In Italia, il mistero degli incentivi per le auto elettriche prenotati in brevissimo tempo, nonostante fino a poco fa non venissero considerati. In Europa, il tema dei dazi da imporre alle case cinesi aiutate con sussidi statali, che permettono loro di fare concorrenza sleale. Il settore dell’automobile resta in fibrillazione, soprattutto perché l’UE ha deciso di imporre alla Cina dei balzelli non da poco per vendere le sue auto nel Vecchio continente: 38% per chi non ha collaborato all’inchiesta sui sussidi concessi dallo Stato alle aziende cinesi, il 21% per chi ha cooperato, anche se poi le quote vengono stabilite caso per caso partendo da questi criteri. Il fatto è, spiega Pierluigi Bonora, giornalista de Il Giornale, esperto del settore automobilistico, che si è intervenuti tardi e che, se proprio lo si deve fare, sarebbe meglio introdurre un dazio unico, pesante, sul tipo di quello USA, che è al 100%. Sull’entità dei dazi si tratterà fino al 4 luglio. Resta il pericolo di una ritorsione cinese, magari negando l’accesso alle materie prime per le batterie, che detengono per la quasi totalità, alle aziende europee.
Come mai gli incentivi appena introdotti dal governo sono andati a ruba, mentre in precedenza non erano stati molto considerati dagli acquirenti delle auto?
In passato sono andati a ruba quelli per le auto endotermiche, fino a 135 grammi al chilometro di CO2. Adesso succede che in 8 ore e 36 minuti, il 3 giugno, sono andati esauriti gli oltre 200 milioni destinati alle macchine elettriche. Sorge una domanda: l’Italia ha una quota di mercato bassissima per queste vetture, tanto che sono rimasti inevasi incentivi per milioni di euro nell’ultima tornata, perché improvvisamente questa impennata? È qualcosa di strano. Lo ha detto anche Carlos Tavares, AD di Stellantis. Il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha precisato che non ci sono anomalie, che il 38% delle richieste ha riguardato le società e il resto i privati. Una vicenda sulla quale bisognerà fare chiarezza. Gli stessi concessionari riuniti in Federauto, con il presidente Massimo Artusi, hanno posto qualche punto di domanda.
L’Europa, intanto, ha definito i dazi da imporre alle auto cinesi: il 38% per chi non ha contribuito all’indagine disposta dall’UE sugli incentivi, meno per chi lo ha fatto. Non sono più alti di quello che ci si aspettava?
Se si vogliono mettere, lo si faccia in modo serio come gli USA (che hanno imposto il 100%, nda). Sono schedulati in base alla collaborazione che le case automobilistiche cinesi hanno dato all’inchiesta avviata dall’UE sugli aiuti che hanno ricevuto e che hanno favorito l’arrivo in Europa dei loro prodotti. Ci sono case che si vedono aggiungere al 10% attuale un altro 17% oppure addirittura il 38%. Io avrei introdotto un dazio unico e pesante per dare un segnale forte e coraggioso alla Cina. Qui, come al solito, si dà un colpo al cerchio e uno alla botte. I dazi, intanto, sono stati annunciati per il 4 luglio, ma devono essere ridiscussi: sicuramente da parte cinese si metteranno in campo lobby varie per cercare di portare acqua al loro mulino.
I cinesi, tuttavia, non stanno a guardare: hanno già annunciato ritorsioni. Cosa vogliono fare?
Potrebbero introdurre dazi più pesanti ancora per le auto che entreranno in Cina dal nostro continente, ma potrebbero anche dire: “Vi blocchiamo le forniture delle materie prime per le batterie”. Sono detenute quasi completamente da loro. Oppure potrebbero farci pagare di più le forniture.
L’Europa poi non è univoca nel sostenere questi dazi. Non tutti gli stati e non tutte le aziende sono d’accordo. È spaccata anche su questo?
Si è presentata divisa. Quello degli Stati Uniti d’Europa rimane un sogno, un’utopia. I dazi, tra l’altro, vanno a pesare anche sulle case europee che costruiscono in Cina.
La Germania è la prima a non volere i dazi: stavolta non è riuscita a far sentire il suo peso?
Dalle elezioni europee è uscito un indebolimento notevole della componente verde. Questa è una prima conseguenza del risultato delle votazioni. Comunque, i cinesi sono stati molto furbi: al di là della fabbrica Byd creata in Ungheria, al di là del fatto che Chery vuole realizzare in Spagna uno stabilimento per assemblare le auto, ci sono i piazzali dei porti europei strapieni di auto elettriche già fatte sbarcare dalla Cina per anticipare i dazi. Non solo, visto che i dazi riguardano solo le macchine elettriche e che in Europa c’è un rallentamento vistoso dell’acquisto di queste vetture, sono arrivati in Europa, un po’ alla chetichella, anche con macchine endotermiche, quindi ibride, benzina, diesel, a prezzi concorrenziali. Una mossa astuta.
Ma questi dazi alla fine sono necessari o no?
Si chiude la stalla quando i buoi sono scappati. Se si voleva intervenire in modo serio, lo si doveva fare già due anni fa. Ormai i cinesi sono arrivati e stanno cercando tutti i modi possibili per aggirarli. Vengono anche a produrre in Europa. Se si vuole intervenire, bisogna farlo in modo serio. Per vedere come andrà a finire, comunque, bisognerà aspettare fino al 4 luglio.
Non era meglio attendere anche che si insediasse la nuova Commissione UE?
Il PPE ha ancora la maggioranza, ma le cose stanno cambiando, basta vedere come sono andate le elezioni in Francia e in Germania. Si tratta comunque di una situazione non ancora stabilizzata.
(Paolo Rossetti)
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