Cesare Bocci parla a Domenica In del suo amore con Daniela Spada e di come il suo ruolo ne “Il Commissario Montalbano” – dove interpreta il latin lover Mimì Augello – abbia influito sulla sua vita sentimentale: “Lei gelosa? Chi non lo sarebbe […] mi piace piacere”, spiega l’attore. Sul suo ruolo più importante, invece, quello da compagno della sua amata dolce metà, rivela: “è una domanda che bisognerebbe fare a Daniela, ma sono una persona che tende a far star bene chi mi sta vicino, ho le giuste attenzioni per la mia compagna”. E sulle nozze, non ancora celebrate, aggiunge: “Il nostro ‘non matrimonio’ è una scelta, siamo andati avanti così, poi pensare di mettersi davanti a un documento e altre cose è importante, ma non l’abbiamo mai sentita come esigenza. L’esigenza – ha aggiunto Bocci – è stare insieme costruire qualcosa, oggi abbiamo una figlia che ha 19 anni”. Daniela Spada, qualche anno fa, è andata in coma dopo un ictus; in quel periodo Cesare Bocci si è dovuto rimboccare le maniche e prendersi cura della loro bambina: “In quei mesi lì, i primi momenti erano una cosa che non sai che cosa sia, è come se uno non sa nuotare e lo buttano in mezzo al mare, cosa fai? Se vuoi vivere devi muoverti, ti stanchi, veramente tanto, però alla fine ce la fai ad arrivare sulla spiaggia”. (Agg. di Fabiola Iuliano)



“Ero sicuro che si sarebbe ripresa”

Sono passati 18 anni da quel 1° aprile che – ironia della sorte – avrebbe potuto dividerli per sempre. Oggi, Daniela Spada, moglie di Cesare Bocci, e il marito sono più uniti che mai. Il brutto scherzo giocato dal destino fu l’ictus post parto che colpì Daniela proprio dopo la nascita di Mia. Lei aveva 36 anni: “Dany rimase in coma per venti giorni”, ricorda Cesare, “poi due mesi in neurologia, infine in una clinica di riabilitazione: all’inizio non riusciva neanche ad alzarsi. Ma, a dispetto di ciò che dicevano i medici, io ero sicuro che si sarebbe ripresa: so che è una combattente”. Scrivere il libro (Pesce d’aprile – Lo scherzo del destino che ci ha reso più forti) è stato terapeutico: “Uscita dal coma non ricordavo nulla, ero in uno stato totale d’incoscienza“, raccontano a Korazym.org. “A Cesare domandavo: ‘Ma come si sveglia la gamba? È addormentata, perché?’. Non capivo. Ma è stata una fortuna, perché non rendendomi conto della situazione cercavo di reagire. Molte cose le ho scoperte quando lui le ha scritte per il libro. Come la parte iniziale, quando al pronto soccorso pensavano che fossi solo agitata”.

Daniela Spada e la figlia Mia

L’idea di mettere per iscritto la loro storia non è stata di Daniela Spada. Fu una editor di Sperling & Kupfer a proporglielo, dopo aver letto la loro intervista per Vanity Fair. “Ci siamo detti: ‘Se la nostra esperienza dovesse far bene anche a una sola persona, abbiamo vinto’. Alla fine, ha fatto bene anche a noi due”. Più difficile, per Daniela, è stato recuperare il rapporto con la figlia: “Io non c’ero e non sapevo neanche di essere mamma. Quando Cesare mi ha portato la prima foto della bambina, in ospedale, io l’ho guardata e ho detto: ‘Bella, ma chi è?’… Nelle mie condizioni non potevo prendere mia figlia in braccio, cambiarla, consolarla, darle il latte”. Insomma: “All’inizio è stato brutto, ma poi ci ha dato l’opportunità di conoscere cose meravigliose, perché ci ha fatto piangere ed al contempo ridere; ci ha formato come famiglia e perciò lo abbiamo accettato. E siamo andati avanti”.

Cesare Bocci e la malattia della moglie Daniela Spada

Ripercorrere due (anzi, tre) vite non è stato affatto facile. Daniela Spada e Cesare Bocci non fanno fatica ad ammetterlo: “Quando abbiamo cominciato a scrivere ci siamo resi conto che dopo molti anni alcuni ricordi erano un po’ sbiaditi, perciò abbiamo parlato con le persone che avevano vissuto quei momenti con noi per schiarirci le idee. Parlando con mia sorella, ho scoperto che nei primi tempi io rifiutavo qualsiasi contatto che non fosse più che formale con mia figlia. Forse avevo paura di portar via qualcosa a Daniela che stava male, forse non mi sentivo capace di fare il padre da solo, non saprei, ma so che quando mia sorella me l’ha detto è stata una grande botta e che ammetterlo nel libro è stato molto duro”.