Una mattina come tante altre. Una mattina a base di finanza operativa che scorre lungo i pixel e i numerosi led dei vari monitor. Forse troppi monitor, ma obbligatoriamente necessari attraverso i quali poter scrutare quanto nascondono i numeri. Ma non solo.

A corollario delle cifre che in gran parte contornano i grafici ecco anche apparire luminose le singole notizie. Ogni riga un titolo, ogni titolo una news. Ore 10:41: «Pil: Istat, nel secondo trimestre +2,7%, +17,3% annuo». Obbligatorio ed istintivo il click su questo sintetico testo, perché il dato era atteso. «Il dato conferma le stime preliminari e vede per l’anno in corso una crescita già acquisita del 4,7%. La crescita annua, spiegava Istat durante la diffusione delle stime preliminari, è la più alta mai registrata dall’inizio delle serie storiche nel 1995». Inoltre, scorrendo il contenuto: «Il rialzo del Pil registrato dall’economia italiana nel secondo trimestre del 2021 pari a +17,3% è il più alto su base tendenziale mai registrato dall’inizio delle attuali serie storiche, ovvero dal 1995». La notizia appena riportata è di Ansa, mentre, ovviamente, i numeri – pubblicati da Istat – sono i nostri, quelli dell’Italia.



Chi scrive lo ammette serenamente: questo nuovo record del nostro Paese, una volta letto, ha comportato un immediato e conseguente sorriso di compiacimento. A fine giugno aprivamo il consueto intervento con: «L’Italia s’è desta e continuerà a farlo ancora nei prossimi mesi» e, da allora, abbiamo oggettivamente riscontrato e commentato un’evoluzione costante e positiva ad opera dell’economia italiana. Il dato sul secondo trimestre 2021 relativo ai “Conti economici trimestrali” di Istat è l’ennesima conferma.



L’entusiasmo di questo nuovo traguardo, come sempre, è stato breve e soppiantato dal doveroso approfondimento del documento elaborato dal principale Istituto di ricerca italiana. Alla prima pagina, e dall’ormai noto “Commento”, si apprende: «La stima completa dei conti economici trimestrali conferma la crescita sostenuta del Pil dell’economia italiana nel secondo trimestre del 2021 diffusa nella stima preliminare, con aumenti del 2,7% in termini congiunturali e del 17,3% in termini tendenziali. Il forte recupero dell’attività produttiva riflette un aumento marcato del valore aggiunto sia nell’industria, sia nel terziario».



L’aver registrato una «crescita sostenuta» e un «aumento marcato» sono soddisfazioni: l’Italia e gli italiani hanno questa dote rispetto ad altri paesi che, purtroppo, solo in momenti di acuta crisi riescono a “tirare fuori”. È indubbio che ci vorrebbe maggiore costanza ma, probabilmente, il “bisogno” nel soggetto italiano è un mero esercizio di sopravvivenza: finché non tocca a me, non mi preoccupo. E questa volta, da oltre un anno e mezzo, è proprio toccato a noi, tutti noi. E i risultati sono arrivati.

Anche se sono trascorse poche ore dall’eccellente notizia (divenuta ormai storia), lo sguardo e la memoria devono riportare alla realtà. Una realtà a tinte fosche come già sottolineato a luglio, perché rimette in luce l’annoso problema che sta caratterizzando l’economia mondiale: l’inflazione.

Sempre Istat – attraverso il suo periodico comunicato mensile “f!ash” – mette in guardia il nostro Paese: «Ad agosto, secondo le stime preliminari, l’inflazione continua ad accelerare, portandosi a un livello che non si registrava da gennaio 2013 (quando fu +2,2%), a causa per lo più dei prezzi dei Beni energetici che continuano a registrare una crescita molto ampia sia per la componente regolamentata sia per quella non regolamentata» (rif. “Il commento”). Sostanzialmente: ad agosto, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,5% (su base mensile) e del 2,1% su base annua rispetto al +1,9% del mese precedente.

Sulla base di questi dati, purtroppo, il costo del nostro vivere viene ulteriormente penalizzato e, nonostante l’inflazione possa rappresentare un “male comune internazionale”, l’Italia e gli italiani potrebbero risentirne maggiormente rispetto agli altri paesi.

Volutamente non vogliamo soffermarci su ricette aggiustatrici (non riparatrici), poiché sono verosimilmente approvabili e contestabili al tempo stesso. Inutile, inoltre, ricorrere ad una caccia alle streghe in capo a coloro che dovrebbero rivestire i panni di fautori per tale fattore economico: l’inflazione c’è e – per ora – la dobbiamo osservare con molta prudenza, perché destinata ancora a modificarsi (al rialzo). Godiamoci il buono di questo momento storico italiano e, per una volta, cerchiamo di lavorare in prospettiva di un futuro che, se pur incerto, potrà darci – ancora – ottime soddisfazioni. Ma non per tutti.