\La crisi ucraina si è evoluta negli ultimissimi giorni in un modo che era prevedibile: sono ripresi gli scontri nella regione del Donbass, dove sin dal 2014 due repubbliche auto-nominatesi indipendenti reclamano il loro legame con la Russia, perché in maggioranza russofone. Quanto ci sia di autentico in questa presenza etnica è però tutto da verificare, come ci ha spiegato in questa intervista la professoressa Lyudmila Filipovichdottore in filosofia, vicepresidente dell’Associazione ucraina di studi religiosi, professore del seminario teologico della Chiesa greco-cattolica ucraina: “I censimenti tenuti nel Donbass, a uno dei quali partecipai anch’io ancora ai tempi dell’Unione Sovietica, sono fatti in modo poco verificabile, si tratta di autocertificazioni che non tengono in conto, ad esempio, che genitori di origine russa hanno oggi figli nati nell’Ucraina indipendente. Sono presenti, poi, anche minoranze islamiche o ebraiche”.



L’Ucraina, ci ha detto ancora, è un paese  giovane, con molti problemi “dovuti alla lunga dominazione sovietica, che impose una russificazione spietata: chi parlava in lingua madre ucraina, ad esempio, veniva mandato in Siberia. Oggi Putin, frustrato dal crollo dell’impero sovietico, sta cercando di ricostituire l’Urss, e per fare questo ha bisogno dell’Ucraina, la più potente delle ex repubbliche sovietiche”.



Come vive la popolazione di Kiev queste ore dall’inizio dei bombardamenti nel Donbass? Ci sono paura e preoccupazione?

In generale, i cittadini vivono secondo il solito ritmo: lavorano, studiano, celebrano l’anniversario del Maidan, fanno di tutto per garantire la loro normale esistenza. Ma allo stesso tempo in molti pensano, ascoltano, guardano, leggono varie informazioni sullo stato delle cose. La stragrande maggioranza dei kiiviti è interessata alla domanda: quando la Russia accetterà l’esistenza di uno Stato indipendente dell’Ucraina? Quando i russi ci lasceranno in pace? Quando affronteranno i loro problemi, non i nostri?



È in atto la mobilitazione militare generale? Cosa dice il governo?

Non esiste un decreto del presidente dell’Ucraina sulla mobilitazione militare generale. Ma si stanno creando unità di difesa territoriali. Al momento è ancora qualcosa di limitato, perché un’operazione del genere richiede tempo e risorse. Ma l’umore del popolo ucraino è piuttosto deciso. Tutti sanno che 40 milioni di abitanti non riusciranno a sfuggire a quello che potrebbe accadere. L’Ucraina è la nostra terra, l’unico posto dove gli ucraini sono di casa, quindi dobbiamo proteggere  la nostra terra.

Si è parlato molto di guerra inevitabile, ma in realtà il conflitto nel Donbass va avanti dal 2014, con oltre 20mila morti. Come mai in tutti questi anni non si è riusciti a trovare una soluzione diplomatica, un accordo in grado di soddisfare tutte le parti?

La guerra nel Donbass ha diverse cause: interne ed esterne. La prima è l’eterogeneità (sociale, politica, nazionale, mentale, culturale) della società ucraina, la mancanza di unità civica, la presenza nella popolazione di diversi orientamenti di civiltà e geopolitici. Una parte della popolazione si riconosce nell’Europa, nel valore della democrazia e della libertà; l’altra guarda alla Russia, alla mano forte, al culto di Stalin-Lenin, vuole un ordine totalitario, perché sono persone cresciute ed educate nel crogiolo dell’Urss, dell’internazionalismo comunista. Scontri tra gruppi così diversi sono inevitabili, come lo sono stati per tutti questi 30 anni di indipendenza dello Stato, ma sempre in forme relativamente pacifiche. Gli omicidi di politici, come Viacheslav Chornovil, di giornalisti indipendenti (Georgij Ruslanovyč Gongadze), persecuzioni politiche, battaglie parlamentari, la strage di Piazza Majdan e così via sono stati tutti processi di autodeterminazione degli ucraini come nazione giovane e quindi in grado di commettere errori. Tattici, ma non strategici.

E il secondo elemento, quello esterno?

È la presenza vicina di una Russia avida, che ha sempre accresciuto il proprio territorio annettendo terre straniere. Nata come piccolo principato di Mosca nel XV secolo, più piccolo della moderna regione di Mosca, la Russia è diventata, grazie alla crescente colonizzazione, un paese vasto come un sesto dell’intero pianeta.

Colonizzazione che incluse anche l’Ucraina?

Sì. Con il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, la Russia è entrata in una fase, si può dire così, di isteria, durante la quale ha perso l’influenza su 14 repubbliche ex sovietiche, delle quali l’Ucraina è la più potente. Putin ha in mente un piano preciso, ripristinare la vecchia Urss, e per fare questo l’Ucraina è indispensabile.

Non a caso molti presidenti e oligarchi ucraini sono stati decisamente filo-russi, è così?

Esatto. Putin vuole imporre agli ucraini il tenore di vita e il governo russo, sostenendo presidenti e politici filo-russi, come Yanukovich o Muraev, scommettendo su uomini d’affari russi (Novinsky, Medvedchuk) che sostengono la Chiesa ortodossa in Ucraina, guidata dal metropolita Onufriy.

Tutto questo porta a una destabilizzazione  interna?

L’Ucraina sta cercando di avvicinarsi al modello democratico che l’Europa occidentale raggiunse già nel XIX secolo. Purtroppo, le attuali tendenze globali indicano una riduzione della democrazia nel mondo e un aumento dei regimi autocratici e totalitari. Ecco perché è così difficile per l’Ucraina.

La Russia si è annessa la Crimea dopo un referendum popolare vinto in modo schiacciante, grazie al voto della popolazione russofona. In effetti, la Crimea fu donata all’Ucraina ai tempi di Stalin. Ma nel Donbass, qual è la vera percentuale di popolazione russofona? Mosca sostiene che sia la grande maggioranza e in questi giorni vediamo decine di migliaia di persone fuggire in Russia. Le richieste di indipendenza sono giustificate o è tutta propaganda di Mosca?

Dopo il censimento del 2001 risultavano presenti in Ucraina il 17,3% di russi, e in effetti nelle regioni di Donetsk e Luhansk rappresentavano circa il 40% della popolazione. Ma fu un voto ottenuto con l’autodeterminazione delle proprie origini, che non è del tutto affidabile. Ho partecipato personalmente al censimento del 1989, ai tempi dell’Urss, e mi sono imbattuta nei seguenti casi: madre e padre russi con un figlio ucraino; una madre moldava, un padre ebreo, un bambino sciita eccetera. Pertanto, non sono convinta che le cifre ufficiali siano corrette. Viaggiando ripetutamente attraverso le regioni orientali dell’Ucraina, sono rimasta sorpresa dal fatto che nei villaggi, nei centri distrettuali, la gente parli ucraino. Solo nelle grandi città industriali la gente era russofona, dove la lingua russa, con la multietnicità di queste città, era la lingua della comunicazione interetnica. Durante i 30 anni dell’indipendenza dell’Ucraina non si è riusciti a ucrainizzare pacificamente l’Ucraina orientale e la Crimea, poiché l’Ucraina ha lanciato le sue forze principali nella derussificazione, il sistema applicato dall’Urss per cancellare ogni identità ucraina. Molte persone sono state incarcerate in Siberia solo perché parlavano nella loro lingua madre, l’ucraino. Mio padre era di etnia ucraina, ma ha dovuto studiare in russo quando frequentava l’università. (1 – continua)

(Paolo Vites)

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