La Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di David Rossi ha approvato la relazione finale. Il documento, al centro della seduta di oggi, è stato approvato però senza i voti del Partito democratico, che non ha preso parte alla deliberazione. Quindi niente unanimità. I parlamentari di Pd e LeU avevano chiesto, infatti, di far arrivare osservazioni ed emendamenti, ma la richiesta non è stata accolta, quindi hanno deciso di non partecipare al voto. I deputati dem Andrea Rossi, Marco Lacarra e Susanna Cenni che fanno parte della Commissione d’inchiesta, parlano di “ragioni formali“. In particolare, spiegando che “è un lavoro dei consulenti, e non dei commissari“. Per questo hanno chiesto all’ufficio di presidenza la possibilità di integrarlo e completarlo con i contributi dei commissari. “L’approvazione di una relazione condivisa sarebbe stato un ulteriore contributo positivo. Si tratta di un’occasione perduta“.
Di parere diverso Pierantonio Zanettin (FI), perché “la relazione era già a disposizione da due giorni e i tempi per indicare, eventualmente, modifiche c’erano tanto che ne hanno usufruito il M5s e io stesso“. Di sicuro, la relazione rappresenta un documento da cui bisogna ripartire per provare a chiarire davvero cosa successe il 6 marzo 2013 a Siena, quando David Rossi, capo della comunicazione di Mps, precipitò dalla finestra del suo ufficio. La relazione della Commissione non fornisce certezze, ma neppure potrebbe farlo, però stabilisce tre cose rilevanti: in primis che il manager si poteva salvare, poi che le lesioni sul cadavere “non sono pienamente compatibili con il suicidio“, in terzo luogo che bisogna proseguire le indagini.
DAVID ROSSI, ALCUNE LESIONI NON RICONDUCIBILI A CADUTA
Il documento, come da prassi, è stato trasmesso alle procure, che hanno il compito, come precisato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta, di “proseguire la doverosa ricerca della verità“. La questione delle lesioni incompatibili con la caduta dalla finestra occupano una parte rilevante del documento, che riporta le conclusioni della maxi perizia. “La causa di natura medico-legale della morte di David Rossi deve essere individuata nei politraumatismi e nelle lesioni scheletrico-fratturative e viscerali, diretta conseguenza della precipitazione e dell’impatto al suolo del corpo“. D’altra parte, i periti medici legali della Commissione hanno riscontrato che “non tutte le lesioni riscontrate sul corpo di David Rossi sono riconducibili alla precipitazione e all’impatto al suolo“. Questo, ad esempio, vale per l’ecchimosi sotto la superficie volare del braccio destro e quella sulla faccia volare dell’avambraccio di destra. Quindi, la Commissione non condivide il giudizio espresso nella prima indagine del 2013 dal professor Gabbrielli, secondo cui le lesioni sarebbero pienamente compatibili col suicidio. Ma la relazione si sofferma anche sulle lesioni presenti sul viso di David Rossi. Per la Commissione è impossibile escludere che altre persone abbiano preparato la caduta. Inoltre, dubita che il manager volesse lanciarsi nel vuoto dopo essersi procurato ferite ed ecchimosi al volto e che “nonostante il dolore sofferto, ne resti totalmente insensibile, proseguendo incurante nel suo proposito di realizzare un’azione auto-soppressiva“. Peraltro, alcune ferite sono risalenti a prima della caduta, ma dopo l’incontro tra David Rossi e una collega, avvenuto alle ore 17:40 circa.
DAVID ROSSI, COMMISSIONE: “INDAGARE ANCHE SU FESTINI”
Il dato oggettivo è che “una tempestiva azione di soccorso avrebbe potuto evitare la morte del precipitato“. Questo in altre parole vuol dire che David Rossi “qualora fosse stato tempestivamente soccorso durante i primi momenti di una agonia durata ben 20 minuti – sarebbe potuto rimanere in vita“. La Commissione parlamentare d’inchiesta ritiene che si potevano ottenere risultati più esaustivi se il governo fosse rimasto in carica, consentendo alla Commissione di proseguire la sua attività. Nonostante ciò, l’autorità giudiziaria ha elementi sufficienti da esaminare e vagliare. Infatti, l’ufficio di presidenza della Commissione trasmetterà la relazione alle procure di Siena e di Genova. Ci sono, infatti, delle questione aperte a cui la relazione dedica un capitolo. Dalla questione dei festini, perché “sono scaturiti i maggiori sospetti e i maggiori punti d’ombra sull’operato dei magistrati che si sono occupati della prima indagine sulla morte di David Rossi“. Il lavoro svolto dall’autorità giudiziaria genovese ha fornito “un quadro rassicurante, ma non esaustivo“. Infatti, la Commissione rileva “contraddizioni“, come quella delle ricerche della parola ‘suicidio’ in rete, ricerche che però non avevano alcun legame con condotte autosoppressive, come chiarito dagli approfondimenti. “Non può neppure farsi a meno di stigmatizzare il cosiddetto bias di conferma che ha indotto i pubblici ministeri a non battere altre piste e a percorrere solo ed esclusivamente la tesi del suicidio“. Si tratta di un atteggiamento che per la Commissione ha causato “l’omissione di attività di indagine che pure avrebbero permesso di far luce sin dal principio su ogni aspetto della vicenda ed evitare così il radicarsi di dubbi, perplessità e sospetti che sono stati coltivati nelle inchieste giornalistiche“. Considerazioni simili anche per “le molteplici incongruenze delle investigazioni compiute nella dimensione digitale“.