Latitante all’estero e ricercato dopo che è stato spiccato un mandato di arresto europeo nel settembre scorso, Danilo Coppola è pronto a raccontare la sua verità. Lo fa a Le Iene, ripercorrendo la sua vicenda umana, imprenditoriale e giudiziaria, spiegando i motivi della sua fuga all’estero. Noto per il suo coinvolgimento mediatico e giudiziario nella vicenda dei “furbetti del quartierino“, l’immobiliarista anziché scontare la condanna a 6 anni e due mesi di carcere, in via definitiva, per bancarotta, nell’ambito dell’operazione immobiliare di Porta Vittoria, a Milano, è scappato all’estero.



«Per far conoscere la mia vicenda secondo lei è meglio che vada in carcere?», replica ad Antonino Monteleone quando questi gli chiede perché non si sia consegnato alle autorità. «Tornerò quando uscirà la verità sulla mia vicenda: nei miei confronti c’è un accanimento, una serie di doli che sono stati portati avanti perché Coppola è uno stron*o. Va fermato. Ha osato andare contro il sistema», aggiunge Danilo Coppola ai microfoni dell’inviato della trasmissione di Italia 1.



“MAGISTRATURA HA FATTO UN DISASTRO”

Questo presunto accanimento avrebbe radici lontane: secondo Danilo Coppola risale proprio alla vicenda delle “scalate” ad alcuni asset centrali per il sistema finanziario ed editoriale italiano, tentate tra il 2005 e 2006. «Io ero un outsider, uno che non faceva salotto. Con i soldi propri uno ci fa il ca**o che vuole. Se io voglio comprare Mediobanca non è che devo andare a bussare alla porta a chiedere il permesso», prosegue l’immobiliarista a Le Iene. Peraltro, si accosta ai partigiani quando si parla della sua reputazione. «Noi volevamo che il Paese non si privasse di alcune istituzioni importanti. Anche i partigiani all’inizio erano considerati dei delinquenti e poi sono diventati dei patrioti». Quando poi l’inviato Antonino Monteleone chiede a Danilo Coppola di tracciare un bilancio della vicenda per la quale, invece, fu processato, finì in carcere, per poi essere assolto con formula piena, l’immobiliarista attacca duramente la magistratura italiana: «In ogni Paese nascono nuove leve di imprenditori. Purtroppo, in Italia il sistema non le ha volute, le ha disintegrate, le ha abolite con delle inchieste su misura. La magistratura ha fatto un disastro».



LA PARABOLA DI DANILO COPPOLA

Danilo Coppola è un immobiliarista, discusso protagonista delle scalate Antonveneta e Bnl. La famiglia, di origini siciliane, per alcune generazioni ha risieduto in Marocco. Lì il nonno, costruttore edile, aveva avuto una certa fortuna. Le sue orme ha seguito il figlio Paolo, padre di Danilo Coppola. La svolta per quest’ultimo, come ricostruito dal Corriere della Sera, arrivò nel 1995, con la morte del padre, che gli lasciò in eredità l’azienda di famiglia quando Danilo aveva solo 28 anni. Nel giro di cinque anni costruì una fortuna con il cosiddetto “metodo Coppola“, cioè individuando terreni dal grande potenziale, in termini di rivalutazione, su cui edificava abitazioni di lusso, conservando negozi e centri commerciali che rendono affitti d’oro. Nel 2004 valeva un miliardo di euro. Da lì partì la scalata: conquistò consistenti fette di mercato nell’area romana, prima di puntare al Nord Italia, arrivando a Milano. Le prime costruzioni cominciarono a Gallarate e fu il boom. Oltre ad acquistare stabili a Milano e il Daniel’s Hotel a Roma, acquisì diverse importanti partecipazioni azionarie. Nel 2003 mise le mani sul 5% della Banca Nazionale del Lavoro (Bnl) e il 2% di Bim, mentre di Mediobanca arrivò a controllare il 4,66% e della Roma il 2,5%. Da Franco Sensi acquistò lo storico Hotel Cicerone di Prati, poi avviò ristrutturazioni di centri commerciali e di un cinema multisala. Nel 2005 comprò il 65% delle azioni di Ipi spa, lanciando l’Opa obbligatoria sul resto delle azioni, arrivando a detenere il 74,448%. Ma quello fu anche l’anno in cui salì agli onori della cronaca per lo scandalo finanziario di Bancopoli, quello dei “furbetti del quartierino” che comprendeva Stefano Ricucci. Nel 2007 Danilo Coppola fu arrestato con le accuse di bancarotta, riciclaggio, associazione a delinquere e appropriazione indebita. Gli furono sequestrati beni per circa 120 milioni di euro. Nel 2010 raggiunse un accordo col Fisco italiano, a cui versò 200 milioni di euro. Tre anni dopo fu assolto dall’accusa di bancarotta fraudolenta con formula piena. I guai giudiziari però non finirono qui per Danilo Coppola. Nel 2016 fu condannato a 9 anni con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici per un’altra bancarotta fraudolenta di una decina di società del suo gruppo, tra il 2007 e il 2008, per un buco di quasi 300 milioni di euro. Quello stesso anno fu arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte in relazione all’indagine sulla Porta Vittoria SpA. Nel febbraio 2020, la condanna a 7 anni è stata confermata.