L’allarme è stato lanciato dall’Unicef: dopo il terremoto che ha colpito la regione più di tre mesi fa ci sono oltre 6 milioni di bambini (3,7 in Siria e 2,5 in Turchia) che vivono in condizioni di indigenza. E che hanno dovuto interrompere gli studi non avendo più la possibilità di avere una scuola e spesso neanche insegnanti che li possano aiutare a studiare. È una delle tante criticità del dopo sisma che in particolare in Siria si sommano ai danni, materiali e non, dovuti alla devastazione della guerra.



Il Paese deve affrontare una ricostruzione difficilissima, e per questo ha bisogno di iniziative disinteressate, che puntino al bene comune, a sostenere le persone provate dal conflitto e ora anche dal terremoto, senza perseguire fini politici. Per vincere la paura che ancora alberga nel cuore della gente, spiega Firas Lutfi, ministro francescano della Regione San Paolo (Giordania, Libano, Siria) bisogna ridare fiducia alle persone, soprattutto ai bambini e alle loro mamme, ritrovatesi spesso senza marito perché, ancora prima del terremoto, è scappato o è stato ucciso in guerra.



Com’è la situazione dopo il terremoto? Sono così tanti i bambini che stanno soffrendo?

La situazione non è la stessa nelle diverse zone della Siria: a quella di Aleppo, colpita dal sisma, abbiamo accesso e quindi possiamo avere informazioni più dettagliate. Non conosco invece, perché non vi abbiamo accesso, la situazione della zona sotto il controllo turco, quella di Idleb. Quell’area è stata colpita più delle altre e bisogna trovare qualcuno che faccia il punto della situazione. Io, comunque, mi fido di queste organizzazioni delle Nazioni Unite, dell’Unicef, perché hanno del personale sul terreno. Speriamo che il numero di bambini che hanno bisogno di assistenza, e tra questi di quelli che sono rimasti senza genitori, non sia davvero così grande: sarebbe davvero un dramma da affrontare.



La situazione ad Aleppo com’è? Le scuole hanno riaperto in qualche modo?

Aleppo Est è stata molto colpita dal terremoto perché le abitazioni non sono molto solide. Per questo i palazzi, che in realtà sono case piccole e mal costruite, sono crollati. L’altra parte della città, che è sotto il controllo del Governo siriano, è abbastanza curata: quelle zone non hanno avuto moltissimi danni sulle persone, ma certamente le abitazioni hanno bisogno di una ristrutturazione, a volte anche solo di una semplice manutenzione.

Se sono distrutte le case lo sono anche le scuole?

Scuole e ospedali. La zona era già povera prima del conflitto, è diventata poverissima durante e dopo. Però ci sono organizzazioni che aiutano, come l’Onu oppure organizzazioni non governative, che cercano di fare del loro meglio. Bisogna tenere conto che si tratta di un Paese colpito da dodici anni di guerra, che ha diviso la società pro o contro il regime: la situazione non è assolutamente facile. Se qualcuno vuole aiutare deve essere neutrale, senza agende politiche, perché è molto facile infiltrarsi sotto la maschera dell’aiuto avendo come fine la realizzazione di programmi politici. Bisogna tenere conto del bene delle persone in quanto tali, senza discriminazione tra cristiani e musulmani, piccoli e grandi, donne e uomini. Tenere in grande considerazione la legge, la Carta delle Nazioni Unite, dei diritti dell’Uomo.

Dopo il terremoto cosa è stato fatto fino a questo momento?

Penso che qualcosa si stia facendo, non solo da parte del Governo siriano ma anche da parte di molte associazioni. Cito un’iniziativa di cui sono a conoscenza: l’associazione Pro Terra Sancta, braccio sociale della Custodia di Terra Santa dei Frati francescani in Siria, ha preso l’iniziativa di ristrutturare alcuni degli edifici danneggiati: hanno fatto il fundraising e una commissione per aiutare a sistemare le abitazioni in modo che le persone tornino a casa. Perché uno dei problemi è che la gente non torna più a casa per il trauma che ha avuto.

Il problema vero è ancora la paura quindi?

Sì, la scossa principale è stata tremenda, e con queste scosse si perde l’equilibrio. Le mura che prima erano segno di sicurezza e di protezione ora non lo sono più. Tanti bambini, tante famiglie hanno dormito per mesi in macchina per paura di un altro terremoto. Ho visto con i miei occhi persone giacere per giorni e per mesi accanto ad alcune strutture ancora in piedi nelle chiese, nelle moschee, in grandi sale, ma anche nelle macchine e sotto le tende.

Succede ancora adesso a tre mesi dal sisma?

Sì. Se uno ha la casa distrutta chi ti ospita per un lungo periodo? La gente riesce a malapena ad auto-mantenersi, a mangiare, a bere. La vita era già in grande crisi. Questa scossa ha tolto via ogni speranza, ogni senso di sicurezza.

Il terremoto non ha distrutto solo le strutture. Ci sono famiglie in cui sono morti i genitori e quindi i bambini sono rimasti soli, altre che comunque hanno dovuto affrontare la perdita di alcuni dei loro cari; come vengono assistite le persone da questo unto di vista?

Ci sono famiglie intere decimate dal terremoto, è una tragedia dentro la tragedia, per questo lo scenario siriano è molto complicato, più di quanto riusciamo a scrivere e a descrivere. Qualsiasi aiuto che possa mirare a proteggere quelle persone, a dare loro le cose essenziali fino a che non rifaranno le loro case o si troverà una nuova sistemazione, è ben accetto. Occorre che tante persone di buona volontà si diano da fare, in modo concreto e generoso.

Le vostre comunità hanno attivato dei servizi per l’istruzione dei bambini?

Non scuole ma tre o quattro centri ad Aleppo Est. Esistevano prima del terremoto, perché c’era la guerra, e dopo il ritiro dei jihadisti. Poi si sono rafforzati offrendo insegnamento, psicoterapia e altre attività.

Sono centri che danno dei servizi non solo ai bambini?

Anche alle donne, perché in quella zona gli uomini o sono stati uccisi o sono scappati. Sono rimaste in maggioranza donne e bambini. La nostra assistenza mira a curare i bambini e le loro mamme.

Già prima del terremoto, quindi, c’era un problema di scolarizzazione?

L’unico sistema scolastico in quella zona, quella di Aleppo Est, erano le scuole coraniche. Non esisteva un insegnamento unitario di chimica, matematica o delle altre materie. Esistevano solo le scuole della Sharia, della legge islamica. Quando nel 2016-17 quella zona è stata liberata, alcune scuole che erano ancora in piedi sono state ristrutturate. Noi abbiamo aperto questi centri per aiutare più persone possibile, puntando anche alla qualità dei servizi.

E questi sono  centri che funzionano ancora adesso?

Esatto. Anzi, funzionano molto più di prima.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI