Caro direttore,
ho vissuto tantissimi Halloweens a New York, e ho avuto modo di osservare come, dagli anni sessanta a oggi, la festa si sia trasformata, assomigliando sempre di più al nostro carnevale.

Una volta i piccoli si vestivano da fantasmi, uno soprattutto, Casper: un simpatico e buon fantasma con faccia da bimbo che nasce nel 1945 e continua come cartone animato, per anni, finché diventa un film negli anni novanta. Lentamente sono cominciate ad arrivare le principesse e le fate, gli eroi dell’immaginario infantile legato alle fiabe, e non solo. Poi la morte e gli spettri, gli scheletri, le streghe e le maschere sanguinose. Il pericolo, fin dai primissimi anni, era presente come possibile gesto sadico di qualche folle che avrebbe potuto nascondere una lametta nella mela, da cui il classico Treat in regalo (Trick or Treat ha un qualcosa di minaccioso che si perde nella traduzione italiana molto più mite, Dolcetto o scherzetto). Non si sapeva se era mai veramente successo o se fosse stata una strategia per mantenere un certo tremore in una festa che per i piccoli serviva ad allontanare dal pensiero la paura della morte.



Ho sempre amato il carnevale, e mai Halloween. Vederlo apparire in Italia e fuori dal suo originale contesto nordico, come colonizzazione commerciale, mi ha amaramente sorpresa. Inoltre, il fascino dei cimiteri non fa per me.

Ma oggi, in questo ottobre di morte vera per le due guerre vicine a noi, con quella più esplosiva e devastante fra Israele e Palestina, mi sembra di pessimo gusto far divertire i nostri bimbi mentre ne muoiono a migliaia giornalmente e senza tregua.



Quello è vero orrore, e terrore che corre e ci tocca. Sono rimasta commossa dalle manifestazioni nel mondo, ma in particolare quelle di NYC sul ponte di Brooklyn e, ancora più spettacolare, quella dell’occupazione di Grand Central Station. Tutti con la T-shirt nera e la scritta: “Not in our name!” Sappiamo che la comunità ebraica più grande, dopo Israele, è a NYC. Ora sappiamo che sono loro a urlare più forte di tutti: “Non nel nostro nome” e “Cessate il fuoco”. Sono le voci dei sopravvissuti ai campi di concentramento, e le voci dei loro figli e parenti, assieme alle voci di tutti quelli con una coscienza che si chiamava consapevolezza. Voci che non si sentivano più così unite e potenti dagli anni Sessanta. Da quando Casper era popolarissimo fra i bambini per questa strana tradizione che voleva esorcizzare le paure nel loro cuore.



Oggi talvolta nei più moderni Halloween appare ancora Casper, il buon piccolo fantasma, perché il Bene non scompare mai. Oggi sono personalmente grata ai miei concittadini americani che sanno distinguere il male, quando riappare, e soprattutto lo sanno riconoscere anche quando è annidato nelle loro passate utopie.

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