Sono ormai circa 200mila i rifugiati che dall’Ucraina sono entrati in Romania, passando per la Moldavia, ci dice Simona Carobene, direttrice di “FDP-Protagoniști în educație”, associazione benefica con sede a Bucarest, che offre servizi di integrazione sociale, educativa e professionale per bambini, giovani e adulti a rischio di emarginazione. In queste ore si trova al confine proprio tra Romania e Moldavia, impegnata a offrire sostegno ai profughi ucraini: “Il popolo rumeno si è mobilitato in modo ammirevole per queste persone, a tutti i livelli, dalle autorità governative ai semplici privati che aprono le porte di casa per accoglierli”.
Il problema, come in tutti i paesi dell’Europa orientale che si stanno prodigando in egual misura, è che “siamo davanti a un flusso continuo di persone, che adesso arrivano per la maggior parte a piedi, dopo aver camminato tantissimo, in condizioni fisiche e psicologiche gravi. E non sappiamo – ci dice ancora – per quanto si potrà essere in grado di offrire il sostegno che adesso viene garantito”.
Dove ti trovi in questo momento?
Siamo al confine tra Romania e Moldavia, vicino al Mar Nero, non lontano da Odessa.
Chi scappa dall’Ucraina passa per la Moldavia?
Sì, esatto. La Moldavia è un paese di passaggio, come lo è anche la Romania, quelli che hanno parenti o conoscenti in paesi occidentali proseguono il loro viaggio, quelli che non ne hanno si fermano qui, in Romania. Tanti invece si fermano perché sperano di tornare nelle loro case in Ucraina al più presto.
Quanti sono oggi coloro che sono arrivati in Romania?
Al momento sono arrivate circa 190mila persone, di cui 60mila si sono fermate qui, un terzo. In Moldavia ne hanno contate 100mila e ne sono rimaste 30mila, ma è un flusso continuo.
Come vengono accolti i profughi in Romania? C’è accoglienza da parte della popolazione?
Assolutamente sì, tutti si muovono per aiutare queste persone, dallo Stato alle associazioni, dalle parrocchie ai privati cittadini. C’è una mobilitazione bellissima, la gente apre le loro case e accoglie quante persone possono. I punti di frontiera sono molti e sono sorvegliati giorno e notte da volontari che portano negli alberghi e nelle case chiunque arrivi. Il problema è capire quanto potrà durare questa accoglienza e come organizzarla. Lo Stato sta cercando di gestire tutta questa solidarietà che si è messa in moto, anche dal punto di vista semplicemente burocratico.
I rumeni che vivono così vicini all’Ucraina sono preoccupati della guerra? Temono che possa estendersi al loro paese?
La preoccupazione non è quella di essere attaccati, perché comunque la Romania fa parte della Nato e dell’Unione europea. La preoccupazione riguarda la vicina Moldavia, che non facendo parte di queste organizzazioni potrebbe essere vittima dell’espansionismo di Putin, se dovesse continuare così.
La maggior parte dei rifugiati sono donne e bambini?
Sì, gli uomini restano a casa a combattere. Adesso cominciano anche ad arrivare convogli di bambini orfani, portati via da orfanotrofi che possono diventare bersagli dei bombardamenti. All’inizio le persone arrivavano per lo più con le loro auto private, adesso ne arrivano molti a piedi. Stiamo organizzando con diversi paesi trasporti via autobus che mettano al sicuro, in strutture adeguate, questi orfani. Stiamo, ad esempio, aspettando l’arrivo di tre autobus carichi di bambini orfani.
Un impegno ammirevole, dunque, quello della Romania.
Un impegno totale. Chi lavora su questa emergenza, e non parlo solo di noi appartenenti a organizzazioni varie, ma anche i consoli, i diplomatici, i funzionari, ormai dorme al massimo quattro ore per notte.
In che condizioni arrivano questi rifugiati?
Questo è l’altro problema. Dove mi trovo ci sono una ventina di letti, e qui dormono tutti insieme mamme e bambini, quasi nessuno parla l’italiano. E’ gente che scappa dall’orrore della guerra, hanno lasciato padri e mariti, sono spaventati, disorientati e infreddoliti, perché hanno camminato per giorni al freddo, sotto la neve. Ci vorrà del tempo per capire bene i loro bisogni. Al momento offriamo loro accoglienza, un abbraccio e attenzione alle loro esigenze. Le organizzazioni come la nostra desiderano continuare a lavorare con loro anche per dare un aiuto psicologico.
Di cosa avete bisogno?
Medicinali e alimentari stanno arrivando. Quello di cui abbiamo bisogno sono soldi, perché dobbiamo pagare non solo traduttori e psicologi, ma anche la benzina per chi fa avanti e indietro con gli autobus. Stiamo assumendo personale ucraino che faccia da traduttore. C’è bisogno anche di lenzuola usa e getta, perché quando si devono accogliere così tante persone non si riesce a lavare le lenzuola a tutti. Servono anche letti. E comunque se si desidera inviare aiuti concreti è meglio sentire chi opera sul campo.
Piuttosto che agire da soli è meglio coordinarsi con le associazioni come la vostra, giusto? Altrimenti si rischia il caos e di mandare cose che non servono.
Esattamente. Come dicevo, abbiamo bisogno soprattutto di soldi, perché le spese di riscaldamento, elettricità e acqua per le strutture che ospitano i profughi duplicheranno nel giro di un mese.
(Paolo Vites)
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