David Meghnagi, membro della comunità ebraica romana ma nato a Tripoli, è ideatore e direttore del Master internazionale di secondo livello in Didattica della Shoah presso l’Ateneo di Roma Tre. Qui dirige inoltre un corso di catalogazione della musica concentrazionaria. Docente inoltre di psicologia Clinica, Psicologia dinamica e Psicologia presso la Facoltà di Scienze e di Psicologia della Religione e di Pensiero Ebraico al Master Internazionale in Scienza della Religione di Roma Tre, è stato in passato Vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e delegato per l’Italia presso la Conferenza dell’Osce contro l’antisemitismo.



Secondo l’esperto, “l’attacco (di Hamas, ndr) era in preparazione da anni e il pericolo è stato ampiamente sottovalutato. La scelta della data aveva un valore di richiamo simbolico e identitario. Per Hamas e per la Jihad islamica la guerra conto Israele ha come obiettivo un sollevazione generale del mondo islamico contro Israele, gli ebrei e l’Occidente. La strage di Charlie Hebdo e i ripetuti attacchi contro le istituzioni ebraiche e i cittadini di confessione ebraica in Francia, la persecuzione dei cristiani in alcuni Paesi africani e asiatici, la loro fuga dal Vicino Oriente sono tutti elementi di un mosaico complesso che ha come collante l’odio contro la civiltà occidentale e contro Israele. Nella visione dell’Islam radicale, i regimi arabi disponibili al dialogo con Israele e con l’Occidente, sono da considerarsi regimi eretici da sradicare con l’obiettivo di ricostruire il califfato. Basta leggere Qutb e Hassan Al Banna”.



“Antisemitismo va combattuto con l’educazione”

Per David Meghnagi, “l’obiettivo (di Hamas, ndr) è la ricostruzione del califfato e la riconquista violenta di tutti i territori che sono stati sotto controllo islamico. In questa logica la colpa degli ebrei è di essersi ribellati a uno status di “inferiorità”. Basta pensare a quel che è accaduto alle minoranze yazide e cristiane sotto l’Isis”. L’antisemitismo, dunque, è ancora presente nella società secondo lo storico: “È una realtà profondamente radicata nella storia religiosa, politica e culturale che va combattuto con l’educazione, la memoria del passato e la costruzione di una società democratica fondata sul rispetto”, spiega a Libero.



L’attacco di Hamas è avvenuto in un momento difficile e delicato per Israele, che negli ultimi anni è stato indebolito da alcune vicende interne: “Negli ultimi due anni la società israeliana è stata attraversata da una grave crisi politica che ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone. Con un atto di imperio si è tentato di mettere mano alla Legge fondamentale dello Stato con una maggioranza risicata. La grave crisi che ne è derivata, di cui il governo porta una grande responsabilità morale e politica, ha indebolito profondamente il Paese. Hamas, che da tempo si preparava a un attacco omicida su vasta scala, ha pensato che era il momento di colpire”. Hamas, secondo Meghnagi, avrebbe ucciso il più alto “numero di ebrei secondo modalità che ricordano i nazisti, ha un valore politico, religioso e simbolico. Dietro Hamas c’è l’Iran che controlla anche Hezbollah. A nord ci sono circa 150.000 missili puntati su ogni luogo del Paese”.