DACIDE RONDONI, SACRITALIA E IL CUORE DEL POPOLO
È online su RaiPlay da qualche settimana il viaggio del poeta Davide Rondoni per l’Italia del sacro, frutto di un documentario andato in onda prima di Natale su Rai 2 col titolo di “Sacritalia”. Al quotidiano “La Verità” è lo stesso istrionico autore originario di Forlì – poeta, scrittore, drammaturgo – a voler raccontare da dove è nato quel percorso e cosa ha “scoperto” nel viaggiare per tutto il Paese (in circa un anno) a cercare le “tracce” di sacro sparse in culture, fedi e realtà anche diversissime tra loro. Il tutto visto con “gli occhi” dell’arte poetica: «La poesia non è commerciale», racconta Rondoni, «non si misura, oggi puoi comprarti la Divina Commedia a 3 euro, un quinto del libro di Michela Murgia. E allora? Vale di meno? Non direi».
In un’epoca dominata dai figli dei “numeri” e del “narcisismo”, sottolinea ancora il poeta romagnolo, il progetto di Sacritalia nasceva dall’esigenza di partire alla ricerca delle varie manifestazioni del sacro, ovvero di qualcosa che non si può misura, non si può contare. «Per me il sacro è quel che non si consuma, ciò che merita tremore e timore nella vita di ciascuno. Ed è generativo». Per questo ancora oggi il sacro «interessa il cuore del popolo» in quanto è bello ma anche tremendo, come narrava Rilke: «nei suoi scritti si legge di un eccessivo strepito di cui tremano le cose. Non è sempre piacevole ma la bellezza vera genera anche inquietudine e ricerca».
NO PATRIARCATO, SÌ LIBERTÀ: LE VERE RADICI DELL’EUROPA (GRAZIE AL CRISTIANESIMO)
La scommessa di Davide Rondoni è quella di mostrare qualcosa che non è possibile “spiegare” con le sole parole, serve rimanere invece attenti «educare lo sguardo, si guarda al sacro ben più di quanto i media siano capaci di raccontare». In un’epoca secolarizzata e sempre più lontana dalla religione, specie tra le giovani generazioni, il concetto di “sacro” è invece ben più radicato di quanto si pensi. Racconta ancora il poeta a “La Verità”: «se muore un ragazzo, i suoi amici per ricordarlo lasciano berretti e fiori e sciarpe sul palo dove è stato l’incidente. Quello è l’altare, se hai occhi per capirlo, lo vedi, una riscossa dal nulla, dai nostri male, si può tentare solo puntando su questo, che già esiste».
Per Rondoni fare poesia è raccontare la realtà in maniera non banale, non scontata: per esempio, parlando del “patriarcato” e dei femminicidi, il drammaturgo non ha timore nell’andare controcorrente. «I poeti già nel 1000 distinguevano tra amore e possesso […] la violenza non può essere interpretata stupidamente con un’idea banale. A me preoccupano forse di più i numeri delle madri che ammazzano i propri figli, è matriarcato quello?», chiede provocatoriamente Davide Rondoni. Questo non significa che il tema della violenza sulle donne non esiste, che il patriarcato non esiste, ma è tutto un problema di “narrazione”: «il patriarcato è imposto alla discussione dai media. Von der Leyen e Meloni sono due esempi di donne al comando». Ma quando si lancia addosso alla cultura europea l’accusa di aver favorito il patriarcato immondo, la vera risposta – secondo Rondoni – arriva da chi quell’Europa l’ha fondata per davvero, secoli fa, tramite la principale religione europea, ovvero il cristianesimo: quella fede «si fonda sul sì libero di una ragazza (Maria, ndr) a Dio, persino Dio ha dovuto chiedere il permesso a una donna. Le nostre non sono radici di patriarcato ma di libertà, ma occorre innaffiarle».