Due giorni che fanno la differenza. Giornalista della televisione di stato ucraina, Maria Sachuk è venuta via dal suo paese due giorni prima del 24 febbraio, inizio dell’attacco russo. Grazie al suo lavoro era a conoscenza della probabilità che potesse accadere nel giro di poche ore, nonostante sembrasse che l’esercito russo, da mesi ufficialmente occupato in manovre ai confini con l’Ucraina, stesse ripiegando.
“Ero certa della resistenza che il mio popolo sta opponendo ai russi, tutti erano pronti a prestare servizio nell’esercito, ci sono diversi miei colleghi giornalisti che stanno combattendo al fronte. Adesso Putin ha forse capito l’errore che ha commesso e deve accettarne le conseguenze”. Purtroppo questo patriottismo rischia di essere pagato caro: “Anche se il presidente Zelensky deciderà di arrivare a delle concessioni, a dei compromessi per ottenere la fine della guerra, il popolo ucraino non li accetterà mai, combatterà fino alla fine per conseguire il ritorno ai confini violati dalla Russia nel 2014”.
Come mai sei venuta via dall’Ucraina prima che cominciasse l’invasione? Avevi capito che sarebbe stata inevitabile?
Lavorando alla televisione di Stato seguivo questa situazione dalla fine di novembre, quando le truppe russe si erano ammassate al confine. Ero molto informata, capivo che sarebbe peggiorato tutto, la tensione era alta, si intuiva che la guerra ormai sarebbe stata inevitabile. Era chiaro che Putin non avrebbe mai voluto trattare, nonostante tutti i leader occidentali lo chiedessero.
La tua famiglia, i tuoi genitori, sono ancora in Ucraina?
Sono vicini a Kyiv, a una quarantina di chilometri dalla capitale. Per ora dove sono non ci sono stati combattimenti, però lì vicino c’è un aeroporto militare che è stato bombardato spesso.
Sembra che l’esercito russo che circonda Kyiv si stia ritirando. Hai notizie in proposito?
Può essere una manovra militare, raggrupparsi per attaccare. Per i russi Kyiv è l’obiettivo principale, anche dal punto di vista simbolico. Kyiv nei secoli scorsi era la capitale di quella che sarebbe diventata la Russia, di quei popoli slavi che Putin pretende siano un popolo unico. Kyiv per lui è importante anche dal punto di vista storico. È una tranquillità relativa quella che si vive in questo momento.
È difficile però entrare nella città con l’esercito, i militari e i volontari ucraini hanno messo in piedi una difesa agguerrita. È così?
Sì, anche questo è vero. Non so però dire che tattica useranno i russi.
Ti aspettavi una così tenace resistenza del tuo popolo quando è iniziata la guerra?
Sì, molta gente era pronta a entrare nell’esercito o nelle forze territoriali. Sin da prima dell’invasione lo spirito patriottico era fortissimo, così come il desiderio di difendere il proprio Paese. Miei colleghi giornalisti, ad esempio, sono al fronte a combattere.
Cosa pensi della politica di Zelensky? Credi che dovrebbe accettare un compromesso per porre fine alla guerra, rinunciando a qualcosa, ad esempio la Crimea e il Donbass?
No, non può farlo, anche volendolo, perché il popolo ucraino non vuole, anzi, si batte per ristabilire i confini esistenti prima del 2014. Anche se Zelensky volesse fare un compromesso, la gente ormai vuole lottare fino alla fine. Adesso Putin, che ha voluto questa guerra, deve subirne le conseguenze.
Non credi sia possibile alcun tipo di accordo? E Putin potrebbe rinunciare a qualcosa?
Putin non cederà mai, neanche lui. È dal 2014, quando le rivolte costrinsero alla fuga dall’Ucraina il presidente filo-russo Yanukovich, che Putin cerca di prendere il controllo dell’Ucraina. Non avendo più un suo fantoccio al governo, ha cercato di far prendere il potere a un suo alleato: era strettamente legato a un oligarca ucraino a cui dava finanziamenti e risorse, ma non c’è riuscito perché in pochi lo sostenevano.
Sei mai stata nel Donbass?
Sì, quando facevo l’interprete aiutavo coppie italiane che volevano adottare bambini orfani.
È vero, come dice Putin, che nel Donbass la maggioranza della popolazione è russa, o comunque di origine russa, e che vuole staccarsi dall’Ucraina?
No, è una bugia. C’è una minoranza molto legata alla Russia, ma la maggior parte di chi vive in campagna è ucraina. Nelle città circa la metà della gente è filo-russa, ma non è certo la maggioranza. Putin si inventa le cose, è solo propaganda che utilizza per i suoi scopi politici.
Cosa pensi del patriarca di Mosca Kirill, un uomo di chiesa che sostiene la guerra?
È sempre stato politicizzato, la Chiesa non dovrebbe fare politica. È sempre stato accanto a Putin, fa più il politico che il religioso, e deve essere trattato così, come un politico. Una persona che ha fede non può parlare di guerra santa, non può dire che sia giusto bombardare e uccidere i bambini o colpire gli ospedali. Non c’è nessun motivo per fare queste cose.
Il sogno di Kirill e Putin è ricostruire l’antica potenza imperialista russa?
Putin ha nostalgia dell’Unione Sovietica, vuole ristabilire il controllo che aveva sui paesi che facevano parte del Patto di Varsavia.
Pensi che l’Occidente stia facendo abbastanza per aiutarvi?
La cosa più importante è la no fly zone. L’Occidente ha paura che proprio a causa di essa possa scoppiare la terza guerra mondiale, ma senza avremo altre città rase al suolo come Mariupol.
(Paolo Vites)
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