La famiglia lo considerava morto da mesi. Poi, un giorno, è riapparso – con capelli tinti di biondo – su un gommone con il motore in avaria al largo dell’isola di Montecristo. Ma lui, l’imprenditore Davide Pecorelli, non era resuscitato. Più semplicemente, aveva finto il suo omicidio e se n’era andato a Medjugorje, lontano dai debiti che lo opprimevano. Lo ha raccontato agli inquirenti: «Ho deciso di scomparire perché travolto dai problemi economici. Sono praticamente rovinato». 



Ma riavvolgiamo il nastro. Il corpo di Davide Pecorelli sembrava avvolto dalle fiamme dentro un’auto nelle campagne di Puke, in Albania. In realtà l’uomo, dopo avere inscenato il suo omicidio con frammenti ossei rubati in un cimitero, sarebbe andato «in una comunità di preti vicino a Medjugorie, grazie all’aiuto di un sacerdote cattolico conosciuto in Albania». Poi, però, è riapparso da naufrago su un gommone noleggiato sotto falsa identità al Giglio, al largo dell’Isola di Montecristo, in provincia di Livorno, dove è vietato l’attracco. Cercava un tesoro di monete, da appassionato di numismatica quale è.



DAVIDE PECORELLI, L’IMPRENDITORE CHE HA FINTO LA MORTE: “NON AVEVO NULLA DA NASCONDERE”

Davide Pecorelli meditava di tornare a casa a ottobre, ma l’incidente sul Tirreno ha fatto crollare il suo piano. All’uscita dalla procura di Perugia – dove è stato sentito dal procuratore capo Raffaele Cantone, dal sostituto Giuseppe Petrazzini e dal capo della squadra mobile Gianluca Boiano – Pecorelli, 45 anni, imprenditore nel settore dei prodotti per capelli ed ex arbitro della sezione di Arezzo, ha raccontato la sua vicenda ai giornalisti. «I miei familiari non sapevano dove fossi e il motivo della scomparsa non era certamente incassare il premio dell’assicurazione. Sono un imprenditore da 30 anni, l’ho sempre avuta. Il procuratore Cantone e il dottor Petrazzini – ha aggiunto – hanno preso atto dei reati che ho commesso anche in Albania».



«Non avevo nulla da nascondere», ha aggiunto Davide Pecorelli ai cronisti. Gli investigatori già nei mesi scorsi avevano capito che l’imprenditore era vivo grazie ad alcune intercettazioni telefoniche. Poi domenica scorsa la carta di credito, cointestata con la compagna albanese, viene utilizzata: due prelievi da 250 euro a Roma. «Ci sono particolari tragici in questa vicenda», ha detto. «Ora voglio andare dai miei figli, l’unica cosa certa è che non rifarò l’imprenditore in Italia».