dall’inizio della guerra. Sono quasi 700 nella chiesa latina e 200 in quella ortodossa. Qualcuno è stato ucciso anche lì: 18 in quella greca e 2 in quella latina.
(Paolo Rossetti)
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