Il sistema di monitoraggio che il Governo ha costruito per gestire l’emergenza coronavirus sembra far acqua da tutte le parti. La Fondazione Gimbe ha sollevato la questione dell’indice Rt e lanciato un allarme sulla inadeguatezza per analizzare il momento e prendere decisioni tempestive. A questo si aggiunge la polemica aperta da Sky Tg24, che oggi nell’appuntamento “I numeri della pandemia” ha evidenziato un aspetto controverso dei dati che confluiscono poi nel sistema di monitoraggio, per il quale si prendono determinate decisioni a livello governative. «Molti dati comunicati sono strani, ad esempio alcune Regioni contano come tamponi anche quelli rapidi, altre non lo fanno», ha dichiarato Alessandro Marenzi, vicedirettore di Sky Tg24. Questo è il caso della Regione Lazio, che ormai da giorni ha il tasso di positività più basso d’Italia. «Questo anche perché comunica molti più tamponi. Ma questa cosa è inaccettabile, non perché lo fa il Lazio, che lo fa legittimamente, ma perché il Ministero della Salute non uniforma». E visto che quel dato rientra tra i 21 indicatori, può essere considerato falsato a tutti gli effetti.
DATI REGIONI FALSATI? CASO LAZIO: INCLUDE TEST RAPIDI
«Mettere insieme test molecolari e test antigenici è come mettere insieme mele con le pere. Il test antigenico ha un tasso di falsa negatività del 30%, quindi va fatto in una popolazione che ha un basso rischio a priori di avere l’infezione, come chi sale sull’aereo, chi va a scuola e chi è del tutto asintomatico. Il tampone ha una sensibilità più elevata. In un pronto soccorso si può fare il test antigenico, ma non posso ricoverarlo in un reparto pulito senza prima aver fatto il tampone. Ogni test ci dice cose diverse, occorre una base comune di dati», ha dichiarato a Sky Tg 24 il professor Massimo Puoti, direttore Malattie infettive dell’ospedale Niguarda di Milano. «Sui test rapidi c’è pure di peggio da dire – aggiunge Alessandro Marenzi, vicedirettore di Sky Tg24 – perché non abbiamo nessuna trasparenza sull’affidabilità su quelli che vengono comprati. Non sappiamo nulla su falsi negativi e falsi positivi emergono. Sul sito della Food and Drug Administration questi dati vengono forniti, in Italia non si trovano da nessuna parte».
“BUCHI” NEL SISTEMA DI MONITORAGGIO: ALLARME CTS
Il premier Giuseppe Conte nei giorni scorsi ha parlato di un sistema di monitoraggio «molto articolato» che viene considerato una “bussola” per capire dove e come intervenire. Ma qualcosa è andato storto. Come evidenziato dal Corriere della Sera, in questa fase servono dati tempestivi sull’occupazione dei posti letto in terapia intensiva e area medica, oltre che allerte di resilienza ospedaliera quando la probabilità di superare le soglie critiche di occupazione dei posti letto supera il 50% nelle proiezioni realizzate a 30 giorni. Insomma, i dati vanno attualizzati secondo quanto emerso dalla riunione della Cabina di regia del 9 novembre. Manca l’indice Rt dei ricoveri con la proiezione ai 30 giorni successivi, che dovrebbe essere introdotto insieme ai dati sui posti letto in terapia intensiva e i ricoveri ordinari aggiornati al giorno prima della riunione. Anche il Comitato tecnico scientifico (Cts) ha evidenziato criticità del sistema di monitoraggio e la necessità di un criterio di raccolta uniforme per avere un unico metro di giudizio, cosa che fin qui è mancata come evidenzia l’analisi svolta oggi da Sky Tg24.
CASO TEST RAPIDI, REGIONI SI MUOVONO IN ORDINE SPARSO
La questione dei tamponi rapidi non è sfuggita ai vertici. Non a caso Stefano Marro della Direzione generale della Prevenzione sanitaria al Ministero della Salute, ha inviato una mail il 10 novembre alle Regioni chiedendo che forniscano il totale dei test rapidi antigenici effettuati tra il 2 e l’8 novembre, quello dei positivi riscontrati e dei casi caricati sulla piattaforma dell’Istituto superiore di sanità (Iss). Una comunicazione meramente tecnica? Nient’affatto. Come evidenziato dal Corriere della Sera, è emersa la fuga in avanti di alcune Regioni che autonomamente, e senza indicazioni, hanno cambiato in corsa il dato dei tamponi effettuati. Prima venivano inseriti solo i molecolari, ma almeno due Regioni, cioè Lazio e Piemonte, hanno cominciato a inserire anche i test antigenici, cioè quelli rapidi, con le conseguenze che abbiamo spiegato sopra. Non è solo una questione di “furbizia regionale”, ma anche di disomogeneità che poi si riflette sulle decisioni. Il problema è che ogni regione si muove in ordine sparso perché manca una direttiva nazionale. Non c’è, infatti, una regola uniforme.
VAIA (SPALLANZANI): “REGIONE LAZIO NON FALSA DATI”
Per Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Istituto Spallanzani di Roma, i dati della Regione Lazio non sono falsati. «Il denominatore è formato da tutti i tamponi molecolari più i tamponi antigenici con cut off superiore a 10, inseriti nei positivi», ha dichiarato al Corriere della Sera. Il cut off è l’indice che rileva gli anticorpi. Se è basso, si procede con tampone molecolare. Per quanto concerne i casi di positività, il totale fornito è «la somma dei molecolari positivi, delle conferme molecolari degli antigenici positivi e degli antigenici con indice di cut off sopra I 10». Se non si usassero questi dati, sostiene Vaia, i dati sarebbero falsati. Ma questa regola non vale altrove. In Piemonte ogni test antigenico viene confermato col tampone e nella piattaforma vengono immessi i molecolari e gli antigenici negativi. Il Veneto, invece, ha fornito finora solo il totale dei molecolari. «Ben venga un’omogeneizzazione della raccolta e della lettura dei dati. Ma penso che ci stiano già lavorando», ha commentato Vaia. Però siamo già in ritardo e il tasso di letalità cresce…