DANIMARCA VUOLE ABOLIRE I QUARTIERI-GHETTO MA NON I PROBLEMI…
È ormai da anni che lo Stato in Danimarca spinge per eliminare i quartieri “ghetto” in cui sono insediate migliaia di comunità ed etnie diverse, dopo averli “confinati” per decenni causando non poche problematiche di disuguaglianza e disparità nelle periferie delle città danesi: ora però dalle parole si passa ai fatti con il Paese scandinavo che entro il 2030 intende demolire diverse aree considerate “problematiche”, come ad esempio Gellerup, località residenziale nella parte occidentale della città di Aarhus.
Come riporta il “Frankfurter Allgemein” da giorni ormai striscioni di protesta sventolano sui balconi di Gellerup contro la decisione del Governo danese di eliminare i grandi blocchi presenti per riqualificare l’intera zona. Solo un massimo del 40% degli alloggi sociali potrà rimanere: al posto dei rimanenti 60% di edifici, verranno costruiti appartamenti finanziati privatamente e altre persone si trasferiranno nel quartiere. Si tratta di quelle con un reddito più alto, un’istruzione migliore e soprattuto senza un passato di migrazione. «Una Danimarca senza comunità parallele», è la strategia-motto approvato dal Parlamento danese nel lontano 2018; ora però sono state pubblicate liste di “ghetti” che elencano i quartieri problematici in base al loro grado di disagio. Gellerup in effetti ha un alto tasso di immigrazione e pure altissimi tassi di criminalità, oltre a bassa istruzione scolastica: ebbene, al grido di “eliminiamo i ghetti” si sta tentando un’operazione che da più parti assomiglia ad uno sfratto su ampia scala. «lo Stato fa demolire le case nei quartieri caldi, reinsedia le persone, le integra con la forza e applica pene più severe. Inoltre, vengono investiti molti soldi, ad esempio nella ristrutturazione degli alloggi comunali, in nuovi parchi, scuole modello e biblioteche», denuncia il quotidiano tedesco mettendo in allarme quando avviene nella vicina Danimarca.
“SFRATTATI, NON SAPPIAMO DOVE ANDARE”: CAOS IN DANIMARCA NEI “GHETTI”
Intendiamoci, i problemi esistono e non sono poi così distanti da quelli che abbiamo anche qui in Italia, sebbene l’integrazione da noi – al netto di tutti i problemi – sia comunque molto più “pacifica”: il tema infatti non è che sia positivi o funzionanti i quartieri-ghetto, ma è la “ricetta” messa in campo a lasciare perplessi. Eliminare a forza dei quartieri per un’integrazione “calata” dall’altro, oltre ad uno sfratto vero e proprio per migliaia di immigrati, è davvero questa la soluzione più idonea al problema? «Gellerup era stato progettato come un’utopia del benessere. Ma non ha funzionato», spiega al “Frankfurter Allgemein” Sophie Mørkholt Rasmussen, in forza al dipartimento di integrazione e sviluppo urbano della città di Aarhus.
Quando però vengono sentiti direttamente i residenti di Gellerup e di altre aree dove i quartieri-ghetto saranno demoliti, il risentimento è enorme: «Non so dove andare. È la mia casa. Mi sento al sicuro qui», denuncia Kadisja palestinese con radici libanesi, dopo aver ricevuto una lettera che la “invita” a lasciare la propria casa dal prossimo novembre. Tutti i membri della sua famiglia hanno un passaporto danese e Kadisja dice di parlare il danese meglio dell’arabo: eppure, chiarisce il quotidiano tedesco, «sono immigrati, quindi contano per la quota che rende Gellerup una “zona di conversione”. «Lo Stato si sta comportando in modo razzista», afferma la ragazza che con centinaia di altri residenti sta meditando di presentare ricorso contro la scelta della Danimarca. Se infatti l’obiettivo generale dello Stato è quello di limitare, se non proprio vietare, nuovi migranti rifugiati entro il 2030, allo stesso modo le politiche di “demolizione del ghetto” assomiglia ad una sorta di razzismo al contrario: dopo averli confinati e separati dal resto del Paese, ecco ora si inverte la rotta e si tenta di allontanarli. «Non sappiamo se il piano funzionerà. Anche se le statistiche dei quartieri interessati dovrebbero migliorare, ad esempio in termini di criminalità, reddito e istruzione. Questo permetterebbe al governo di dire, a un certo punto, che non ci sono più “ghetti” in Danimarca. Ma i problemi individuali delle persone emarginate difficilmente verrebbero risolti, ma solo statisticamente “sfoltiti”», denuncia il professore Strandholdt Bach dell’Università di Aarhus.