Dante Alighieri è il ‘Poeta’ per antonomasia, anzi, il ‘Sommo Poeta’, colui che segnò irrimediabilmente non soltanto il Medioevo, ma anche il corso di tutte le epoche letterarie e la stessa cultura occidentale e italiana in particolar modo. La figura di Dante, infatti, è stata importante per lo sviluppo della lingua italiana così come la conosciamo oggi, dal momento che la Divina Commedia venne interamente scritta non in latino, ma in quella ‘prima bozza’ di italiano che è il volgare fiorentino. “La più nobile di queste due lingue è il volgare, sia perché fu la prima a essere usata dal genere umano, sia perché tutto il mondo ne fruisce (pur nelle diversità di pronuncia e di vocabolario che la dividono), sia perché ci è naturale, mentre l’altra è piuttosto artificiale”, annoterà Dante nel suo rivoluzionario De Vulgari Eloquentia. Per questo motivo, Dante è considerato doppiamente il padre della letteratura e anche del nostro attuale modo di esprimerci.
Dante Alighieri e l’incontro con Beatrice
La vita di Dante Alighieri si può dividere in tre momenti, a seconda essenzialmente dell’evento che l’ha caratterizzata: la giovinezza, l’impegno in politica e l’esilio. Nel primo di questi tre momenti, la giovinezza, avvenne per Dante l’incontro con Beatrice, destinato a cambiare per sempre la sua visione della donna (donna-angelo, la chiameranno gli stilnovisti come lui) e – legata a questa – dell’amore in generale. Da buon poeta, Dante è un tipo più spirituale che materiale (materialista), ma non per questo meno passionale: nella Vita Nova, l’opera che compone dopo la morte di Beatrice, compare un ritratto di quest’ultima caratterizzato e ‘filtrato’ dal forte sentimento che Dante prova per lei e che descrive in maniera molto umana, senza tralasciare il tema della morte, ma restituendo a essa il nuovo senso e significato di ‘vita nuova’, vita nell’aldilà.
La vita politica di Dante Alighieri
Ricordiamo Dante Alighieri anche alla luce del suo impegno politico che lo portò allo scontro con papa Bonifacio VIII e al sofferto esilio da Firenze. A 700 anni dalla sua morte, è stato proprio un politico a volerlo idealmente ‘riabilitare’, suggerendo addirittura ai suoi ‘colleghi’ di prendere in qualche modo esempio da lui. Queste le parole di Sergio Mattarella in una sua intervista di oggi a Repubblica, in cui il presidente sottolinea la sua coerenza: “Sappiamo quanto a Dante sia pesato l’esilio dalla sua Firenze, la nostalgia per la sua città. C’è un episodio illuminante della sua vita. Un amico fiorentino, di cui non conosciamo il nome, gli scrive che sta cercando di ottenere, dopo ben quindici anni, la revoca per suo provvedimento di esilio e della conseguente condanna a morte. Per ottenere il ‘perdono’ dalla sua città Dante dovrebbe pagare una discreta somma e ammettere, in una pubblica cerimonia, colpe non commesse. La risposta, negativa, di Dante è, insieme, sdegnata e accorata: ‘Le spere del sole e degli astri, non potrò forse contemplarle dovunque? Non potrò in ogni luogo sotto la volta del cielo meditare i dolcissimi veri, se io prima non mi renda spregevole, anzi abietto al popolo e alla città tutta di Firenze?…’”.