Ma quanto è difficile in Italia (e in Sicilia terra di confine) affrontare il problema dei migranti senza un approccio ideologico da una parte o dall’altra? Se lo domandano ormai ogni giorno gli operatori siciliani che si trovano ad affrontare gli sbarchi. Non sono uomini di destra e neanche di centro. Forse neanche di sinistra. Sono donne e uomini spesso empatici, a volte sopraffatti dalla fatica, a volte impauriti, a volte costretti a stare dove non vorrebbero essere magari sotto il sole insieme a quei “poveri cristi” giunti dopo traversate difficili. Sono loro che segnalano continuamente le difficoltà, che sono tante. Il carnaio di corpi a cui devono assistere o che sono “costretti” a causare per poter controllare tutti.



Ma l’emergenza migranti non è più una emergenza nazionale. Lo è stata per qualche giorno durante il clou delle polemiche fra il governatore Musumeci e il ministro Lamorgese. Ottenuta dal Tar la sospensiva dell’ordinanza di Musumeci, l’argomento è sfumato. A prescindere dal fatto che la sospensiva non è una sentenza e che di passaggi giuridici da fare ce ne sono ancora tanti.



Ma il problema non è “legale”. Bisogna affrontare una emergenza che continua ad essere tale. Emergenza non perché gli arrivi siano cresciuti a dismisura rispetto ad altri anni, ma perché i protocolli Covid-19 costringono a controlli maggiori e più serrati, a quarantene e distanziamenti e dunque gli spazi, già esigui, non bastano. Insomma il sistema dell’accoglienza, già malconcio, non è in grado di sopportare l’ondata ai tempi del Covid-19.

Gli arrivi non si sono fermati. Si è assistito a qualche rallentamento per il maltempo, ma solo ieri finalmente hotspot e casa accoglienza di Lampedusa sono stati svuotati e i migranti trasferiti sulla quarta nave quarantena, ormai piena anche quella. Nell’ultima tornata sono 53 i positivi al virus e 814 i negativi che ora sono comunque in quarantena .



Se il problema non esiste più per Roma, esiste ancora per Palermo. Solo lunedì sono stati 28 i positivi registrati nel capoluogo isolano, ma di questi 15 sono migranti. Sì, perché quello che l’Italia non sa è che i migranti positivi al virus vengono tutti presi in carico dal servizio sanitario regionale siciliano e trascritti nel report dei contagi della Sicilia. La Sicilia aveva chiesto l’istituzione di un albo a parte per i migranti, ma Roma ha detto di no. Quindi è come se fossero contagi siciliani nell’immaginario collettivo.

Ma il problema, oltre che il danno d’immagine alla Sicilia che qualcuno timidamente sottolinea, è ben altro. E’ il modo di trattare questi “poveri cristi”. Ammassati. A volte costretti a contagiarsi fra loro non solo in Libia o durante il viaggio, ma talvolta anche nelle nostre tensostrutture, negli hotspot e così via.

Non passa, però, il messaggio cardine: occorre riorganizzare il sistema, avere gli spazi per assisterli e isolarli quando necessario. Invece, sempre più spesso, fuggono. Scappano perché i centri sono spesso invivibili. Ma scappano anche perché ci sono criminali dedicati all’organizzazione delle fughe e ad altri viaggi in Europa. Lo ha scoperto la Procura di Palermo che ha arrestato 14 persone appartenenti ad un’organizzazione internazionale che si occupa dei viaggi della speranza, ma anche di quelli successi, delle fughe dagli hotspot, dei viaggi in Europa e da qui verso gli States.

Intanto in Sicilia contro Musumeci arriva anche la Chiesa. “È penoso sentire definire gregari di questo o quel politico i sacerdoti che predicano il Vangelo di Cristo ‘senza se e senza ma’! Dovremmo brandire Vangelo e rosario e fischiare il Papa, urlando contro i migranti, per non urtare la sensibilità di chi pensa a respingimenti, rifiuto di soccorso e non accoglienza?”. Così il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, replica al presidente della Regione, Nello Musumeci che, sabato scorso ad Agrigento, aveva criticato le posizioni della Chiesa sui migranti. Musumeci aveva detto: “Non si chiedono perché la gente si allontana dalla Chiesa cattolica: quando si cerca un sacerdote e le persone trovano un gregario di Zingaretti e Di Maio a fare le prediche, qualche cattolico manda a quel paese i preti e decide di pregare per conto suo”.

“Non è dato di sapere in quali chiese il presidente della Regione, o chi per lui, ha ascoltato parole di preti che hanno talmente turbato il suo spirito da provocare l’invettiva lanciata ad Agrigento”, dice monsignor Mogavero. “Si sappia che giudicare gli eventi del nostro tempo secondo la logica del Vangelo non è interferenza politica; è, invece, tradimento del Vangelo diventare accoliti di chi pretende respingimenti, rifiuto di soccorso, discriminazioni razziste. – aggiunge – Tali orientamenti e progetti politici, peraltro, stanno snaturando e tradendo la tradizionale cultura del popolo siciliano, la sua storia, la sua innata religiosità e lo spiccato senso di fraternità e mal si compongono con la soluzione vera e urgente di problematiche spinose del nostro tempo, ancora una volta rinviate dalla politica attuale”.

Musumeci si è spinto un po’ troppo oltre. Ma forse c’è una punta di esasperazione un po’ in tutti. Affrontare l’emergenza per quella che è senza razzismo e senza “buonismo” oggi appare un’impresa impossibile.