“La situazione è molto grave, molto pesante, anche più di quello che emerge”. Alessandro Cadorin è uno degli operatori della Caritas italiana in Turchia, uno di quelli che si sono attivati per dare una mano alla gente che ha perso la sua casa e con essa persone care.

La vastità e la gravità del sisma hanno fatto mancare tutto, dal cibo alle coperte, e trovare il materiale da inviare nelle zone colpite non è così semplice, tanto meno inviarlo. La macchina della solidarietà, però, si è messa in moto, cercando di superare tutti gli ostacoli che rallentano l’arrivo degli aiuti.



Come stanno procedendo gli aiuti in Turchia per i terremotati?

L’area colpita è nella diocesi di Anatolia, lì abbiamo una sede Caritas a Iskenderun, che è una delle città più colpite. Il direttore della Caritas Anatolia con il suo staff sta distribuendo pasti, cibo, acqua, perché quello relativo all’acqua potabile è un grosso problema. Sostanzialmente stanno accogliendo a giorni alterni intorno alle 75 persone. A volte la sera sono anche di più. C’è una situazione molto difficile perché c’è pochissima elettricità: ieri ad esempio hanno allacciato l’elettricità nella città ma non alla diocesi, non al vicariato.



Quali sono i vostri obiettivi immediati?

Al momento stiamo valutando come intervenire su più larga scala perché non è possibile fare altro rispetto  a quello che stiamo già mettendo in piedi. Vorremmo realizzare una mensa in cui almeno 150 persone ogni giorno possano venire a Iskenderun. Non è possibile fare grosse cose se non tramite la Protezione civile locale e la Mezzaluna rossa.

Ma da aiutare non c’è solo Iskenderun.

L’idea è di mappare anche le altre comunità escluse dal grosso degli aiuti, perché non arrivano ovunque. La Protezione civile in certe zone, in certe comunità non arriva, anche per una questione logistica. Però questo è in prospettiva, perché adesso la priorità è aiutare Iskenderun a strutturarsi e fare arrivare gli aiuti: la logistica è terribile. Nel contempo vogliamo vedere se si riesce a stringere un accordo con un partner autorizzato, perché solo i partner autorizzati dallo Stato possono operare.



Per fare qualcosa bisogna passare dalla Protezione civile e altre istituzioni indicate dallo Stato?

Sì, o altrimenti chiedere l’autorizzazione a una sorta di prefetto della provincia che procede a discrezione. Comunque, ogni forma di aiuto che arriva attraverso camion viene controllata dalla Polizia. Non si può lavorare senza questa autorizzazione, concessa “a sentimento”. Stiamo cercando di organizzare una missione a Iskenderun, io andrò lì, stiamo cercando di capire dove è logisticamente più conveniente perché la città più vicina è Adana, dove arriva l’aereo. Dobbiamo capire che disponibilità c’è nel mercato per comprare localmente le cose e come procedere, sapendo che possiamo fare arrivare solo piccole cose, altrimenti ci vogliono le autorizzazioni o fare un accordo con la Protezione civile.

Per adesso state seguendo questa comunità di sfollati di 75 persone, dove dormono?

In vicariato che è attiguo alla cattedrale crollata. È stata allestita una cucina provvisoria in cui ad esempio ieri sono stati distribuiti 200 pasti, tra zuppe e panini, e in più si è aiutato il capo quartiere ad aiutare altre 25 persone bisognose. Questo è quello che si riesce a fare al momento. Si vuole strutturare e dare maggior forza a questo tipo di attività, ma si sta cercando di capire come fare.

Queste persone fanno parte della comunità cattolica che ha come punto di riferimento la cattedrale?

Solo parzialmente. Sono della zona e alcune di esse gravitano intorno alla Diocesi. La comunità cattolica è un’esigua minoranza. Saranno 120 persone in tutta la zona. L’approccio, comunque, è di aiutare tutti, sempre, in base al bisogno.

Ma il cibo e l’acqua che siete riusciti a portare in zona come sono arrivati?

Sono arrivate delle auto, un camion da Izmir, un furgoncino da Istanbul e poi si sono fatti acquisti sul mercato locale. C’è, tuttavia, un problema di liquidità enorme, perché le banche hanno finito il contante.

Oltre al cibo cosa c’è bisogno di portare? Anche farmaci, coperte o strutture per ospitare le persone, tipo tende?

Stiamo cercando di capire come accogliere. Tante persone si sono spostate dalle zone colpite e stanno andando verso Ankara, verso Istanbul, alcune sono già state accolte dalle strutture della Chiesa a Istanbul. Stimo cercando di vedere come organizzare l’accoglienza degli sfollati. Ci sono problemi su tutti fronti, anche sanitario. Ci sono città che dovrebbero essere completamente distrutte dalle quali è difficile anche solo avere delle informazioni, ad esempio Antakya, che è sotto Iskenderun.

(Paolo Rossetti)

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