Stasera su Sky Atlantic giunge alla fine la seconda stagione di Das Boot, la produzione tedesca sulla vita nella base per sommergibili U-boot di La Rochelle durante la Seconda guerra mondiale. La nuova stagione ha confermato il successo della prima, anche se la trama è diventata decisamente più fantasiosa e meno legata alle vicende storiche della guerra navale nella Manica e nel nord Atlantico e a quelle della resistenza francese durante i primi anni dell’occupazione tedesca.



Il racconto – sequel ispirato al film di successo del 1981 U-boot 96 diretto da Wolfgang Petersen – prende spunto da una storia apparentemente semplice e di natura familiare. Una giovane tedesca, con ottima conoscenza del francese, per  stare vicino al fratello da poco assegnato alla base, trova lavoro presso il comando tedesco. Si tratta di Simone Strasser, interpretata dalla bravissima attrice lussemburghese Vicky Krieps (Il filo nascosto, Il giovane Marx, Gutland). Simone non sa che il fratello Frank, marconista su un sommergibile in una missione disperata, ha lasciato la giovane fidanzata malata e con un bimba appena nata. Per di più il fratello le aveva nascosto che la ragazza è ebrea e deve iniziare a nascondersi. 



Simone per aiutare la ragazza e la bambina entra in contatto con la resistenza e incomincia a esserne coinvolta. Lei ormai è la segretaria del colonnello tedesco Hagen Forster (interpretato dall’attore tedesco Tom Wlaschiha, Il nemico alle porte, Il Trono di Spade, Stranger Thingscapo della polizia segreta. Simone, approfittando del suo invaghimento, carpisce informazioni riservate e le passa ai maquis.

Contemporaneamente a quanto accade a terra, sugli U-boot si svolge una dura lotta di potere tra gli ufficiali della Marina tedesca. Anche il rigido esercito nazista aveva al suo interno differenze e punti di vista divergenti, soprattutto dopo i primi grandi insuccessi del 1942. In uno di questi scontri, dopo un ammutinamento, il comandante di uno dei sottomarini viene estromesso dal ruolo e lasciato in mare.



Nella seconda stagione Simone esce velocemente di scena. Nel tentativo di salvare una famiglia ebrea viene uccisa in un conflitto a fuoco. Il suo posto da protagonista nella serie viene preso allora da Margot Bostal, interpretata dalla giovane attrice francese Fleur Geffrier, un’infermiera che Simone coinvolge nella resistenza e che non si tira indietro nell’aiutare la famiglia ebrea a passare le linee nemiche. Ma il colonnello Forster ora insegue lei.

La lotta tra il bene e il male che si combatte sotto le acque agitate dell’Atlantico vede stavolta – a parti ribaltate – due sottomarini tedeschi in lotta tra di loro, dove i “buoni” (tra cui Frank) vorrebbero disertare e scappare in America e i “cattivi” li inseguono, con al comando lo stesso ufficiale protagonista dell’ammutinamento.

La seconda stagione si arricchisce così di un nuovo “fronte”, quello americano. Nonostante sia stato abbandonato in mare senza alcuna speranza di sopravvivere, anche il comandante Klaus Hoffmann (interpretato dall’attore tedesco Rick Okon) è riuscito a raggiungere la costa degli Stati Uniti, dove si è unito a un gruppo di esuli nazisti nel disperato tentativo di rientrare in patria. Ma anche gli Stati Uniti hanno le loro contraddizioni e Hoffmann deve vedersela con un losco gruppo americano in affari con la Germania. È molto probabile – rischiando lo spoiler – che nel finale di stagione li troveremo tutti nella baia dell’Hudson per un duello alla “O.K. Corral”.

Das Boot è un prodotto di qualità, con ottimi attori e con un buona fotografia, in particolare per quanto riguarda le battaglie navali e la vita sugli U-Boot. Di quegli anni sappiamo praticamente tutto, nonostante ciò rimane un periodo della storia del XX secolo che continua ad appassionarci e a commuoverci. Anni di violenze inspiegabili, di sofferenze sopportate oltre ogni limite immaginabile, storie di lealtà tra persone sconosciute intrecciate a doppio filo con quelle di tradimenti tra amici e parenti. Insomma, la Seconda guerra mondiale rimane ancora nella memoria di ognuno di noi, una “storia collettiva” che merita di essere sviscerata e raccontata. Das Boot ha il pregio di farlo partendo dai diversi punti di vista dei vinti e dei vincitori, senza perdere mai il contatto con la realtà dei fatti, e facendo capire bene chi aveva ragione e chi torto.