“Non ho fatto il servizio militare, ma so usare un’arma. Non so se sarò capace di sparare a un altro uomo, ma se sarò costretto a difendere la mia famiglia, allora lo farò”. Sembra impossibile nel 2022 parlare con una persona in questi termini, qui in Europa. Ma questa è la situazione in cui Putin ha messo gli uomini: un popolo contro un altro. Lubomyr è uno delle migliaia di cittadini della capitale ucraina fuggiti per cercare sicurezza, all’indomani dell’attacco russo: “Fino alla sera prima eravamo ancora convinti che la Russia non ci avrebbe invaso, che non avrebbe cercato di conquistare Kiev, di bombardarla. Ci siamo svegliati increduli, scioccati” ci ha detto nel corso di questa intervista. “Tanti russi sono contro la guerra e li ringraziamo per questo, ma adesso siamo una nazione sotto il loro attacco, e non possiamo che considerarli nemici, anche da uccidere”.
Tu vivevi a Kiev prima dell’attacco? Dove ti trovi adesso?
Sì, vivevo a Kiev fino allo scorso 24 febbraio, il giorno dell’invasione, poi con la famiglia siamo fuggiti in un villaggio poco distante, un posto più tranquillo.
Kiev adesso è circondata, impossibile fuggire. Colonne di carri armati russi si stanno dirigendo verso la capitale. Avete molta paura?
Ho visto le immagini della colonna russa, fa davvero paura. Kiev è impossibile da raggiungere. Dove ci troviamo noi l’esercito ucraino ha fatto saltare il ponte sul fiume Dnepr e così siamo tagliati fuori, lo hanno fatto per impedire ai russi di attraversarlo.
Da dove siete, sentite i bombardamenti su Kiev?
Sì, cerchiamo di dormire, ma i missili e le bombe si sentono anche da qui, continuamente.
La popolazione civile di Kiev è pronta a combattere con l’esercito?
A Kiev un gran numero di civili, circa 30mila ragazzi, si sono arruolati in questi gruppi paramilitari. Mio fratello si è iscritto, ma le autorità non hanno più kalashnikov da distribuire ai civili. Tantissime persone sono comunque pronte a combattere.
E tu?
Anch’io, anche se adesso mi limito a dare informazioni agli occidentali. Se i russi arrivano qui, cercherò anch’io a fare qualcosa. Adesso mi occupo della mia famiglia, ho una nonna di 93 anni a cui pensare, ma lo spirito è quello di combattere.
Prima dell’invasione del 24 febbraio pensavate che la Russia avrebbe davvero attaccato l’Ucraina?
La domanda va posta diversamente. La guerra è in corso da otto anni, la Russia ha già invaso l’Ucraina da anni. Certo, pensare a Kiev sotto attacco è una cosa diversa. La sera prima parlavo con un’amica, era nell’aria l’attacco, però sembrava poco probabile. Ero abbastanza sicuro che sarebbe successo qualcosa, ma non un attacco a Kiev, ci sembrava improbabile. Poi quando la mattina dopo sono cominciati i bombardamenti, sono rimasto sorpreso e scioccato.
Tutto il mondo è rimasto sorpreso. Pensi che l’Occidente in questi otto anni di guerra non vi abbia sostenuti, se non abbandonati?
Un po’ sì, non completamente, ma ritengo che l’Occidente non ci abbia preso sul serio.
In che senso?
Noi ripetevamo in continuazione che c’era una guerra in corso e che i russi erano già qui. I russi dicevano che era una cosa fra ucraini e che loro non c’entravano. Secondo me, Europa e Stati Uniti non hanno preso sul serio quello che stava succedendo. Adesso state facendo qualcosa, ma è un po’ tardi. Grazie a Dio che fate qualcosa, che tutto l’Occidente si sia unito, però se tutto questo fosse stato fatto prima, oggi non saremmo in queste condizioni.
Come passate le notti, nei rifugi?
Sì, ci nascondiamo negli scantinati.
Cibo e acqua ne avete?
Per adesso sì, abbiamo però paura che senza elettricità mancherà anche l’acqua. Stamattina sono andato al supermercato, ci hanno detto che, essendo il ponte distrutto, siamo isolati e che non sanno se e quando ci saranno nuovi rifornimenti di cibo.
Dove siete voi ci sono soldati ucraini?
Qui no, ma se si esce fuori ci sono posti di blocco.
È tranquillo?
Sì, anche se sentiamo le esplosioni, senza sapere dove esattamente. Vediamo i jet militari e gli elicotteri passare sopra di noi. Alcuni giorni fa, alla sera, dalla mia finestra ho visto una casa bruciare. Non è del tutto tranquillo.
Dopo i colloqui tra russi e ucraini c’è speranza di un cessate il fuoco?
La speranza c’è sempre, è l’unica cosa che abbiamo, ma dopo questi colloqui non siamo convinti si riesca a trovare un accordo. Con i russi è sempre un problema, dicono un sacco di cose che poi non mantengono mai. La speranza più grande è nel nostro esercito, che possa vincere la guerra.
Che sentimento provate nei confronti dei russi? Gli stessi soldati russi non sanno perché si trovano qui.
Essendoci una guerra, ovviamente, li consideriamo dei nemici. Capisco che non tutti i russi vogliano la guerra, ma ce ne sono altri che la vogliono, sono vittime della propaganda. Ma anche se non vogliono la guerra devono fare qualcosa, questa è la differenza tra ucraini e russi: noi abbiamo fatto la rivoluzione, abbiamo cacciato i governi degli oligarchi filo-russi. Il popolo russo invece non fa nulla per mandare via Putin. Non basta dire “non vogliamo la guerra”.
In realtà, in questi giorni, sono state arrestate almeno 6mila persone che sono scese in piazza per manifestare contro la guerra in Russia.
Personalmente sono grato a quelli che protestano, non li considero come nemici, ma quando vivi in un paese attaccato da un’altra nazione è difficile non sentire i russi come nemici.
Sei pronto a combattere?
Non ho fatto il servizio militare, ma quando facevo l’università seguivo dei corsi all’istituto militare. Sono capace di sparare, anche se non sono preparato a fare la guerra. Il problema maggiore è pensare di uccidere: non so cosa farò, se mi troverò davanti un soldato russo, non mi ci sono ancora trovato e spero non mi debba accadere. Ma se devo difendere la mia famiglia, allora sparerò per uccidere.
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