Splendida Cornice, Dargen D’Amico torna sulle polemiche di Sanremo 2024: “Ecco perché ho fatto l’appello per il cessate il fuoco a Gaza”

Sono passati quasi due mesi dal Festival di Sanremo 2024 ma alcune polemiche continuano tuttora ed è per questo che ieri sera Dargen D’Amico a Splendida Cornice è ritornato a parlare delle polemiche che lo hanno travolto per aver chiesto dal palco dell’Ariston il cessate il fuoco su Gaza. Lui e Ghali, gli unici artisti che si sono espressi sul tema, sono stati letteralmente bersagliati da, una parte, di tv e giornali e soprattutto dall’ambasciatore israeliano per la loro prese di posizione.



A distanza di tempo, Dargen D’Amico sulla bufera a Sanremo 2024 si è lasciato andare alla riflessione, rivelando perché ha chiesto l’appello per un cessate il fuoco a Gaza: “Ero lì a cantare una canzone sono stato influenzato dal fatto che in quei giorni la stampa non riportasse in maniera imparziale le notizie che arrivavano dal Mediterraneo. Questa cosa mi faceva sentire molto a disagio, quindi per empatia umana ho sentito di comunicare delle cose”. E un fiume in piena Jacopo D’Amico, vero nome dell’artista: “O canti, o multa. Se ti scappa di dire ‘cessate il fuoco’, multa di 500 euro. E la multa si fa più salata se il Paese che critichi perché lancia le bombe sull’ospedale ha degli accordi commerciali con lo Stato e con le aziende italiane. Perché non si disturba chi fa il nostro interesse economico.”



Dargen D’Amico lancia una frecciata a stampa e giornali e difende a spada tratta Julian Assange

Ospite a Splendida Cornice, Dargen D’Amico ha detto la sua in modo chiaro e netto, come già fatto in precedenza a Domenica In con Mara Venier intervenuta in fretta e furia per interromperlo in malo modo. L’artista ha aggiunto: “Molto semplicemente la cosa che proprio non si può dire è che non è sempre vero che noi siamo quelli buoni, non è sempre vero che puoi dividere il mondo in due, con da una parte noi, la parte giusta, quelli civili.”

Ed infine ha concluso il suo discorso difendendo a spada tratta Julian Assange: “Ha contribuito a rilevare a noi democratici ed occidentali che non sempre siamo così buoni. Sul momento lo abbiamo ringraziato, ma ci siamo resi conto che noi quelle cose lì in realtà non le volevamo conoscere. Quindi lo abbiamo condannato a qualche secolo di galera. Forse il punto non è che certe cose non si possono dire, il punto è che siamo noi che certe cose non vogliamo sentirle”.