La tragica fine di Davide Piampiano, 24enne morto in una battuta di caccia lo scorso 11 gennaio per via di un colpo di fucile esploso dal suo amico, Piero Fabbri, ora in carcere con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, è approdata sulle colonne del quotidiano “La Nazione”, attraverso le quali hanno fatto sentire la loro voce i genitori della vittima, papà Antonello e mamma Catia, comprensibilmente provati e distrutti dal dolore derivato dalla perdita del loro figlio.
“Avevamo deciso di restare in silenzio lasciando che la giustizia facesse il suo corso, nella consapevolezza che al di là di ogni parola e di qualsiasi decisione dei magistrati Davide non tornerà più e niente, nemmeno la più esemplare delle sentenze, potrà cambiare questo e affievolire il nostro dolore”, hanno esordito i coniugi Piampiano, ma la difesa di Fabbri, con le sue dichiarazioni, li ha indotti a dire la loro: “Piero Fabbri avrebbe potuto almeno tendere la mano, a Davide, rassicurarlo, assisterlo. Ma non ha chiamato i soccorsi, anche per guidarli, essendo un conoscitore della zona. Ha preferito fare o non fare ciò che ha fatto, pensando esclusivamente a se stesso, avendo il coraggio di fare morire Davide nella menzogna”.
DAVIDE PIAMPIANO, I GENITORI: “NON CERCHIAMO VENDETTA, MA SOLO GIUSTIZIA”
Il giorno della morte di Davide Piampiano, hanno proseguito i suoi genitori, “non era certamente ancora buio, né sul posto vi è folta vegetazione, come abbiamo potuto constatare recandoci sul posto. Davide era un ragazzo alto un metro e 84 centimetri e indossava un giaccone ad alta visibilità”.
Oltre alla dinamica del dramma, da chiarire in sede processuale, il papà e la mamma del giovane hanno rilevato come Fabbri, dopo l’accaduto, “ha iniziato a raccontare al telefono che Davide si era sparato da solo, ha scaricato il suo fucile e ha cominciato a manomettere la scena del delitto, con Davide ancora cosciente accanto a lui. Le immagini della Go-Pro lo hanno inchiodato inequivocabilmente. Non cerchiamo vendetta, ma solo giustizia”.