“Una coincidenza tra il comico e il patetico”. Così Frank Cimini, giornalista già al Manifesto, Mattino, Apcom, Tmnews e attualmente autore del blog giustiziami.it, uno di coloro che per primi seguirono Tangentopoli, definisce il rinvio a giudizio di Piercamillo Davigo, membro del pool Mani Pulite.
Un rinvio arrivato con un timing dai contorni del karma causa-effetto: tante persone ha mandato in galera, adesso tocca a lui finire sotto processo. “Era inevitabile che succedesse”, dice ancora Cimini, “quello che emerge sono i contorni di un magistrato che ha agito per puro interesse personale, per vendicarsi di un collega. Una vicenda tristissima”.
Il caso in questione è quello relativo alla cosiddetta Loggia Ungheria, in cui Davigo è accusato di aver divulgato informazioni relative a verbali secretati. Una brutta fine per i protagonisti di Mani Pulite, ritratto di una giustizia finita nella polvere che i referendum hanno solo sottolineato: “Dichiarare inammissibile quello sulla responsabilità civile dei giudici dimostra solo che i membri della Corte costituzionale, essendo loro stessi dei giudici, hanno pensato bene di proteggere i loro colleghi”.
Davigo rinviato a giudizio nel giorno del trentennale di Mani Pulite: solo una coincidenza?
Un trentennale che cade già in un momento difficile, forse il momento più difficile della storia della magistratura italiana.
Si tratta del caso Loggia Ungheria, un caso che appare e scompare, un po’ misterioso, non credi?
Infatti, nonostante ci siano diverse procure che stanno indagando su questa loggia, non si è saputo più niente con la complicità dei giornali che non ne parlano.
Giornali impegnati a coprire la magistratura?
Al di là del fatto se questa Loggia sia o non sia una cosa vera, sono gli accertamenti che languono. In un paese normale, se viene fuori che decine di magistrati fanno parte di una loggia insieme a imprenditori e personaggi di varia natura per aggiustare i processi o per ragioni di potere, si condurrebbero indagini per accertare se sia vero o no.
Invece in Italia non si fa niente?
Ironia della sorte è che sulla Loggia Ungheria il primo rinvio a giudizio sia arrivato all’ex Dottor Sottile di Mani Pulite.
L’accusa gli riconosce di aver agito in buona fede, ma con dolo generico per aver divulgato informazioni relative a verbali. Cosa ci dice questo di Davigo?
Anche Paolo Storari (pm di Milano, che consegnò a Davigo i verbali di Amara in cui si parlava della Loggia Ungheria, anche lui sotto processo, ndr) poteva avere le sue ragioni, perché voleva fare iscrizioni al registro degli indagati. Sta invece emergendo in questi giorni, perché il processo si tiene a porte chiuse, che Davigo e il titolare dell’accusa Francesco Greco se le stanno suonando di santa ragione.
Perché?
E’ una resa dei conti. Davigo, stando a quanto dice Greco, non agì per amore della verità, ma perché interessato a mettere nei guai Sebastiano Ardita, suo ex collega, amico e alleato nella lotta delle correnti dei giudici.
Davigo è uno dei simboli di Mani Pulite. Cosa ti suggerisce questo?
Che è un personaggio che si muove per suoi interessi personali. Da parte sua non c’era desiderio di giustizia e trasparenza, ma si preoccupava degli intrighi fra le correnti. Lui aveva litigato con Ardita in merito alla questione su chi votare per la Procura di Roma, e viene fuori che Ardita viene indicato da Amara, non si sa se a ragione o a torto, probabilmente a torto, come facente parte della Loggia Ungheria. Davigo si tuffa su questa cosa per cercare di trarne vantaggio. Al di là di come finirà il processo, lui ha già fatto una brutta figura.
(Paolo Vites)
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