Un organo quasi da chiesa e la voce che si srotola con un canto pieno di malinconia, di nostalgia, ma anche di dolcezza. “Una preghiera che nasce dalle incertezze e difficoltà del tempo in cui viviamo, dedicata a chi non perde la speranza e trova la forza di chiedere aiuto e protezione” dice l’autore, Davide Van De Sfroos. Un canto che cresce mentre si aggiungono gli strumenti, poi la voce di Zucchero, imperiosa, nera, che si aggiunge nella preghiera. Uno canta in dialetto del lago, uno in emiliano, ma la preghiera è unica. Il violino dà un’aria folk, la batteria pesta, poi la dolcezza del ritornello, un canto gospel, un canto popolare di ogni epoca, di ogni terra.



“Forsi l’è tera o forsi l’è giazz quell che ho lassàà soeul bordo del piatt…” Sarà terra o sarà ghiaccio quello che ho sul bordo del mio piatto? Sono gli avanzi del viaggio, il nostro viaggio comune, resta l’ombra di una maschera storta, la maschera ci fa ridere e ci fa paura qualche volta. Un demone o un angelo, rimane il rumore della porta che si chiude quando si torna dal proprio viaggio. E allora in quei momenti, “abbassa la radio, ascolta il vento che porta i sospiri della luna”.



Ed è in quei momenti che l’uomo vero, l’uomo onesto con se stesso, alza la preghiera: “Oh Lord, oh Signore dimmi cosa devo fare adesso”. Perché siamo tutti soli, ma non ti chiediamo di scendere quaggiù a vivere la nostra vita al nostro posto. Abbiamo un cuore come una gomma americana che più lo schiacci e più si allunga, abbiamo la stessa faccia malmostosa di quando avevamo 13 anni, sempre incazzati con il mondo che ci sembrava voler far del male. Signore non devi venire a vivere la mia vita ma almeno dacci una indicazione su dove andare adesso. Il silenzio di Dio, che sempre ci tormenta, che si faccia carne questo Dio. Davide Van De Sfroos è tornato, a camminare insieme a noi.



E’ l’anteprima del nuovo disco del cantautore del lago di Como dopo sette anni di lunga assenza, che uscirà il 17 settembre il brano Oh Lord, vaarda gio (in realtà era già uscito un precedente pezzo, la briosa e festosa Gli spaesati, un’altra chiara manifestazione di intenti, perché “spaesati” oggi lo siamo un po’ tutti). Si intitola Maader Folk, e la foto suggestiva in copertina è significativa, la madre del folk. Una donna in cima a una montagna, dai lunghi capelli, il capo incorniciato da una sorta di aureola, una sorta di Madonna che porge la mano a un Van De Sfroos impaurito che sembra allo stesso tempo sfuggirla e andarle incontro. Lui, che è nato con la musica folk, sin da quando esordì con i Van De Sfroos, gruppo di punk folk stile gli anglo irlandesi Pogues, torna alle sue radici. Ma è un uomo cambiato, maturo, che ha fatto un lungo percorso. Lo attendiamo con impazienza, perché abbiamo bisogno di lui, della sua voce, della sua compagnia.