Sono state rese note oggi le motivazioni della sentenza con la quale la Corte d’Appello di Bologna lo scorso maggio ha assolto (nuovamente) l’ex infermiera Daniela Poggiali perchè “il fatto non sussiste”. La donna oggi 46enne, fu accusata della morte di un’anziana paziente 78enne, Rosa Calderoni, morta nell’Ospedale di Lugo (Ravenna) a poche ore dal suo ricovero in seguito ad una iniezione di potassio che le fu praticata l’8 aprile 2014. Ora per, i giudici scrivono nelle loro motivazioni della sentenza di assoluzione che la paziente non morì per avvelenamento da potassio (né acuto né subletale) in quanto il tubicino della flebo contenente potassio non era suo. E soprattutto, si legge nelle motivazioni, sarebbero state le modalità di raccolta dei reperti da parte del personale ospedaliero quando già l’infermiera era stata individuata come “possibile autore del reato” ad aver “disatteso ogni garanzia prevista” dal codice di procedura penale arrecando “alle indagini un vulnus di correttezza e di genuinità”. Gli stessi giudici dell’Appello, come riferisce Corriere.it, hanno anche già inviato gli atti alla Procura al fine di vagliare eventuali reati di calunnia e simulazione di reato da parte di alcune persone. In sostanza, nella sentenza di fa esplicito riferimento a una “necessaria dolosità della costruzione – manomissione del deflussore-ago cannula” attribuiti alla vittima, cioè una delle principali prove che potrebbe così essere stata manomessa.
DANIELA POGGIALI, INFERMIERA ASSOLTA: LE MOTIVAZIONI
Il percorso giudiziale dell’ex infermiera Daniela Poggiali iniziò nel 2016 quando, nel marzo, arrivò la condanna all’ergastolo per la morte in corsia. Nel luglio dell’anno seguente però, la sentenza di primo grado fu ribaltata in Appello con la sua assoluzione e scarcerazione. Lo scorso luglio, la Cassazione annullò l’assoluzione rimandando a un Appello-bis, anche questo però conclusosi con l’assoluzione della donna. Sono 35 in tutto le pagine che compongono le motivazioni, nelle quali il giudice ha escluso che la Poggiali possa aver manipolato l’ultima analisi compiuta sul sangue della paziente (che mostrava valori di potassio nella norma) scambiando i campioni. Una ipotesi che anzi è stata definita senza mezzi termini “inverosimile”. Si legge ancora nelle motivazioni che “eventuali carenze probatorie” non “possono essere colmate con riferimenti a dati generali e generici” come “dati statistici”. Il riferimento è all’alto numero di morti durante i turni dell’ex infermiera. Né alla “callida-spregiudicata personalità dell’imputata”, come fu definita la donna da magistrati e testimoni.