Il magistrato Daniele Paci ha dato un grosso contributo alla risoluzione del caso della banda della Uno Bianca, un fatto storico di cronaca italiana, che ha tenuto banco tra le pagine dei giornali tra gli anni Ottanta e Novanta, oltre ad essere il tema del documentario che andrà in onda stasera su Rai Due: “La vera storia della Uno Bianca”. La banda di 6 persone, che poi si è rivelata essere composta da agenti di polizia (tranne uno) ha compiuto una serie di rapine a mano armata in Emilia Romagna, disseminando sangue e terrore. Solo dopo 7 anni di indagini si è capito che i criminali anticipavano le mosse e che quindi potevano appartenere alle forze armate.



Daniele Paci è riuscito ad introdurre fattori di grandi novità all’interno delle indagini, rispetto al suo predecessore, elementi davvero vincenti che hanno fatto ottenere velocemente progressi decisivi. Entrato in magistratura nel maggio del 1991 chiese al Procuratore della Repubblica di avere il fascicolo processuale, affidato fino a quel momento ad un collega, andato in pensione il 31 dicembre del 1993. Il giudice Paci se lo portò a casa ed iniziò a studiarlo: “Intanto in tutte le indagini bisogna fare fatica, ma bisogna anche avere fortuna. La mossa più intelligente che secondo me abbiamo fatto è stata quella di costituire un pool interforze composto da polizia e carabinieri che si occupava soltanto di questo fenomeno. Questa secondo me è stata l’idea giusta.” Ha rivelato recentemente a Pandora Rivista.



Il ruolo di Eva Mikula

Insieme agli agenti Luciano Baglioni e Pietro Costanza, il giudice Daniele Paci mise fine al terrore che in quegli anni imperversava tra i cittadini del Nord Italia, a causa degli atti violenti e criminali della banda della Uno Bianca. Come lo stesso giudice ha fatto sapere nell’intervista rilasciata a Pandora Rivista, lo scopo della banda della Uno Bianca era quello di fare tanti soldi, ma non sono mancati degli atti criminali che si sono rivelati lontani da questo scopo. “Basti pensare all’attacco al campo nomadi di via Gobetti a Bologna del 23 dicembre 1990 o all’omicidio dei due operai senegalesi a San Mauro a Mare del 18 agosto 1991. Questi erano sicuramente tutti episodi di stampo razzista. Se loro avessero potuto scegliere se sparare a una persona di carnagione bianca o a una di carnagione nera, avrebbero preferito farlo nei confronti della seconda.” Ha sottolineato Paci che poi ha ribadito l’importanza nelle indagini di Eva Mikula, l’ex compagna di Fabio Savi.



“Io la interrogai subito e lei immediatamente ci aprì la strada al fatto che i fratelli Savi non solo erano quelli della Uno bianca ma erano anche quelli della “banda delle Coop” e quelli che avevano commesso le rapine ai caselli. Inoltre ci disse che il terzo componente della banda dei fratelli Savi era il fratello Alberto detto Luca. Quindi, Eva Mikula inizialmente ha dato un contributo molto importante per sgretolare quel sistema di omertà che c’era intorno ai fratelli Savi.” ha raccontato il giudice.