Forse la cosa più bella sarebbe poter ricordare David con la musica, con una musica a lui dedicata (Claudio gli ha dedicato “Il dono”). Ed effettivamente il primo istinto dopo le lacrime copiose per la perdita di un amico così caro è stato sedermi un’ora al piano improvvisando melodie dolci, come una ninna nanna. Ma non sono un compositore e sono un pessimo pianista. Allora ho scritto sui social qualche parola per elaborare il dolore.
“Carissimo David, ora non sei più semplicemente “Da quell’altra parte del mare” con la tua amata Jan come dice “Il dono” dedicata proprio a te. La notte scorsa ti sei trovato “A quell’ultimo ponte, con il tempo alle spalle e la vita di fronte” (Favola) e questo mi rende profondamente triste. Ho avuto l’onore di scarrozzarti in giro per la Romagna quando Claudio non poteva più farlo. L’onore di cantare con te al piano. Tu che suoni il piano per mio padre nei suoi ultimi giorni sulla terra… tanti dolci ricordi tristemente vengono a me, non ho parole per descrivere la tristezza per il tuo passaggio. Terrò sempre te, e la tua famiglia, nel mio cuore con gratitudine e amore. Un grande abbraccio a Jan, Mara e Jesse e alla famiglia. Buon viaggio David XOXO”.
Suo figlio Jesse, commentando un post in cui ha pubblicato una musica originale di suo padre, ha descritto con poche parole chi era David: “Tra gli altri innumerevoli talenti, papà era capace di cogliere perfettamente con la sua musica un sentimento (spesso il suo)… Sapeva fare bene le cose semplici… la musica non diceva mai “Ehi guardami” a meno che non fosse previsto”.
Era un uomo vero, curioso, timido, discreto, modesto, umile. Grande compositore. Ovviamente quello che ha fatto con Claudio, per certi versi, è un piccolo episodio nella carriera di Horowitz dal punto di vista professionale, ma dal punto di vista umano è sicuramente un momento di straordinaria amicizia tra due uomini grandi che, ognuno a modo suo, hanno trovato nella musica l’espressione della propria umanità.
Certo il mio punto di vista è limitato e parziale, oltre che di parte, ho avuto il piacere e l’onore di scarrozzarlo con la mia macchina scassata in giro per la Romagna quando Claudio non aveva più la possibilità di farlo. Abbiamo mangiato, bevuto e chiacchierato tanto. Abbiamo fatto insieme anche la spesa. Il mio ricordo è quindi legato ai racconti che Claudio ha fatto in famiglia circa il suo rapporto con David e ai momenti che ho avuto con lui.
Primo tra tutti il primo incontro, quasi comico se confrontiamo il racconto di Claudio con quello di David. Claudio era tutto contento di aver potuto condividere con David alcune canzoni, suonate dietro ad un tendone del Meeting di Rimini, come clandestini si erano parlati e si erano subito capiti. David invece qualche anno dopo mi raccontò che era stato li a sentire incuriosito da quest’uomo con la chitarra, poi era tornato in albergo da sua moglie Jan che aveva passato la mattina in spiaggia e le aveva detto: “Ho conosciuto una persona, non ho capito praticamente nulla di quello che ha cercato di dirmi, però sento che devo fare qualcosa con lui”. E Jan che pensa: “Ha incontrato un altro matto, qualcuno speciale” e gli dice “bene, sento che questo uomo ti ha colpito, ne sono felice, se senti di dover fare qualcosa con lui lo farai”.
Poi David che viene un mese in Romagna, ospitato in una casa di campagna di uno degli amici più cari, il Cav. Ghetti che, oltre ad essere il fan più sfegatato di Mina non dico in Italia ma probabilmente nel mondo, voleva anche un gran bene a Claudio e subito David diventa uno di famiglia (e ovviamente anche David e Jan si innamorano follemente di lui, non potrebbe essere altrimenti).
Claudio che, prima ancora di mettersi a suonare insieme, tutti i giorni lo accompagna nei luoghi in cui nascevano le canzoni, lunghi giri in collina, le case diroccate in campagna che compaiono in tante fotografie, luoghi fatti di persone perché David per arrangiare le canzoni voleva capire come nascevano, e siccome per Claudio nascevano dall’incontro con le persone, ecco che David pian piano conosce e incontra le persone, come Fabrizio a Faenza che per tantissimi anni lo ha accompagnato e lo ha aiutato come pochi a far emergere l’aspetto musicale delle canzoni, Stefano produttore di sangiovese a Ravaldino in Monte (David adorava cucina e vino italiani) già fornitore ufficiale della famiglia Chieffo, Novella e Giuliano che a Biancanigo hanno aperto la loro famiglia all’accoglienza, gli amici della prima ora come Laura e Agnese, tutti gli amici vicini e lontani che riesce a presentargli, ovviamente nostra madre Marta che è all’origine di tutte le canzoni (ha firmato il suo testamento “il babbo, che, senza la mamma, non sarebbe stato niente”).
Miracolosamente David le incontra queste persone, miracolosamente perché l’interprete è Claudio che ha un inglese rozzo e maccheronico (infatti David impara soprattutto alcune parole in dialetto, come “sta’ zet!” che simpaticamente è la traduzione migliore di “Basta con le parole”).
David osserva, ascolta e, complice anche il vocabolario semplice del Professor Chieffo, va al cuore della vicenda, entra dentro alle canzoni e compone arrangiamenti che, senza nulla togliere a tutti gli altri grandi amici e musicisti che hanno collaborato con Claudio, fanno fiorire quelle canzoni in un modo nuovo e imprevedibile.
E quindi Claudio che si imbarca in una delle produzioni probabilmente più costose che abbia mai sostenuto (ancora dobbiamo ringraziare gli amici, alcuni conosciuti e altri che sono rimasti nell’anonimato, che hanno contribuito) e parte per New York per registrare negli studi di David in Park Avenue. Una esperienza bellissima per Claudio. I musicisti incredibili con cui Claudio può collaborare e che suonano del disco, David, e la sua adorata moglie Jan che tiene i conti, che fanno un grosso sconto a Claudio, perché “ci sono cose che fai per il cibo e cose che fai per l’anima”.
Personalmente ci sono alcune tracce di “Come la rosa” che ancora mi fanno commuovere fino alle lacrime dalle prime note ad esempio “Canzone di maggio”. Tra tutte sicuramente merita una nota “Canzone del destino” dedicata a noi figli (Martino, Benedetto e Maria Celeste) in cui David ha inserito un tema suonato da un violoncello e un violino, i due strumenti dialogano come un padre e un figlio lungo tutta la canzone, e solo alla fine della canzone si uniscono e suonano insieme le stesse note formando un’unica voce (sono autodidatta come Claudio mi si perdonino le imprecisioni musicali). Leggenda vuole che il fonico che aveva registrato si complimentò a fine sessione con il violinista Charles Libove (musicista amico di David) per il suono che aveva il violino quel giorno. “Yeah, I knew that for David today was special so I brought the Strad…” Tutti in studio sapevano che Charles aveva uno Stradivari, ma non lo aveva mai usato per registrare le musiche da film e da pubblicità che David componeva. Scoprire che quel violino, la voce del figlio, è uno Stradivari fa venire i brividi. E immagino questo vecchio musicista che gira in metro con lo Stradivari…
Solo Sandro (altro musicista che ha accompagnato Claudio e nel frattempo è diventato a sua volta un compositore) è riuscito a commuovermi così con un suo arrangiamento di “Canzone degli occhi e del cuore” con chitarra, oboe, violino, viola, violoncello, contrabbasso e coro.
David che torna in Italia per promuovere il disco. E continua ad incontrare “gli amici di un tempo, gli amici che verranno…”.
David che quando inizia il calvario di Claudio per la malattia torna in Italia per stare qualche giorno con lui. David che quando Claudio è alla fine torna in Italia, diciamolo pure, in un posto sperduto, dimenticato da Dio e dai forlivesi, ovvero Forlimpopoli, che però David conosce perché è la città di Artusi! È li che Claudio è ricoverato in hospice. Ogni mattina David come noi familiari arriva all’hospice, porta le brioches per tutti, chiede di suonare per Claudio, e Flavio (ultimo musicista che ha accompagnato Claudio) porta una tastiera, così David (alternandosi a Flavio) suona per Claudio e lo accompagna negli ultimi giorni. E quando Claudio emette l’ultimo respiro David è li con noi, e Jan l’ha raggiunto con alcuni musicisti per suonare al Meeting di Rimini, dove si erano conosciuti.
È vero che quando Claudio è morto eravamo credo una trentina di persone lì, privilegiati, e il pensiero che l’amicizia tra loro due avesse portato David “Da quell’altra parte del mare” fino a Forlimpopoli per accompagnarlo nelle ultime due settimane mi ha fatto comprendere che era un’amicizia fuori dall’ordinario. Davvero un dono. David tornerà diverse volte in Italia per ricordare Claudio. Facebook impietoso proprio ieri, 6 aprile, mi ha proposto il ricordo di una visita di David e Jan a Forlì nel 2011.
Così penso con gratitudine a David, e alla sua famiglia che lo ha dovuto mettere su un’ambulanza per un improvviso aggravarsi delle complicazioni del coronavirus da cui sembrava uscito e poche ore dopo l’ha salutato in video call grazie ad una infermiera, lo ha accompagnato e gli ha detto tutto il suo amore mentre era “A quell’ultimo ponte, con il tempo alle spalle e la vita di fronte”. Jan mi ha scritto “Abbiamo potuto dirgli addio e fargli sentire della musica. E ad un certo punto abbiamo parlato anche di Claudio”.
PS
Devo fare una confessione. Quando Claudio fece carte false per incontrare David io ero arrabbiato. Mi sembrava che si sminuisse. Pensavo: cosa va ad impelagarsi con uno che fa colonne sonore e musiche per la pubblicità? Forse l’ho anche rimproverato a mio babbo, brontolando ad alta voce con la saccenza dei vent’anni. Al solito la realtà è molto più grande di quello che immaginiamo e col tempo ci dona dolorosamente dolci lezioni. Da allora uno dei miei motti è “stà zet!” (e vedo David sorridere).