Non posso dire che sia stato semplice o che ora lo sia affrontare questi tempi, questi giorni chiedono una grande fatica. Mi sono accorta che non sarà per un’introspezione che mi salverò, cioè un guardarmi dentro, che inevitabilmente da sola mi porterebbe a chiudermi in me, ma più che altro il fatto che la vita mi sta cambiando, che io devo decidere verso dove andare, se incattivirmi, scontrandomi con una tensione negativa verso tutto oppure accettare con un po’ più di pace che il proprio cuore è in tumulto.
A chi rivolgo il mio cuore!? A chi posso affidarlo questo povero e grande cuore? Si intravede una tale intensità in questo tempo come se nulla volesse essere sprecato. Ci fa presagire che c’è Qualcosa di importante a cui è rivolto il nostro cuore. Così mi sono accorta che ho un bisogno estremo di un senso, di un significato travolgente a cui donare tutto di me.
Non mi basta dire mi sono alzata dal letto, ho fatto qualche faccenda, ho parlato con qualche amica, ho preparato il pranzo perché desidero che questi gesti siano colmi di vita, mi provochino, mi facciano sentire viva, che io possa dire io ci sono e sono contenta di esserci, ho bisogno di una letizia per vivere, di un cuore che brami vita, anche quando lascio scorrere il tempo per paura, desidero poter gridare tutto.
Inaspettatamente ho iniziato, ad un certo punto, ad accettare questo tempo, cioè a gridare alla vita di poter star bene, di poter passare una buona giornata, di cercare un senso profondo nelle mie azioni e alle ore che passano. Così mentre scendevo le scale di casa per fare la spesa, un gesto routinario ormai, il mio cuore ha sobbalzato, chiedendomi di lasciar spazio ad una nuova me, cioè mi sono sorpresa a desiderare che il mio cuore sia pieno di nuovi pensieri, di nuovi modi di affrontare quel che mi accade.
Non basta più quel che avevo già imparato, seppur importante, è come se dovessi lasciar spazio ad una nuova misura, ad una nuova intelligenza, che non è mia, ma che occorre lasciar entrare. Mi accorgo che altrimenti in questo periodo avanzano, girano nella mente gli stessi giudizi, intenzioni, propositi su come dovrei essere, cosa dovrei fare e chi dovrei essere, lasciando poco scampo al perdono, cioè lasciando poco spazio a stare “davanti ad un Dono”, come dice Silvio.
Così, con le gambe che tremano, sono persuasa, che forse è giunto un nuovo tempo; anche se pongo resistenza, perché il nuovo spaventa; occorre scoprire un nuovo senso e un nuovo scopo più maturo e più Grande di quello che ho avuto sempre tra le mani.
Con affetto, Elisabetta