L’appuntamento con le elezioni regionali e il referendum costituzionale si fa sempre più vicino e mentre a Milano il Presidente Mattarella incontrava il suo omologo tedesco Steinmeier, ieri a Roma il Premier Conte a sorpresa visitava una scuola della periferia, con l’intenzione di cercare di capire quali fossero le criticità dopo la riapertura di lunedì, un appuntamento che era stato visto anche come una sorta di test per il Governo. Si può sostenere che l’abbia passato? «È vero che complessivamente si può dire che le attività nelle scuole siano ripartite, e questo non era un risultato scontato, ma restano delle problematiche ancora pesanti», ci dice Guido Gentili, editorialista del Sole 24 Ore.



Per esempio?

C’è una carenza di insegnanti, di mascherine, nonché di banchi, che contraddice quelle che erano state le dichiarazioni e le indicazioni fornite la scorsa settimana dal Governo. Non bisogna poi dimenticare che ci sono sette regioni dove la riapertura ancora non c’è stata. Mi pare quindi che sia presto per trarre delle conclusioni, anche se le criticità emerse non sono marginali.



Il Governo sembra aver comunque ricevuto degli assist favorevoli da parte di Ursula von der Leyen, che nel suo discorso sullo Stato dell’Unione ha parlato di superamento degli accordi di Dublino e ha annunciato che l’anno prossimo nel nostro Paese si terrà un importante summit internazionale sulla sanità.

Penso che la Commissione europea, grazie anche all’azione di Angela Merkel, stia dimostrando ancora una volta un’attenzione particolare per il nostro Paese. C’è però da dire che la svolta sul nodo migranti è tutta ancora da scrivere, perché dopo aver detto che si vuole superare Dublino resta da capire cosa si intende fare. Certamente vedremo un negoziato non facile tenendo conto delle posizioni dei singoli Paesi membri sul tema. Dal punto di vista politico, essendo questo Governo nato sull’idea di un ritrovato rapporto con l’Europa e di un’opposizione a Salvini, Bruxelles continua a tenere il filo di questo raccordo, prova ne è il fatto che è stato appena chiarito che le risorse del Recovery fund potranno anche essere usate per le manovre fiscali che il Governo intende varare con la Legge di bilancio. Non bisogna però trascurare tutta la parte relativa agli impegni che l’Europa ci chiede.



A che cosa si riferisce?

Se leggiamo le linee guida sul Recovery plan che il Governo ha trasmesso al Parlamento, vi troviamo alcuni temi su cui l’Europa insiste molto, come il fatto di rendere sostenibile il debito pubblico nei prossimi anni. Non dobbiamo poi dimenticare che le risorse che arriveranno saranno vincolate al rispetto delle Raccomandazioni europee. Mi sembra che sia messa in ombra dalla svolta su Dublino e dalla ritrovata attenzione dell’Europa per l’Italia, ma c’è anche quest’altra faccia della medaglia del rapporto tra Roma e Bruxelles di cui ora non percepiamo del tutto le implicazioni.

Si parla di un accordo tra Zingaretti e Conte per mettere al sicuro il Governo da eventuali risultati negativi del voto di domenica e lunedì. Resisterà alla prova dei fatti?

È stata stesa una rete di sicurezza, ma credo che se le elezioni dovessero avere un risultato molto secco a favore del centrodestra non resisterà. Soprattutto nel caso il centrosinistra dovesse perdere la Toscana e M5s complessivamente attestarsi al 10% o persino sotto tale soglia, rendendo così visibile una netta distanza tra i voti del 2018 e il consenso attuale, qualche scossone sarà da mettere in conto. Nonostante il tentativo di spostare l’attenzione sul Recovery fund.

Si riferisce alla dichiarazione di Conte “Se perdiamo la sfida sul Recovery fund mandateci a casa”?

Sì, mi è sembrata un tentativo tattico per cercare di spostare il tiro dal voto, in modo da dire che comunque vada non ci sarà nessuna conseguenza per l’esecutivo e la partita vera si giocherà sui fondi europei. È ovviamente un modo per calciare la palla in avanti e cercare di attutire il possibile colpo che dovesse arrivare dalle urne.

I 5 Stelle, più che sulle regionali, si giocano tanto sul referendum. Si rischia di più una debacle dei pentastellati oppure dei democratici?

Ho l’impressione che rischi di più il Pd, che sarebbe l’attore politico sconfitto se il risultato delle regionali fosse favorevole all’opposizione, specialmente in Toscana e nelle Marche. Inoltre, non potrebbe neanche giovarsi di un’eventuale vittoria del Sì al referendum, visto che diversi suoi esponenti, ultimo Veltroni, si sono schierati per il No. È chiaro che questo avrebbe poi ripercussioni sul Governo.

Vincere in Toscana e nelle Marche e perdere nelle altre quattro regioni salverebbe comunque il Pd oppure dovrebbe quanto meno pareggiare il conto 3-3?

Il 4-2 sarebbe una sconfitta, anche se in qualche modo viene già considerato un risultato plausibile e forse accettabile. Il pareggio sarebbe quindi una sorta di vittoria che metterebbe al sicuro il Governo.

Se il Pd uscisse sconfitto, con tutta probabilità la leadership di Zingaretti verrebbe messa in discussione e si aprirebbe una fase di debolezza per il partito. A quel punto ne potrà trarre vantaggio Conte?

L’aiuto di Zingaretti in questo anno di Governo è stato importante per Conte e a dimostrarlo ci sarebbe anche questo accordo per cercare di mettere l’esecutivo al riparo da rimpasti. Quindi se venisse a mancare la gamba Zingaretti al tavolo della maggioranza, questo sarebbe sicuramente un problema per Conte. Sappiamo che nel Pd ci sono voci dissonanti che sono emerse chiaramente sulla questione del referendum, ma che sono presenti anche per quel che riguarda gli equilibri di Governo, visto che il vicesegretario Orlando ha parlato di “tagliando” necessario. Una richiesta del genere tornerebbe pesantemente in campo in caso di sconfitta del Pd.

Il ritorno al voto anticipato è da escludere?

Dipende dal risultato delle regionali. Nel caso di una sconfitta 5-1 sarebbe difficile dire che non è successo niente. La richiesta di andare al voto si farebbe oggettivamente più pressante. Con un 4-2 dipenderà dallo sviluppo delle cose, cioè dal dibattito sul Mes, sul Recovery fund e su come procederanno la riapertura delle scuole e la gestione del Covid. Se uno di questi temi diventasse caldo, allora il ritorno al voto diventerebbe una prospettiva realistica. Non bisogna poi dimenticare che l’orizzonte di questa maggioranza è arrivare se possibile fino a fine luglio, visto che poi scatterà il semestre bianco, una sorta di deadline che farà salire anche la pressione di chi vuole tornare alle urne. Se sui fronti appena detti la situazione resterà tranquilla, non ci saranno problemi, diversamente diventerebbe più difficile anche per Mattarella contenere la richiesta di elezioni anticipate.

Tra i temi che ha citato c’è quello del Mes. Più che quello “sanitario” rischia di rappresentare un problema quello “storico”, visto che in sede europea si è tornati a parlare della sua riforma…

Credo proprio di sì. Tra l’altro devo dire che mi aspettavo un affievolimento del no al Mes sanitario da parte di M5s, mentre mi sembra che permanga una sostanziale contrarietà a farvi ricorso. Questo è un tema che sarebbe ancora più difficile da sciogliere in una situazione di risultato elettorale regionale negativo per il Pd.

Di fatto sarebbe più difficile per un Pd indebolito portare i 5 Stelle sul sì al Mes.

Esatto, ma sarebbe anche più difficile per il Pd rinunciarvi, visto che ne ha fatto una sorta di bandiera. Non potrebbe, a fronte di un risultato negativo alle elezioni, cambiare idea sul Mes per fare un favore a M5s e cercare di tenere in piedi la maggioranza.

Ci saranno anche pressioni dell’Europa sul Mes?

Certamente. L’Europa sta facendo di tutto in questo senso e anche con una certa abilità diplomatica. La rinnovata attenzione verso l’Italia è un dato saliente che tutti rilevano, ma presuppone anche delle scelte che il Governo dovrà fare e la spinta affinché l’Italia dica sì al Mes continuerà a essere sempre più forte e diventerà sempre più difficile dire di no. Esaltare l’Europa perché vuole cambiare Dublino e sbattere poi la porta in faccia al Mes è piuttosto complicato.

(Lorenzo Torrisi)