OEGSTGEEST (Olanda) – Sono giorni non facili per Mark Rutte e per il suo governo, alle prese con un’impennata record nei contagi da Coronavirus. Due settimane fa un dibattito serrato alla Tweede Kamer (la Camera dei rappresentanti, o Camera bassa) aveva iniziato a mostrare degli scricchiolii all’interno della maggioranza, con molte perplessità sull’efficacia della strategia di prevenzione e lotta alla diffusione del Covid-19 nei Paesi Bassi.



Le perplessità principali riguardavano la pessima qualità della comunicazione da parte del ministero della Salute e del Rivm (Istituto nazionale per la salute pubblica e l’ambiente), e la discutibile strategia sull’acquisizione dei test rapidi per la rilevazione del virus, risultata in un numero non adeguato di test disponibili in relazione alle crescenti richieste da parte del pubblico, con conseguente allungamento dei tempi tecnici per lo svolgimento dei test stessi. Il Parlamento ha quindi chiesto al governo di discutere dell’emergenza Covid con frequenza settimanale. E una settimana dopo, nel dibattito del 30 settembre, è arrivata la parziale inversione di marcia del governo Rutte sull’utilizzo delle mascherine. Attraverso una “raccomandazione urgente” il premier olandese ha chiesto a tutti i cittadini di indossare una mascherina in luoghi chiusi come ristoranti, supermercati e simili. Specificando che si tratta di un suggerimento e, per il momento, non di un ordine.



Una parziale ammissione di responsabilità

Va segnalato come punto importante il fatto che il ministro della Salute, Hugo de Jonge, abbia espresso rammarico per la pessima gestione dell’approvvigionamento dei test rapidi qualche settimana fa. De Jonge ha ammesso che il suo ministero avrebbe dovuto lavorare meglio per poter reagire adeguatamente all’aumento vertiginoso nelle richieste di test da parte dei cittadini. Dopo l’ultimo dibattito anche il premier Rutte si è sentito comunque in dovere di sottolineare che forse l’approccio avrebbe dovuto essere più duro. Tuttavia, ciò che ha evidentemente generato la maggior parte dei problemi a livello di efficacia e trasparenza non sembra sia stato risolto.



Il Rivm e le mascherine

Uno dei maggiori punti deboli della struttura che gestisce l’emergenza è senza dubbio il Rivm, la cui comunicazione è stata spesso confusa se non contraddittoria. Particolarmente scandalosa in tal senso la decisione da parte dell’organismo governativo di modificare le linee guida per l’utilizzo delle mascherine nelle case di riposo dei Paesi Bassi senza che le modifiche stesse fossero in alcun modo rese pubbliche. Mark Rutte ha dovuto riconoscere, durante il dibattito parlamentare del 23 settembre scorso, che la mossa dell’istituto guidato dal controverso Jaap van Dissel “ha causato un disagio che si sarebbe potuto evitare”.

Come conseguenza, Rutte ha assicurato che “in futuro cambiamenti significativi nelle linee guida dovranno necessariamente essere resi pubblici” e che si sarebbe impegnato a discutere con il Rivm sulle modalità di realizzazione di questo obiettivo. Ma la frittata era fatta: per quale motivo, all’improvviso, le mascherine sono diventate obbligatorie nelle case di riposo? E come mai un tale cambiamento è avvenuto in maniera “nascosta”?

Sempre a proposito delle mascherine, non può non generare confusione il fatto che queste siano obbligatorie in alcuni luoghi (mezzi di trasporto pubblici), fortemente consigliate in altri (ristoranti, scuole, musei e simili) e in altri ancora ritenute “non necessarie” (università). Tutto questo non va a favore della comunicazione del Governo e dipende chiaramente dall’influenza del Rivm (e del direttore van Dissel in particolare, che ha più volte affermato come “l’utilizzo delle mascherine non è necessario, né è scientificamente provata la loro efficacia”.

A minare la fiducia nel governo da parte dell’opinione pubblica avevano contribuito in precedenza la coppia reale, immortalata in Grecia durante le vacanze in foto che mostravano il mancato rispetto delle norme di distanziamento sociale; e per lo stesso motivo, ma con conseguenze più gravi per l’immagine delle compagine di Rutte, il ministro della Giustizia Ferdinand Grapperhaus. L’aggravante, nel caso del ministro, stava nel fatto che fosse il responsabile diretto dei provvedimenti contro quanti violassero le norme di distanziamento sociale: immortalato in foto che mostravano baci, abbracci e strette di mano al proprio matrimonio, Grapperhaus ha fatto pubblica ammenda ma non è stato ufficialmente multato. Ha invece scelto di devolvere alla Croce Rossa olandese l’importo equivalente di due multe per violazione delle norme di distanziamento sociale. Il Parlamento ha poi confermato la fiducia al ministro, ma un sondaggio ha dimostrato come quasi la metà degli olandesi ritenesse le dimissioni l’unica via d’uscita accettabile.

Cercare l’unità, limitare la polarizzazione

La sfida per il governo olandese a questo punto sta tutta nel ritrovare unità e limitare la frattura radicale che si è creata nell’opinione pubblica.

L’opinionista Frits Wester del canale RTL Nieuws, commentando il dibattito parlamentare del 23 settembre, aveva già sintetizzato con molta efficacia la realtà che Rutte si trova ad affrontare, giustificando la ricerca di un compromesso che non metta a rischio il sostegno dell’opinione pubblica o della maggioranza parlamentare. Ma ha anche messo il dito nella piaga, rilevando come questa ricerca del compromesso abbia prodotto una strategia poco coraggiosa nella lotta al virus e soprattutto lasciato troppo la comunicazione in mano al Rivm, le cui linee guida sono oggetto di critica continua.

Wester chiede al governo di prendere il controllo della situazione. “Se il premier Rutte è costretto a fare i salti mortali per giustificare le indicazioni inadeguate e contraddittorie del Rivm, non sorprende poi che l’opinione pubblica smetta di capirlo e smarrisca la fiducia in lui”.

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