Ha fatto discutere (e lo farà per molto) il parere stilato dal Comitato Nazionale di Bioetica in merito al “consiglio” spassionato di vaccini agli adolescenti 12-17 anni: pur non potendo teorizzare l’obbligo vaccinale (si tratta di una decisione squisitamente legislativa in mano alla politica), il Cnb spinge per la volontà del minore di vaccinarsi come prevalente sui genitori contrari o dubbiosi. Oggi sull’Avvenire viene intervistato un membro più importante del Comitato, il presidente Lorenzo d’Avack per poter illustrare nel dettaglio i motivi di un parere così “spinto”: «più che chi decide, la questione fondamentale è cosa decide. Una scelta che deve arrivare dalla più ampia informazione possibile, perché il minorenne “grande” la faccia in totale consapevolezza».
Alla base del parere stilato vi sono due sostanziali cardini riaffermati dal presidente Cnb: il tema della «responsabilità che il minore si assume» ma anche del «principio di solidarietà» che dovrebbe regolare tale discernimento. Secondo D’Avack, «Rimane invece più difficile spiegare a un ragazzo cosa significhi vaccinarsi per solidarietà, ecco perché abbiamo da- to molto rilievo alla scuola: crediamo che sarebbe opportuno che lì si incominciasse ad affrontare tematiche del genere».
MA LA FAMIGLIA NON RISCHIA DI VENIRE ESAUTORATA?
Colpisce, guardando l’intervista, l’assoluta mancanza di un “contrapposto” alla situazione presentata da D’Avack: viene presentato solo il caso di un minore convintamente pro-vax con genitori invece dubbiosi, eppure nella realtà di questi mesi è accaduto anche l’inverso, o quantomeno la distanza tra le varie generazioni non è così netta come si potrebbe pensare. Vi è una buona parte di “no-vax” convinti delle peggio teorie, a metà tra il surreale e il complottismo: ma vi sono anche persone normalissime che semplicemente ritengono il fatto che un vaccino di freschissima produzione (come quello contro il Covid-19) possa quantomeno presentare dubbi nel somministrarlo ad un ragazzo in età di sviluppo. Specie se lo Stato, l’ISS e lo stesso Comitato di Bioetica non si prendono la responsabilità della vaccinazione ma viene lasciata al singolo cittadino (che deve firmare un largo consenso informato prima della somministrazione): a D’Avack “L’Avvenire” non ha posto ad esempio la questione sulla responsabilità del minore, se non quando il professore sottolinea, «c’è una tendenza all’abbassamento dell’età dai 18 anni verso i 16, questo a maggior ragione farebbe sì che il “grande minore” finisca per avere u- na propria autonomia ben più forte che non adesso. Il Comitato comunque ha voluto rimarcare il concetto di cosa si sceglie e non tanto di chi sceglie».
C’è un punto in cui il giornalista fa una domanda giusta e – secondo il nostro modesto parere – realmente ficcante, quando cioè sottolinea, «così sembra un cambio di paradigma rispetto alla responsabilità genitoriale?». Ecco, ci si aspetterebbe dal presidente del Cnb una risposta che analizzi gli elementi morali, etici e legislativi: e invece la risposta lascia piuttosto basiti, «se in realtà la volontà dei genitori dovesse sempre prevalere, automaticamente in quanto provenienti da loro rispetto ai desiderata del minore, ci troveremmo in una situazione di assoluta subordinazione del consenso del minore a qualsiasi trattamento sanitario. E non è così. È abbastanza evidente che se non vi è una ragione ben precisa da parte dei genitori a non vaccinare, magari di tipo psico-fisico, non si vede per quale ragione la volontà del figlio debba sottostare alla volontà del genitore». I minori, se pro-vaccini, possono essere subalterni alla propria stessa famiglia: se ne può discutere, ovvio, ma darlo come elemento “ragionevole sopra ogni dubbio” lascia perplessi (oltre che non essere un ottimo viatico per il convincimento alla causa dei vaccini in chi già partiva dubbioso).