Le notizie che arrivano dal Medio Oriente, soprattutto quelle relative all’attacco dell’Iran a Israele, e quelle che arrivano dall’Ucraina ancora una volta ci mettono con le spalle al muro e ci interrogano. E cresce sempre di più la paura. E a volte sembra che non basti più neanche la fede per star di fronte a tanto dramma. È possibile capirci qualcosa?



Sulla grande crisi del Medio Oriente, a parte l’ostilità storica tra Israele e Palestina, giornalisti e politici fanno a gara a dire la loro anche sui possibili sviluppi delle ostilità, ma non centrano mai il problema: che c’è un mondo ormai stufo dell’Occidente. Lo diceva già Aleksandr Solženicyn nel 1978: “La Società occidentale si espandeva come trionfo dell’indipendenza dell’uomo e del suo potere. Ma all’improvviso il ventesimo secolo ha dimostrato con chiarezza la fragilità della società. Abbiamo visto che le conquiste sono state effimere e precarie, e questo, a sua volta, ha dimostrato i difetti della visione del mondo occidentale che ha generato queste conquiste… Il mondo occidentale ha perso il suo coraggio civile, sia nel suo insieme che separatamente, in ogni Paese, in ogni governo, in ogni partito politico e, naturalmente, nell’ambito delle Nazioni Unite. Il declino del coraggio è particolarmente evidente tra le élites intellettuali, generando l’impressione di una perdita di coraggio dell’intera società” (Discorso all’Università di Harvard, 1978).



Solženicyn aveva ragione e lo dimostra l’indifferenza, l’impotenza e l’ininfluenza dell’Occidente di fronte ai drammi della guerra in Ucraina e in Medio Oriente e di fronte alla sfida terribile del mondo islamico. Come se non bastasse è arrivata anche la notizia che il Parlamento europeo intende decretare come diritto il ricorso all’interruzione della gravidanza. Insomma, governi che indicano come ideale la morte invece che la vita e la speranza. Questo significa che, davanti a un mondo che sta cambiando così velocemente e che sta già cambiando perfino la geografia e la geopolitica, l’Europa cristiana, in profondissima crisi di identità, non sa più dare risposte. L’Europa non capisce che aver concentrato tutta la vita nel benessere e nella tecnologia la sta portando solo al suicidio.



Chi si salva da questo inevitabile suicidio è solo chi è in grado di intercettare il malessere di un mondo ormai stanco dell’opulenza occidentale e sa rispondere con la presenza e la misericordia. Primo fra tutti Papa Francesco. Con lui la Chiesa sembra l’unica in grado di stare a testa alta davanti alle sfide terribili di questo inizio millennio. Ma non solo. Mi sono rimaste impresse le immagini di un paese dell’Ucraina dove, al passaggio di un’auto che portava al sicuro dalle bombe il Santissimo Sacramento, la gente si inginocchiava e pregava. La stessa cosa si può dire dell’unica parrocchia cattolica di Gaza dove la gente, sotto le bombe e con scarsità di cibo, continua ad aver fede per quella speranza che è Cristo presente.

Gli uomini, al di là di tutto, di una sola cosa hanno bisogno: di presenze amorevoli. Come il malato in ospedale: l’unica cosa che cerca è qualcuno che si avvicini al suo letto e sappia spendere il tempo per stringergli la mano e stare con lui. La Pasqua trascorsa è avvenuta proprio per questo.

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