COME È ANDATA LA PRIMA UDIENZA DEL PROCESSO A PIERCAMILLO DAVIGO

È cominciato lo “show” al Tribunale di Brescia, un processo che vedrà nei prossimi mesi imputato l’ex giudice di “Mani Pulite” Piercamillo Davigo, accusato come noto di “rivelazione di segreto d’ufficio” per il caso dei verbali di Piero Amara sulla presunta “Loggia Ungheria”.

Nella prima udienza andata in scena ieri non solo sono state permesse le telecamere per tutte le prossime udienze, ma Davigo ha subito rilanciato alcune dichiarazioni spontanee che già fanno intendere la “grancassa” mediatica che potrà scaturire da questo procedimento. L’ex membro Csm ha scelto di non avvalersi del rito abbreviato in quanto è favorevole ad una udienza pubblica, non ha nemmeno sollevato alcuna questione di compatibilità ambientale: «Ho chiesto la pubblicità dell’udienza perché ritengo che l’opinione pubblica voglia sapere cosa è successo». Nega ogni suo coinvolgimento nella rivelazione criminosa di alcun verbale di Amara, anzi ribatte «Credo di aver fatto il mio dovere nelle uniche forme in cui andava fatto».

LO SCONTRO TRA DAVIGO E IL GIUDICE SPANÒ: “LEI NON È PIÙ UNA TOGA…

«Voglio essere assolto per quello che emerge dall’udienza e per questo non ho chiesto l’abbreviato», ha spiegato ancora Piercamillo Davigo nelle brevi dichiarazioni spontanee rese in aula presso il Tribunale di Brescia.

Secondo l’accusa, Davigo «consegnava informalmente e senza alcuna ragione ufficiale, ma al solo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Sebastiano Ardita, copia degli atti in questione al consigliere del Csm Giuseppe Marra, dopo averlo informato del loro contenuto, incaricandolo di custodirli e di consegnarli al comitato di Presidenza, qualora glieli avesse richiesti». Assieme alle altre accuse mosse contro di lui, Davigo prende parola a con una breve “requisitoria” annuncia: «non ritengo si debba scappare dal giudice quando si è innocenti. Io credo di avere delle ragioni che possono essere dimostrare da qualunque giudice». Qui però è andato in scena un breve scontro con il giudice Spanò che presiede il processo sulla “Loggia Ungheria”: il magistrato fa notare a Davigo, il quale chiedeva di essere subito ascoltato, che sono concesse in prima udienza solo alcune brevi dichiarazioni spontanee: «È difficile svestire la toga quando si è dall’altra parte, la inviterei a calarsi nella parte dell’imputato». A quel punto Davigo tira dritto e dichiara ugualmente, «la vicenda è molto più semplice di quella che sembra: ho fatto il mio dovere nelle uniche forme in cui andava fatto. Storari mi informa di una situazione che io ritengo legittima». Uscendo poi dall’Aula del Tribunale di Brescia, Davigo alle tv presenti rincara la dose sulla sua posizione: «Mi viene contestata la rivelazione di segreto di ufficio al vicepresidente del Csm ma non mi viene contestato di aver detto le stesse cose al primo presidente della Corte di Cassazione: perché è lecito se lo dico a Curzio e illecito se lo dico a Ermini? Questo il pubblico ministero deve spiegarmelo – conclude l’ex pm di Mani pulite – Vorrei sapere perché comportamenti identici a volte vengono considerati reati e altri no».