Francoise Antonini ricorda Davide Rebellin

Era il 30 novembre quando il famoso (e sfortunato) ciclista italiano Davide Rebellin venne investito da un tir che lo avrebbe ucciso da lì a poco. Recentemente, sua moglie Francoise Antonini ha voluto ricordarlo in un’intervista rilasciata per il settimanale Oggi. “Davide non si arrabbiava mai, non alzava la voce, si teneva tutto dentro, non diceva niente anche per proteggermi”, racconta ricordando il marito.



“Solo una volta l’ho visto con le lacrime agli occhi”, ricorda parlando di Davide Rebellin, “ma poi ha avuto la reazione di sempre, è partito e se ne è andato a pedalare”. Perché così reagiva alle sfide della vita, facendo quello che preferiva: pedalare e liberare la mente. “Si allenava tutti i giorni, a parte Natale, che era dedicato a noi”, racconta, “ma per il resto dell’anno pedalava tutta la giornata. Sei, sette ore e anche di più, e poi la palestra”. Ripeteva sempre che con l’età che avanza, “bisogna allenarsi di più”, racconta Francoise, “la bici era la sua vita”. “Pedalava anche di notte“, scherza, ma ricordando anche di quando “lo sentivo che si agitava e ansimava nel sonno, poi al risveglio mi raccontava che aveva sognato di vincere di nuovo le corse in Belgio”.



Davide Rebellin: “L’hanno fatto a pezzi prima di ucciderlo”

Ma parlando di Davide Rebellin, la moglie Francoise Antonini non può fare ovviamente a meno di pensare al giorno peggiore, quel maledetto 30 novembre in cui il tir l’ha colpito uccidendolo. “Era andato nel Veneto a incontrare i suoi avvocati, perché aveva perso il ricorso nella causa con l’Agenzia delle Entrate”, racconta, ricordando anche che “da quando l’ho conosciuto, ci sono sempre stati problemi, cause, avvocati. Tutto era ingiusto, e sottolineo ingiusto. Tutto questo accanimento è stato troppo”.



Tornando al giorno in cui Davide Rebellin è morto, continua a raccontare che, il ricordo, “me l’aveva nascosto. Nel 2015 aveva vinto il primo grado e pensavamo fosse finita, ma non era così”. Era fiducioso Davide, era certo che anche quella causa sarebbe stata superata e vinta, “vedrai ci vorrà del tempo, ma vinceremo, abbiamo le prove”, diceva a Francoise Antonini. “Aveva portato i testimoni [e] non riusciva a capire perché avesse perso. La mattina in cui è stato investito, era andato in banca perché non aveva più soldi sul conto e aveva bisogno di un prestito. Mio marito è stato trattato ingiustamente fino alla fine, e anche la sua morte è stata orribile e ingiusta. Me l’hanno fatto a pezzi dentro, prima di ucciderlo“.