I dati Facebook potrebbero fornire un quadro preciso sul Coronavirus e prevedere nuove ondate? E’ quello che sperano i ricercatori francesi anche alla luce di ciò che, all’inizio dello scorso mese, aveva asserito il social di Zuckerberg quando aveva annunciato la disponibilità di nuovi set di dati sui movimenti della popolazione ai team di ricerca di tutto il mondo. I dati, aggregati ed anonimi, si basano sulle informazioni dell’app di Facebook e potrebbero rendere possibile prevedere meglio l’insorgenza di futuri picchi epidemici o adeguare meglio le politiche sanitarie. Ad un mese da quell’annuncio, i ricercatori universitari parigini si sono detti molto ottimisti. “Stiamo iniziando a ottenere risultati, ma non sono ancora del tutto pubblicabili”, ha anticipato a Le Monde Jamal Atif, professore presso l’Università di Parigi-Deluphine-PSL e coordinatore dell’iniziativa, aggiungendo: “Sulla base di questi dati, combinati con i dati sanitari, crediamo di poter costruire modelli per comprendere meglio la diffusione della pandemia e avere algoritmi e modelli che avranno una maggiore potenza predittiva rispetto ai modelli attuali”. Facebook permette non solo in Francia di fornire ai ricercatori i dati sugli spostamenti degli utenti che hanno attivato la geolocalizzazione dell’app, permettendo di avere una panoramica dettagliata su viaggi e altri spostamenti. Combinati con altri, questi dati possono essere usati per valutare rischi di contagio e prevedere possibili cambiamenti nell’epidemia.



DATI FACEBOOK CONTRO CORONAVIRUS? ECCO COSA PENSANO I RICERCATORI FRANCESI

Il Coronavirus pone tuttavia molte sfide e il lockdown imposto in questi due mesi ha reso complicato fare affidamento preciso su questi dati. Gli stessi ricercatori avvertono che i dati sugli spostamenti dei francesi forniti da Facebook non rappresentano degli strumenti miracolosi, e la loro interpretazione richiede la massima cautela: “Può essere usato per cercare di prevedere la progressione dell’epidemia? Sì, ma il modello sarà inevitabilmente un po’ indietro rispetto alla realtà, perché in realtà non si “vedono” le persone quando sono infettate dalla malattia”, ha commentato Cappè. “E non appena si lavora su dati reali, si esce dal regno dei concetti puri: nei dati reali, ci sono sempre alcune cose strane. Non possiamo mai automatizzarlo completamente, è qualcosa che richiede tempo”, aggiunge. Per il momento i ricercatori universitari si stanno concentrando sui modelli di “proiezione a breve termine” sulla base di dati relativi a poche settimane e non alcuni mesi. “Facciamo molti test, non abbiamo una soluzione che siamo sicuri sia quella giusta, e stiamo cercando diversi approcci”, ha aggiunto il ricercatore. Al momento i dati Facebook sembrano confermare i dati di Orange sugli spostamenti dei francesi ma maggiori dettagli si spera di poterli avere nelle successive settimane.

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