La volontà del regista Davide Livermore è di rimanere fedele all’intento di Giacomo Puccini per la sua Tosca per La Prima della Scala. C’è da di sottolineare al tempo stesso la visione drammatica dell’opera e trasformarla in un prodotto cinematografico ricco di colpi di scena. Merito della decisione di rappresentarla seguendo la partitura della prima assoluta avvenuta a Roma alla fine del 1800, seguendo i documenti critici di Roger Parker. “Una grande occasione, con 8 inserti, per fare teatro”, dice Livermore ad Adnkronos, “La proposta che mi è stata fatta dal punto di vista musicale e filologica è stata interessantissima. Questi 8 inserti sono stati una grande occasione per me, per trovare soluzioni che possano sostenere il mio lavoro, cioè entrare nella partitura e portarla al pubblico”. Secondo il regista, Puccini è riuscito a precorrere i tempi e anticipare l’avvento del cinema, come dimostra la decisione dei musicisti cinematografici di prendere in prestito nella maggioranza dei casi la produzione pucciniana. A differenza della partitura originale, Livermore ha scelto di partire dall’esterno di Sant’Andrea della Valle, mostrando Angelotti in fuga e poco prima di trovare rifugio in chiesa, dove verrà aiutato a nascondersi dal Barone Mario Cavaradossi.



Davide Livermore, innovazioni per la rivisitazione della Tosca

Una delle innovazioni di Davide Livermore per la sua rivisitazione della Tosca di Puccini riguarda i personaggi principali. “Il primo atto ci aiuterà a seguire a 360° tutta la chiesa, scoprendo angoli dell’architettura descritti dalla partitura fino a un palazzo Farnese in cui entreremo”, dichiara ad Adnkronos. La Tosca aprirà la stagione scaligera grazie alla Prima alla Scala di oggi, sabato 7 dicembre 2019. “Ci saranno movimenti di telecamera”, anticipa ancora il regista, “abbiamo usato la scenografia al contrario, fino al finale che ci porta a una grande sfida che è mantenere l’attenzione fino all’ultimo e raccontare la disperazione di questa donna”. Livermore tra l’altro non è nuovo al ruolo di apripista della stagione scaligera, dato che l’anno scorso è andato in scena con Attila di Verdi riuscendo a conquistare il pubblico milanese. “Complicato stare dietro alla perfezione narrativa di Puccini, cercando di sostituirla”, dice invece a Leggo di questo suo nuovo lavoro, “è lui che detta le regole. Lui il primo grande regista di Tosca, dalla partitura implacabile e descrittiva nei movimenti dell’azione e dell’anima”. Difficile quindi il compito di sostituire in qualche modo il compositore alla guida, nonostante abbia scelto di rimanere fedele all’ambientazione originale del 1800. Oltre ai tre protagonisti ‘in carne’, anche Roma avrà il suo ruolo di primo piano. “Con Palazzo Farnese, Castel Sant’Angelo rappresentato in modo onirico che significa morte, giustizia negata, ali rotte di San Michele Arcangelo. E con la Basilica di Sant’Andrea della Valle, la vera grande sfida, dove il Te Deum sarà simbolo di chiusura, da dove (a sorpresa) non partirà l’opera come invece siamo abituati”, aggiunge.

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