Don Leonardo Poli vive a Lugo di Romagna, in provincia di Ravenna, una delle località più colpite dall’alluvione dei giorni scorsi, perché totalmente invasa dalle esondazioni dei fiumi Santerno e Senio, a pochi chilometri da Imola e Castel Bolognese. Il sacerdote è parroco della Collegiata dei santi Francesco e Ilaro ed è diventato punto di riferimento non solo per i parrocchiani, ma anche per i volontari, che a centinaia sono arrivati da diverse regioni, come pure per le associazioni e organizzazioni di soccorso.



Don Leonardo si è commosso quando un uomo di 92 anni, che ha avuto la casa sventrata dall’alluvione, gli ha raccontato, con il volto sereno, che nemmeno l’alluvione gli ha portato via le cose importanti nella vita. Certo, gli ha portato via la casa, ma non ciò che conta. Perciò è lo stesso parroco ad affermare “siamo provati, ma non disperati. Sicuramente, è stato come un terremoto, che ci ha costretto a verificare se la nostra vita è costruita su fondamenta sicure, oppure su qualcosa che non regge”.



Don Leonardo, ha incontrato altre persone cosi? 

Domenica scorsa, al palazzetto dello sport, un vecchietto che ha dovuto abbandonare la propria casa, mi ha detto: “don Leo, sta arrivando un mio nipote da Faenza, che mi vuol ospitare a casa sua. Cerchi di convincerlo a lasciarmi qui. Voglio restare qui, perché qui sto bene”.

Com’è possibile?

Anche lui non ha più la sua casa. Eppure sente come casa propria la gente che fino a pochi giorni fa era estranea.

Cos’è accaduto?

Rispondo con il messaggio inviatomi da un amico, che ha lavorato nel fango per ripulire le case di altri. Mi ha scritto: “Faccio parte di un condominio di 30 unità abitative, costruito da pochi anni, con persone arrivate alla spicciolata, senza conoscersi. E l’unica comunicazione era la chat, piena di lamentele e bisticci. In questi giorni di aiuto agli alluvionati, sono nati rapporti splendidi ed emerse persone di spessore. È come se la gente avesse riscoperto di avere un cuore grande, fatto bene. Forse ci servono le sberle della vita per riconoscere ciò che vale”. Di mio aggiungo che non ci servono le sberle, ma l’educazione del cuore.



Ma come avviene questo?

Una donna mi ha scritto “Abbiam pregato insieme ai miei figli adolescenti. Affrontiamo il dolore insieme a tanti amici, in compagnia, una vera benedizione. E in tutto possiamo dire ‘che bello che Dio c’è!’ Un grande amore, che ci lascia sereni e con la certezza nel cuore: che la vita è davvero bella. Ciò che accade non è una tragedia o una disgrazia. Siamo davvero benedetti e ringraziamo per tutto ciò che abbiamo. I nostri ragazzi sono un dono per noi. E siamo certi che una cosa sola l’abbiam fatta bene: averli battezzati ad un mese ed educati all’unica strada, che è la felicità per la vita eterna”.

Chi sono i volontari accorsi ad aiutarvi?

Al palazzetto dello sport, che accoglie più di 300 persone evacuate dalle loro abitazioni, operano tantissimi giovani, molti dei quali di Gioventù studentesca, studenti delle scuole superiori, che si stanno prodigando giorno e notte, anche se a breve avranno l’esame di maturità. A questi ragazzi la Croce rossa affida grandi responsabilità. Ed è uno spettacolo guardarli, come lavorano. Tutti sono stupiti e si chiedono: “come mai questi ragazzi sono così preparati, maturi e responsabili?”.

Da dove arrivano?

Da Mantova, Ferrara, Bologna, Ivrea. In altre località sono arrivati da parti diverse d’Italia. Ad un sacerdote di Genova, qui per organizzare l’arrivo di una squadra che rimarrà una settimana ad aiutarci, ho detto che metto a disposizione un salone, ma che non ho letti. Mi ha risposto: “non c’è problema. Invece, cosa vi possiamo portare?” Non badano ai sacrifici e pensano a noi.

Vuole raccontarci qualcosa in particolare?

In parrocchia mangiano 200-250 volontari. Anche il sindaco manda volontari e lui stesso mangia con noi. Si stanno intrecciando rapporti di grande stima e amicizia. Purtroppo, spesso la gente partiva dalle ideologie, ma l’alluvione ha risvegliato il cuore. E tanta gente che non si stimava reciprocamente, che si disprezzava, ha scoperto che l’altro è un valore, un bene.

Qualcuno le ha chiesto dov’è Dio in questo disastro?

Ho risposto “guardatevi intorno. Tutto questo moto di bene è il modo con cui Dio risponde. Dio non viene a spiegare il male, che è inspiegabile, perché è qualcosa d’irrazionale. Non è Dio che ci manda l’alluvione, perché vuole il nostro bene”. Il male viene dalla nostra irrazionalità, che consiste nel volerci fare dio di noi stessi. E la realtà ci presenta il conto, prima o poi.

(Flavio Zeni)

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