Una retata da 147 arresti in 30 province. Ed è solo l’ultima di una lunga serie che le autorità turche hanno messo in atto per prendere di mira miliziani dell’Isis o anche di altre formazioni che Ankara considera terroriste, come ad esempio i curdi del PKK. Un giro di vite, insomma, spiega Valeria Giannotta, direttore scientifico dell’Osservatorio Turchia del CeSPI, che non riguarda specificamente l’attentato di Mosca della scorsa settimana. Ma che fa parte di una vera e propria campagna per la sicurezza del Paese, che vuole accreditarsi come il grande mediatore in grado di pacificare l’area mediorientale. Due dei tagiki (turcofoni) che sarebbero responsabili della strage della Crocus City Hall, d’altra parte, sono passati dalla Turchia a inizio anno: ne sono state mostrate le tracce con tanto di video. E tagiki erano anche gli autori dell’attentato durante il quale a fine gennaio una persona era stata uccisa in una chiesa di Istanbul.



La Turchia, insomma, resta un punto di passaggio per i terroristi dell’Isis e la lotta per debellarli deve passare anche da qui. Molti di coloro che transitano sono tagiki o provenienti da aree turcofone, come, appunto, i terroristi di Mosca.

C’è un filo rosso che collega i terroristi autori della strage di Mosca alla Turchia? I controlli che sono stati effettuati in questi giorni sono legati a questo?



Anche se la notizia degli arresti è stata collegata all’attentato di Mosca, le operazioni anti-Isis e antiterrorismo in Turchia si fanno regolarmente. È la linea politica della nuova Turchia di Erdogan. Il Paese è da tempo attivo da questo punto di vista. Contro l’Isis, il Pkk ed esponenti di Fethullah Gulen, ritenuto la mente del tentato colpo di Stato del 2016. Un pericolo che viene considerato sia internamente che esternamente, tanto è vero che sono stati lanciati raid oltre confine per debellare le basi del Pkk ed è stato siglato un importante accordo con l’Iraq, una joint venture contro il terrorismo di matrice curda.



L’Isis è veramente così radicato in Turchia?

La Turchia è una testa di ponte per entrare in determinati territori e in passato si è avvalsa del supporto di gruppi jihadisti, forniva armi all’esercito libero siriano che aveva una connotazione molto religiosa. Il Paese, però, è stato il primo a subire attentati come effetto riflesso della situazione in Siria, di matrice Isis e con attentatori delle ex repubbliche turcofone, da cui provengono anche i terroristi che avrebbero agito a Mosca. L’attentato del 2016 a Capodanno a Istanbul è stato messo in atto da esponenti Isis tagiki, mentre anche i terroristi in azione all’aeroporto della città a giugno dello stesso anno venivano da repubbliche turcofone, che di base sono laiche, ma nelle quali ci sono sacche di fanatismo. Molti hanno colpito in Turchia e hanno trovato riparo qui.

Ma qual è il legame tra l’Isis, la Turchia e l’attentato di Mosca?

Il ministro dell’Interno ha diffuso documenti, compresi dei video, che dimostrano che due attentatori di Mosca sono entrati nel Paese, ma ne sono anche usciti all’inizio dell’anno. Non sono passati da Istanbul per andare a Mosca.

La Turchia per l’Isis è un punto di riferimento, è una base di passaggio?

mento, a piccoli gruppi, non con attività in grande stile. Trovano un contesto ospitale per motivi ideologici, linguistici, religiosi, logistici: da certe repubbliche, ad esempio, possono entrare senza visto. La Turchia non dà riparo consapevolmente ai terroristi, vengono perché si trovano a loro agio per motivi culturali. D’altronde, è stata colpita diverse volte da attentati.

C’è una collaborazione antiterrorismo con i servizi russi?

Non è dato saperlo, in relazione all’attentato di Mosca Ankara però si è difesa allontanando da sé i sospetti attraverso la diffusione di materiale che certifica il semplice passaggio di due dei terroristi individuati dagli investigatori russi. Il ministero degli Esteri turco ha condannato la strage ricordando che la Turchia spesso è esposta agli attacchi di questo genere, un aspetto che è stato fatto notare più volte anche in sede Nato.

Ankara, insomma, non appoggia i terroristi ma rimane uno dei punti di transito degli appartenenti allo Stato islamico?

Fisicamente passano da lì. C’è da dire che anche per contrastare queste frange la Turchia ha operato una stretta migratoria, è molto più difficile avere visti o permessi di soggiorno. La maggior parte delle operazioni antiterrorismo vengono effettuate a Istanbul, perché ormai è una megalopoli di oltre 20 milioni di abitanti e ha un aeroporto che è uno dei più grandi d’Europa, se non del mondo.

Dalle indagini turche è uscito qualche collegamento dei terroristi di Mosca con gli ucraini?

No. Non escludo, invece, che ci siano da parte turca condivisioni di informazioni di intelligence sia con la Russia che con l’Ucraina. Erdogan voleva mediare tra i due Paesi, anche se Zelensky ha respinto l’offerta. I canali con Mosca continuano a essere aperti e si parla ancora di una visita di Putin in Turchia.

Gli attentati Isis in Turchia sono continuati anche negli ultimi anni?

Gli attentatori della chiesa di Istanbul di un paio di mesi fa sono tagiki o comunque provenienti da repubbliche turcofone, anche in quell’occasione si era parlato di loro come affiliati all’Isis.

(Paolo Rossetti)

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