Due perizie segnano una svolta importante, forse decisiva, sul caso di David Rossi e la trasmissione “Le Iene“, che si è a lungo occupata della vicenda, ha pubblicato alcuni estratti di tali documenti. A nove anni dalla morte del manager di Monte dei Paschi di Siena, la perizia medico-legale e quella fisico-balistica fanno luce su quanto accaduto il 6 marzo 2013. Per quanto riguarda la prima, il professor Francesco Introna, ordinario di Medicina legale e direttore della Scuola di specializzazione dell’Università Policlinico di Bari, fa notare che la posizione di caduta ne denota una di partenza che è «assolutamente atipica per un suicidio, specie in ragione del dato ambientale». L’esperto cita «la modalità di precipitazione semi-assisa, la distanza fra il sito di impatto al suolo ed il muro dello stabile ovvero dalla proiezione al suolo della finestra, l’assenza di alcuna rotazione assunta dal corpo durante i vari momenti di sospensione nel vuoto». Tutti elementi che «sottendono che il soggetto non abbia generato alcuna spinta nella fase iniziale di lancio, ma che anzi si sia lasciato cadere in maniera statica, a “corpo morto”». Di conseguenza, bisognerebbe chiedersi e chiarire perché una persona che voglia suicidarsi abbia messo in moto una modalità «tanto inusuale, oggettivamente difficile e sicuramente molto più complessa della più semplice, più logica e più facile da realizzare proiezione in avanti nel vuoto attraverso la finestra».



ESTRATTI PERIZIA MEDICO LEGALE DEL PROF. FRANCESCO INTRONA

Il professor Francesco Introna solleva, dunque, molteplici domande già sulla caduta di David Rossi, rilevando che la volontà suicidaria è «debolmente sostenibile». Anzi, è possibile ipotizzare che «il soggetto abbia assunto quella posizione per un motivo diverso dal suicidio, o per sfuggire da qualcuno ovvero perché sia stato costretto ad assumere quella posizione da parte di soggetti terzi». Negli stralci delle due perizie pubblicati da “Le Iene” si evince, inoltre, che secondo Introna «appare strano» che il manager di Mps per suicidarsi non si sia lanciato tout court nel vuoto dalla finestra ma abbia «scelto o deciso di passare gattonando all’indietro, in posizione prona, fra la balaustra della finestra e la ringhiera protettiva, attraverso uno spazio alto 20 cm, per poi rimanere attaccato alla sbarra, sospeso nel vuoto, fronte muro, per chissà quanto tempo». Per quanto riguarda il trauma addominale riscontrato sul cadavere, nella perizia medico-legale viene «esclusa l’ipotesi patogenetica della precipitazione». Quella ritenuta «maggiormente attendibile» è che le lesioni «siano il risultato di un traumatismo diretto esplicatosi a livello addominale mediante l’uso di un mezzo contusivo la cui natura è, ancora una volta, non determinabile». Di certo invece c’è che il colpo subito, che potrebbe essere stato inferto «da parte di mezzi naturali quali un pugno, calcio, ginocchiata», ha avuto «una energia cinetica tale da provocare non già una semplice ecchimosi con infiltrazione emorragica dei tessuti molli addominali ma addirittura da determinare tre lacerazioni della capsula e del parenchima epatico».



Di conseguenza, per il professor Francesco Introna l’ipotesi che ci sia stata una semplice compressione sulla regione addominale da parte di David Rossi quando ha scavalcato la sbarra metallica sul davanzale della finestra «non appare attendibile per idoneità lesiva l’ipotesi secondo cui esse siano il semplice risultato di una compressione operata sulla regione addominale da parte dello stesso Rossi nel momento dello scavalcamento della sbarra metallica posta sul davanzale della finestra». Nella perizia medico-legale, i cui contenuti sono in parte rivelati da “Le Iene“, si fa riferimento anche alle ferite da taglio sul palmo della mano, «note come ferite da difesa attiva: ferite che si producono proprio sul palmo delle mani quando la vittima tenta di afferrare la lama di un coltello nel tentativo di disarmare o fermare l’azione lesiva di un aggressore che brandisce uno strumento tagliente». Per l’esperto sono, pertanto, «lesioni da taglio, di diversa entità indotte in tempi diversi e con meccanismi diversi, le prime auto inferte, la seconda inferta da terzi». Ma vi sono anche le lesioni sul polso di David Rossi. Queste «potrebbero essere state determinate ab estrinseco da parte di un soggetto attivo che abbia serrato fortemente il polso del Sig. Rossi sospeso nel vuoto, sì da determinare lesioni da compressione della fibbia sulla cute e quindi da scivolamento man mano che la presa veniva meno ed il Sig. Rossi lentamente scivolava nel vuoto». Non sono lesioni che possono essere state inferte nel tentativo di tagliarsi le vene, in quanto la sede è atipica. «Appare invece possibile che tali lesioni possano rientrare nel complesso lesivo indotto dall’orologio indossato» dal manager.



Dalla perizia medico-legale emerge la presenza di ferite non compatibili con il suicidio e l’assenza di lesioni che invece lo sarebbero. Si fa, ad esempio, riferimento alla mancanza di lesioni da strusciamento sugli avambracci. «Tanto risulta, però, incoerente ipotizzando che il Sig. Rossi si sia autonomamente sospeso prima di precipitare». Per il professor Francesco Introna c’è solo un caso nel quale David Rossi potrebbe non aver riportato tali lesioni, quello in cui non era autonomamente sospeso, ma invece «sostenuto per gli arti superiori da parte di altri soggetti, permettendo così alle braccia di ritrovarsi a distanza dal muro». Per quanto riguarda, invece, le ecchimosi del fianco destro, che corrispondono alle lacerazioni del lobo destro del fegato, non sono correlate all’intento suicidio, ma compatibili con lesioni contusivi prodotte da terzi.

ESTRATTI PERIZIA FISICO BALISTICA DEL PROF. FRANCO GELARDI

Passiamo agli estratti pubblicati da “Le Iene” in relazione alla perizia fisico-balistica eseguita dal professor Franco Gelardi, ordinario di fisica sperimentale all’Università di Palermo. In primis, fa rilevare che nelle relazioni di Zavattaro e Scarselli la dinamica della caduta viene interpretata diversamente. Nel primo caso la si imputa ad un gesto suicida, nell’altro si propende per l’intervento di terzi. La prima «appare poco probabile», in quanto si ritiene strano che «un intento suicidario si realizzi salendo in piedi sul davanzale della finestra, ruotando il proprio corpo di 180 gradi, aggrappandosi quindi alla barra metallica e lasciandosi cadere, mollando prima la presa con la mano destra e successivamente quella con la mano sinistra». Sarebbe stato più semplice e più efficace un lancio nel vuoto secondo l’esperto. Non per una questione di buon senso, ma in base alle statistiche dei casi analoghi. Anche lui esprime perplessità riguardo la mancanza di ematomi o escoriazioni sugli avambracci. «Si potrebbe sostenere che la posizione iniziale del Rossi non comportasse il contatto tra la parte superiore delle braccia e il davanzale, ma questo avrebbe richiesto un puntellamento del corpo con le ginocchia e con le scarpe sul muro dell’edificio». Dunque, per non strisciare con il braccio o le braccia sul davanzale, David Rossi doveva spingersi all’indietro, come un nuotatore alla partenza in una gara di nuoto a dorso. «Ma questa ipotetica spinta è incompatibile con la posizione assunta dal corpo durante la caduta, priva di qualsiasi accenno a rotazione e piuttosto vicina al muro in linea orizzontale; inoltre, il puntellamento con i piedi avrebbe dovuto lasciare evidenti segni sul muro, riconducibili al contatto delle suole gommate delle scarpe indossate dal Rossi, segni non evidenziati nei rilievi fatti durante la perizia».

E se David Rossi sia rimasto sospeso nel vuoto aggrappandosi direttamente al davanzale, prima con entrambe le braccia e poi solo con quello sinistro? «Questa ipotesi appare del tutto improbabile, sia perché la presa sarebbe stata difficoltosa, se non impossibile, su una superficie liscia e bagnata dalla pioggia, sia perché sposterebbe la posizione iniziale del bacino del Rossi al di sotto dei 13.56 metri che costituiscono il limite inferiore delle posizioni possibili, secondo i calcoli della stessa perizia», spiega il professor Francesco Gelardi. Questi evidenzia che nella perizia Zavattaro-Cattaneo emergono elementi ignorati nella ricostruzione degli eventi fatti nella stessa relazione. David Rossi non poteva neppure restare sospeso aggrappato alla barra metallica con la sola presa della mano sinistra, mentre provava ad afferrare con la destra la grondaia. «Questa ipotesi è da scartare, senza alcun ragionevole dubbio, non solo per quanto già detto sopra sulla mancanza di ematomi o escoriazioni nella parte superiore del braccio sinistro, ma anche perché da una tale posizione di partenza, le gambe non avrebbero potuto rimanere in asse con il busto e la posizione del corpo del Rossi, tanto in fase di volo quanto nell’impatto al suolo, sarebbe stato molto più scomposto, non allineata perfettamente in verticale, come è evidente dalla registrazione video». Di conseguenza, per il professor Gelardi si indebolisce, e non di poco, l’ipotesi del suicidio, «e, di converso, rafforzano l’ipotesi alternativa della precipitazione causata da terzi, in cui il corpo del Rossi, probabilmente in stato di semi incoscienza, avrebbe potuto essere tenuto in sospensione ad una altezza compatibile con quella determinata dai periti, senza che vi fosse il contatto diretto e intenso della parte superiore delle braccia con il davanzale della finestra».