Un Natale vissuto nella certezza della fede, ma con discrezione. Nella calma di Aleppo, dove i nuovi detentori del potere garantiscono rispetto per tutte le confessioni, la comunità cristiana vive le festività secondo la tradizione di preghiera e accoglienza, sperando che le promesse di Hayat Tahrir al Sham, musulmani e jihadisti, vengano mantenute anche in futuro. Ora, comunque, spiega monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo, per la Siria il vero nodo da sciogliere sarà quello della Costituzione, che deve garantire parità a tutti i cittadini. Su questo tema si è aperto un dibattito importante, al quale anche i giuristi cristiani stanno cercando di dare il loro contributo. Quest’anno, comunque, al di là di tutte le paure, si vive un Natale di speranza, immaginando un futuro nel quale un Paese martoriato da dittatura, guerra e terremoti possa finalmente provare a ripartire.
Monsignore, qual è la situazione ora in Siria e ad Aleppo?
La situazione in generale ad Aleppo è calma, università e scuole hanno ripreso. Tutta la Siria soffre, però, le incursioni di Israele e gli scontri fra i turchi e i curdi. Sono divisioni che devono trovare una soluzione per realizzare un nuovo Stato. La situazione è molto complessa. Da parte nostra, come cristiani, manteniamo un atteggiamento di dialogo e di pace, ma aspettiamo di vedere cosa succederà. Non è ancora chiaro che cosa accadrà in futuro.
Gli uomini di HTS appena entrati ad Aleppo hanno voluto parlare con i vescovi. Che cosa vi hanno detto?
C’ero anch’io. Ci siamo incontrati due volte. Nel primo caso abbiamo incontrato la persona responsabile della città in questo momento, nel secondo una delegazione di quattro persone. Ci hanno fatto un discorso pieno di rispetto, di fiducia nel cambiamento. Abbiamo fatto presente che rappresentiamo una cristianità che parla arabo, capace di dialogare con i musulmani e di vivere insieme a loro. È sempre stato così nella storia in Siria. Non vogliamo essere cittadini di seconda classe, ma una cittadinanza piena, all’insegna della collaborazione.
Su quali basi si può sviluppare questa convivenza?
Ad Aleppo c’è un gruppo di esperti di legge e di cristiani che hanno esperienza politica, che ha preparato un documento per la definizione di una nuova Costituzione. Tutto ruota intorno al concetto di cittadinanza. Per il resto, attendiamo gli sviluppi degli eventi. Questo cambiamento sembra avvenuto anche sulla base di un accordo internazionale, ed è a questo livello che bisogna dare garanzie per la pace in Siria.
Le ragazze cristiane possono ancora vestirsi come vogliono? Niente velo?
Nell’incontro che abbiamo avuto ci hanno risposto che c’è rispetto per le nostre tradizioni. In generale, nelle famiglie cristiane c’è ancora paura. Da una parte, la nostra comunità vuole mantenere un atteggiamento positivo, ma nello stesso tempo ci sono ancora dei dubbi. Dicono che ci vorranno tre mesi per realizzare la Costituzione e organizzare l’elezione di un presidente. Noi vogliamo una Siria di pace.
Quello che chiedete è una Costituzione che non sia quella di uno stato islamico, ma che metta tutti sullo stesso piano?
Sì, vogliamo che tutti i cittadini siano messi sullo stesso piano. Penso che sia questa la priorità in questo momento.
Ad Aleppo come si vive in questo momento? Ci sono ancora problemi di accesso all’acqua come è stato nei giorni scorsi?
A poco a poco l’acqua è tornata. Sono stati risolti i problemi tecnici causati dai combattimenti tra i curdi e altri gruppi. Non c’è più il coprifuoco. Oltre alle scuole, hanno riaperto anche le banche.
Ci sono segni pubblici della festa che state vivendo?
Abbiamo vissuto la preparazione delle feste come prima. Anche prima, a causa della guerra, vivevamo queste ricorrenze in modo molto discreto, senza luci sulle case. Non si è tenuta la Messa di mezzanotte, le celebrazioni sono state alle 6 del pomeriggio, per poter dare la possibilità alla gente di tornare a casa tranquillamente, evitando ogni possibile provocazione. Lasciando aperti gli spazi a nostra disposizione, per accogliere la gente e anche le autorità che vogliono porgere gli auguri. La stessa cosa credo sia successa a Damasco. Tutti sono benvenuti, la nostra casa è aperta all’accoglienza. Nelle grandi feste di solito suonano le bande, ma stavolta abbiamo preferito rinunciare a questo. Dobbiamo tenere un low profile. Nel gruppo che ora ha preso il potere ci sono persone molto aperte, che vogliono dialogare, ma potrebbe esserci anche qualcuno più incline alla violenza. Bisogna fare attenzione.
(Paolo Rossetti)
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