Vietando il rogo del Corano, la Danimarca vuole ripristinare il “reato di sacrilegio“. Lo spiega Jacques de Saint Victor, storico del diritto, secondo cui la proposta di legge del governo danese sul divieto di rogo dei libri sacri (quindi anche Bibbia, Torah, etc) non equivale a criminalizzare la blasfemia. È, invece, il sacrilegio a venire condannato in questo caso. In un editoriale per Le Figaro si sofferma sul lavoro che sta svolgendo la coalizione di governo, sotto la pressione di gruppi islamisti, per “proibire il trattamento inappropriato di oggetti che hanno un significato religioso significativo per una comunità“. Una proposta legata alla volontà di evitare le provocazioni che hanno cominciato a moltiplicarsi in Svezia e Danimarca. Più che sulle ragioni di questi gesti, il dibattito si è soffermato sul tema della libertà di espressione.



Infatti, per alcuni liberali danesi, come quelli dell’Alleanza liberale, si vuole reintrodurre il “reato di blasfemia“, abolito in Danimarca nel 2017. Ma per Jacques de Saint Victor, “analizzare i contorni della libertà di espressione (al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge) è un percorso rischioso“. Infatti, ricorda come in materia religiosa, i più fanatici tentando sempre a “estendere all’infinito il concetto di blasfemia“. Ma per lo storico del diritto “il problema sembra mal inquadrato, perché non è la reintroduzione del reato di blasfemia – e quindi un limite alla libertà di espressione – il vero problema“.



“DANIMARCA VUOLE CEDERE A VIOLENZA ISLAMICA?”

Il ministero della Giustizia danese ha chiarito che la nuova legge non coprirà “l’espressione verbale o scritta” di tali atti, in particolare le vignette, affermando che la Danimarca continuerà ad affermare il suo forte attaccamento alla libertà di espressione. In realtà, la questione per Jacques de Saint Victor è il reato di sacrilegio, cioè l’insulto agli oggetti sacri. “La Danimarca, come la maggior parte dei Paesi europei, non è uno Stato laico e si trova nella stessa situazione in cui ci trovavamo sotto il Concordato di Napoleone del 1801. Il luteranesimo è ancora la religione di Stato. Il sovrano danese è obbligato a farne parte in base alla costituzione“, scrive lo storico del diritto.



Inoltre, ricorda che “uno Stato concordatario, che ignora la separazione tra Stato e Chiesa, protegge la libertà di credo e concede una protezione specifica alle cosiddette religioni minoritarie riconosciute o approvate, come nel caso dell’Islam“. Al contrario, aggiunge Jacques de Saint Victor, “nessuno può invocare la propria fede o origine per evitare di adempiere agli obblighi civici comuni. Sembra quindi lecito per lo Stato danese approvare una legge del genere in nome della difesa dell’ordine pubblico“. Ma resta una domanda importante: “È giusto che uno Stato occidentale dia l’impressione di cedere alla violenza islamica? Perché questo è il vero scopo di questa nuova legge“.