Il cardinale Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui (Repubblica Centrafricana) interviene oggi all’incontro inaugurale del Meeting di Rimini per l’amicizia tra i popoli, insieme agli arcivescovi di Mosca, Paolo Pezzi, e di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa. L’incontro si intitola, utilizzando una definizione di papa Francesco, “Artigiani della pace“, e i tre lo sono certamente. Nzapalainga ha dato un apporto gigantesco alla pacificazione del suo Paese, ha ricevuto il papa per l’apertura dell’anno della Misericordia, continua l’amicizia e l’unità con gli altri due leader religiosi, l’imam islamico e il pastore protestante, per diffondere la cultura e l’ethos dell’incontro e della collaborazione. Ha raccontato la sua vita in un libro, La mia lotta per la pace. Centrafrica, un cardinale per il dialogo (Libreria Editrice Vaticana, 2022).



Eminenza, dopo anni di terribile guerra civile, ora sembra che nella Repubblica Centrafricana si sia realizzata una pacificazione. È vero? E quali ne sono stati reali protagonisti?

La pacificazione è un processo, ovvero un orizzonte che deve sempre trovarci in tensione e vigilanti. Se ci sediamo, il diavolo può tornare in campo rapidamente e dividere. Quanto ai protagonisti, sono numerosi. Innanzitutto il buon Dio che ha messo nel cuore dei leader religiosi il desiderio di unirsi e lavorare insieme per la pacificazione del Paese. Leader religiosi che hanno accettato di considerare le loro differenze come un’opportunità e non come un pericolo e una minaccia per l’altro.  Gli uomini e le donne di buona volontà  di pace che hanno sacrificato tutto per la causa della pace. Ciascuno al suo livello, a cominciare dai piccoli, e così pure i grandi hanno portato la loro pietra per l’edificazione della pace.



In questo processo che deve continuare, come Lei ha sottolineato, qual è il compito della Chiesa cattolica?

La pace è sempre da costruire e la Chiesa cattolica deve richiamarne i fondamenti. È Dio la sorgente di ogni pace. Gesù dona questa pace all’umanità. I cristiani diventano così gli artigiani della pace. A essi è affidata la missione profetica di seminare e costruire la pace con la parola e con l’azione. Le altre religioni, e gli atei, possono dare il loro contributo perché lo Spirito Santo soffia.

La Repubblica Centrafricana è considerata uno dei Paesi più ricchi al mondo quanto a risorse minerarie e dei più poveri quanto a reddito medio pro capite. Può coesistere la pace con la povertà e l’ingiustizia?



Dio ci ha creati per la felicità. Povertà e ingiustizia sono connesse alla nostra condizione umana. La povertà sistemica è causa di ingiustizia. Essa crea frustrazione e certo non favorisce l’avvento della pace. Come potrei io essere in pace se il povero continua a bussare alla mia porta? L’ingiustizia poi genera tensioni da cui si originano conflitti. La lotta contro la povertà e l’ingiustizia è implicata nella vocazione di ogni credente. Se vogliamo la pace, dobbiamo cominciare a ripartire le ricchezze in maniera equa. Se i ricchi restano ricchi e i poveri restano sempre poveri, la pace è minacciata.

Che cosa è successo nella comunità cristiana del suo Paese dopo la visita del Papa nel 2015? C’è stato un cammino? E quali sono le priorità dell’azione pastorale?

La comunità cristiana ha fatto molta strada dopo quella visita. Essa invita, frequenta, dialoga e decide insieme alle altre comunità. La visita di Francesco ha gettato le basi di un convivialità. Lo constatiamo in occasione delle feste. Ad esempio, l’imam e il pastore protestante sono stati invitati al pellegrinaggio diocesano di Bangui ed essi hanno preso la parola per presentare la loro comprensione del Sinodo. Una nostra priorità è costruire la fraternità con le altre confessioni, collaborare per la pace nel Paese. Invitare le persone all’apertura agli altri. Rendere la fede cultura. Educare i giovani alla cultura della pace.

Oggi al Meeting Lei parlerà pubblicamente insieme all’arcivescovo di Mosca, Pezzi, e al patriarca latino di Gerusalemme, Pizzaballa. Entrambi si trovano in punti nevralgici per la pace o la guerra. Che valore attribuisce a questo incontro?

L’incontro di Rimini è profetico perché dà la parola a figli di Dio. Ognuno secondo l’ispirazione dello Spirito Santo offrirà  i suoi giudizi, le sue proposte e la sua visione alla comprensione della pace e, spero, al ritorno della pace. Gli uomini di Dio sono degli “eletti”, dei “chiamati” e si lasciano illuminare dalla Parola di Dio. Sarà un bel momento di esercizio dell’ascolto dell’altro nella sua differenza: questo atteggiamento richiede molta umiltà. Ognuno porta la sofferenza e la speranza del suo popolo. Così questi dolori e queste gioie diverranno domani, domenica, intenzioni di preghiera.

Nello scorso mese di maggio lei ha girato l’Italia per presentare in molte città il suo libro La mia lotta per la pace. Ha incontrato tanta gente. Che esperienza è stata per lei? Che idea si è fatto delle urgenze del cristianesimo in Europa?

Il tour in Italia mi ha permesso di toccare con mano l’aspirazione alla pace. Un tesoro che noi tutti dobbiamo accogliere e custodire: la sete della pace che è minacciata. L’urgenza del cristianesimo in Europa è di ritornare al Vangelo per scoprire il volto del Dio di misericordia che ama tutti gli uomini. Osare l’incontro con gli altri che sono diversi e non pregano, non si vestono e non mangiano come noi: questi stranieri ci riveleranno il volto di Dio. Sì, andare decisamente all’incontro. Uscire da sé, dunque. È un rischio, certamente, ma noi abbiamo bisogno di correrlo con Gesù per questo tempo nuovo, allo scopo di costruire insieme un mondo nuovo.

In due parole, può anticiparci quale messaggio indirizzerà al popolo del Meeting?

La pace ha la sorgente in Dio, che l’ha donata all’umanità in Gesù Cristo. Questi chiama ogni cristiano a diventare un artigiano della pace. Auguro a ciascuno di prendere sul serio questa missione e di compierla con gli altri, con la grazia dello Spirito Santo.

(Maurizio Vitali)

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