Davide Cerullo, da camorrista a scrittore, racconta la sua vita a Vieni da me. Protagonista di una storia pazzesca, come spiega Caterina Balivo, Davide, nono di 14 figli, a Scampia, è cresciuto in fretta. “E’ il quartiere con il più alto tasso di analfabetismo. L’istruzione è il simbolo della libertà e quindi, mancandomi quella, in un quartiere come Scampia, non è stato difficile cadere nella trappola della criminalità organizzata”, spiega. Con l’allontanamento del padre, Davide e i suoi fratelli restano a Scampia con la madre. “I reati li ho fatti non perchè sono nato a Scampia, ma perchè non avevo gli strumenti per tenermi lontano dalla criminalità. A 10 anni trasportavo armi e droghe e mi pagavano e quindi imparavo come fare denaro. A parte questo, io mi sentivo gratificato per quello che facevo per la camorra. Mi sentivo parte di una famiglia e quindi mi dicevo che dovevo diventare un camorrista perchè in questo modo avrei avuto il rispetto e la paura della gente. Quando i miei fratelli se ne accorsero, mi portarono da mio padre a Cassino. Un giorno, mentre stavo mangiando, diedere la notizia dell’arresto di mia mamma che, dopo aver fatto i lavori più umili, era caduta in quella trappola ed era stata arrestata per spaccio. Scoppiai a piangere e tornai a Scampia”, racconta. Dopo l’arresto della madre, Davide continuò a lavorare per la camorra. “A 14 anni mi affidarono una delle piazze di spaccio di Scampia guadagnando 30 milioni a mese“, ricorda Davide che bruciava quel denaro acquistando vestiti firmati.



DAVIDE CERULLO: L’ADDIO ALLA CAMORRA

Spavaldo e senza paura, Davide Cerullo sentiva che il suo futuro sarebbe stata la camorra. “A 16 anni mi arrestarono per la prima volta. La polizia però non mi mise le manette e io chiesi il perchè e il poliziotto mi disse che non me le mettevano perchè non ero nessuno”. In carcere, Davide restò tre giorni e quando tornò a Scampia fu accolto con i fuochi d’artificio. A 17 anni cercò di conquistare una piazza di spaccio più importante e subì un agguato. “Mi spararono addosso 32 proiettili e sognavo di uccidere quelle persone”, confessa. A 18 anni Davide fu arrestatonuovamente e finì in una cella a Poggio Reale con tanti detenuti avendo solo un’ora d’area. Un giorno, tornando in cella, sul letto trovò una copia del Vangelo e sfogliandolo si riappropriò del suo nome Davide, lui che fino a quel momento, dai camorristi veniva chiamato con un soprannome. A Scampia, Davide incontrò Suor Monica che lo mise in crisi : “Il camorrista è un illuso che si scava la fossa da sola mi disse mettendomi in crisi”, spiega. “Come ti sei salvato?”, chiede la Balivo. “Mi sono salvato perchè ho cominciato a leggere Pasolini, Ghandi, Mandela. Oggi vivo di scrittura perchè anche se non sono uno scrittore ho scritto qualche libro e di fotografia anche se non sono un fotografo“, confessa.



 

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